La Repubblica d’Albania è oggi un piccolo Stato balcanico di circa 3 milioni di abitanti. In lingua albanese il suo nome significa “terra delle aquile” (Shqipëria) e la sua popolazione è composta da una maggioranza di musulmani, stimati intorno al 57%. Nell’ambito delle confessioni cristiane di discendenza apostolica, il territorio del Paese risulta diviso a metà tra un Nord prevalentemente cattolico (circa il 10% del totale) e un Sud a maggioranza ortodossa che si aggira intorno al 6,8% (1). La geografia confessionale odierna non può  occultare però le radici storiche della cultura albanese, che hanno avuto nel Cattolicesimo romano un elemento propulsore di rilievo imprescindibile.

Nell’antichità il territorio dell’attuale Albania era parte della provincia romana dell’lllyricum e come tale costituì uno dei primi focolai di evangelizzazione. Nell’Epistola ai Romani San Paolo afferma: «Così da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria, ho portato a termine la predicazione del Vangelo di Cristo» (Rm, 15, 19). Secondo una tradizione tenuta in gran rispetto anche se poco suffragata dalla fonti storiche, il primo vescovo di Durazzo, San Cesare, sarebbe stato fra i discepoli diretti di Gesù Cristo. Pur appartenendo alla sfera dell’Impero Romano d’Oriente (e dunque teoricamente nell’orbita di Costantinopoli dopo la caduta di Roma nel 476 d.C.) il territorio dell’Albania quasi interamente cristianizzato rimase sotto la giurisdizione ecclesiastica della Sede Apostolica sino all’VIII secolo, quando le migrazioni slave nei Balcani e l’affermazione dell’impero bizantino modificarono l’assetto confessionale della regione. L’attuale suddivisione in un Nord cattolico e un Sud ortodosso si cristallizzò nel periodo del Regno d’Albania fondato da Carlo d’Angiò (1272-1368), che separò la sfera meridionale di pertinenza bizantina dai cattolici settentrionali. Dopo il breve periodo del Principato d’Albania retto dall’autoctono Karl Topia (1368-1385), l’Albania cadde in mano ai Turchi Ottomani nel 1385.

La figura che meglio di ogni altra esprime il legame storico tra Albania e Chiesa cattolica è certamente il condottiero Giorgio Castriota (in albanese Gjergj Kastrioti, 1405-1468), l’eroe nazionale albanese divenuto in realtà un vero e proprio mito per tutta la cristianità balcanica. Figlio del Principe di Croia (in Albania settentrionale), Giorgio Castriota prestò inizialmente servizio presso il Sultano, dimostrando un talento fuori dal comune sia per le sue capacità di funzionario poliglotta (parlava albanese, bulgaro, serbo-croato, turco, latino), sia per le sue doti di combattente e di stratega. Per questo fu soprannominato dai Turchi Iskander Bey, cioè “Principe Alessandro” in riferimento ad Alessandro il Macedone, appellativo divenuto poi Skënderbeu in albanese e Scanderbeg nelle altre lingue europee. In seguito alla morte del padre e sospinto dai connazionali, Giorgio Castriota si convertì al Cattolicesimo e dedicò tutta la vita alla difesa della Fede e della Patria. «Ho lasciata la falsa fede di Maometto e sono ritornato alla vera fede di Gesù Cristo», scrisse al Sultano Murad II il 14 luglio 1444 (2). Per le sue alte virtù militari, scandite dalle innumerevoli battaglie vinte, la Sede Apostolica lo insignì del titolo di Athleta Christi, ispirato a San Sebastiano martire e concesso ai più valorosi guerrieri cristiani, come gli Ungheresi Luigi I e János Hunyadi e il voivoda moldavo Stefano III il Grande.

Il Cattolicesimo continuò a giocare un ruolo molto importante nella formazione della cultura albanese e della sua lingua anche durante i secoli di dominio islamico, proseguito dopo la morte di Scanderbeg. Basti pensare che il primo libro pubblicato in lingua albanese fu il Meshtari (Messale), stampato nel 1555 dal sacerdote Gjon Buzuku; nel Seicento, le più importanti pubblicazioni albanesi furono opera di ecclesiastici, quali ad esempio il presbitero Pjetër Budi o il vescovo di Sapë e Sardë Pjetër Bogdani. Nella preservazione della fede cristiana sotto l’impero ottomano, un ruolo non irrilevante fu inoltre giocato dal Kanun, il diritto consuetudinario albanese, che con i suoi tratti di matrice romana ebbe un influsso determinante nella vita dei cattolici del Nord, consentendo loro di mantenere in uso molti costumi tradizionali e respingere così l’adozione della sharia (3).

All’infuori degli specialisti, forse in pochi sanno che della “terra delle aquile” era originario anche un porporato asceso al Soglio di Pietro tre secoli dopo l’epopea di Scanderbeg. Il Cardinale Giovanni Francesco Albani (1649-1721), che nel 1700 fu eletto Papa con il nome di Clemente XI e regnò come Pontefice fino alla morte, discendeva dall’aristocrazia albanese trapiantata in Italia: precisamente da Keli Lacit, capitano delle truppe di Giorgio Castriota, i cui figli cambiarono il proprio cognome in Albani stabilendosi tra Urbino e Roma come uno delle più auguste famiglie romane. Clemente XI rivendicò sempre con orgoglio questo suo lignaggio albanese, prodigandosi molto per il sostegno alla Fede sulle sponde balcaniche dell’Adriatico. I legami religiosi tra Albania e Italia sono d’altronde spesso insospettabili: la famosissima immagine della Madonna del Buon Consiglio di Genazzano, ad esempio, secondo diverse tradizioni proviene da una chiesa di Scutari, in Albania, dal cui affresco fu staccata durante l’assedio turco e traslata a Roma (4).

L’Albania divenne uno Stato indipendente nel 1912, in concomitanza con la disgregazione dell’impero ottomano dopo cinque secoli di dominazione islamica. Anche in questo frangente storico, i più importanti patrioti erano spesso di fede cattolica. Gjergj Fishta (1871-1904), una delle massime figure della letteratura albanese, apparteneva ad esempio ai Frati Francescani di Scutari. Da ultimo, è quasi superfluo rammentare che l’Albania ha dato i natali anche alla beata Madre Teresa di Calcutta, in quel Novecento in cui la Chiesa locale «ha sofferto a lungo in conseguenza delle ideologie del passato», come ha affermato il Papa all’Angelus riferendosi alla barbarie comunista. La sua visita a Tirana, annunciata per il 21 settembre prossimo, costituirà quindi un’occasione anche per riflettere su una realtà etno-culturale avente i suoi tratti locali propri ma profondamente permeata di cristianesimo.

Dario Citati è Direttore del Programma di ricerca «Eurasia» dell’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG)  [www.istituto-geopolitica.eu] e redattore della rivista Geopolitica [www.geopolitica-rivista.org].

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NOTE

(1) M. Rukaj, Albania e censimento 2011: di che religione sei? http://www.balcanicaucaso.org/aree/Albania/Albania-e-censimento-2011-di-che-religione-sei-129213

(2)http://www.librari.beniculturali.it/opencms/export/sites/dgbid/it/documenti/approfondimento_tematico_minoranze.pdf

(3) A. Ndreca, Quando ci siamo persi l’Albania, che da cristiana è diventata musulmana,http://www.tempi.it/quando-ci-siamo-persi-lalbania-che-da-cristiana-e-diventata-musulmana#.U52CUZR_ucK

(4) Fede, Albania, http://www.santuarimariani.org/sm-europa/al-albania/eu-al-albania2.htm