La Nuova Evangelizzazione secondo Fatima

Mediare il soprannaturale con la storia

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Nella seconda apparizione di Fatima (13 giugno 1917) la Vergine Maria interpella il cuore dei Pastorelli e chiede loro di ritornare, il mese successivo, in quel medesimo luogo e in quella medesima data. Rinnova l’invito alla preghiera, in particolare alla recita del santo Rosario quotidiano e li esorta a “imparare a leggere”. Dinanzi alla esplicita domanda di Lucia, Ella conferma che porterà i tre piccoli in Cielo: Francesco e Giacinta ben presto termineranno il loro cammino sulla terra; Lucia stessa, invece, dovrà restare quaggiù ancora “per qualche tempo”. Quella bambina -nel 1917 aveva solo dieci anni- è lo strumento prescelto da Dio per far conoscere in tutto il mondo la bellezza di Maria Santissima e per diffondere la devozione al suo Immacolato Cuore.

La vita è sempre una missione irrinunciabile, un appello che proviene dall’alto: non esiste e non può esistere una pretesa neutralità, di fronte alle sfide del proprio tempo e alle scelte che l’esistenza costantemente impone. Lucia riceve il mandato di mediare il soprannaturale con la storia, di richiamare l’umanità alle sue responsabilità: la luce di Fatima sarà una Grazia per tutta la Chiesa, fonte di conversione e di riconciliazione, segno di contraddizione che si oppone alle logiche del mondo, all’egoismo, al cinismo, all’indifferenza. Il messaggio della Cova da Iria trova nel Cuore della Vergine il suo fulcro e il suo baricentro spirituale, perché il Vangelo è anzitutto la rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo e la Madre di Dio rappresenta la risposta più bella e più vera di una creatura al patto di alleanza rinnovato da Cristo sulla Croce.

Diffondere quella devozione significa parlare al nostro tempo il linguaggio evangelico della carità; ribadire la forza dirompente del perdono; annunciare che dopo 2000 anni non si è spento -né potrà mai affievolirsi- il fuoco della Pentecoste, che continua ad ardere nei cuori e a suscitare un rinnovato anelito alla santità.      

Lucia è stata, lungo il corso della sua lunga esistenza, protagonista di quella Nuova Evangelizzazione, spesso auspicata da Giovanni Paolo II e dai suoi successori, che esige una profonda conversione personale e che reclama, da ogni credente, un supplemento di carità. Lucia è stata una vera apostola, perché si è lasciata lei stessa per prima trasformare dalla Grazia, conformandosi sempre più a Cristo, nella sua vocazione religiosa. Si è fatta interprete e messaggera di verità, perché ha percorso l’aspro sentiero della obbedienza, della mortificazione, della preghiera. Il mondo non ha bisogno di chiacchieroni della Parola, di esperti e consumati manipolatori del testo sacro, capaci forse di geniali equilibrismi, ma spesso disincarnati dai reali problemi della gente. Il mondo implora piuttosto solerti e credibili operai, che dal silenzio della contemplazione e da una carità concreta e quotidiana -fatta di piccole cose, tanto preziose agli occhi di Dio- attingano ininterrottamente la luce e la carità stessa di Cristo, da effondere e diffondere in ogni ambiente.

Il “testimone” -lasciato da Benedetto XVI a Papa Francesco e da questi ripreso con la cordialità, la vivacità e la originalità che ben sappiamo- è stato spesso riassunto nel richiamo alla urgenza educativa, caratteristica propria del nostro percorso umano, perché ogni persona è un capitale unico, da scoprire, da valorizzare, da “rieducare” sempre. Come ogni campo, così il nostro cuore va lavorato, dissodato, irrigato per produrre i frutti migliori della Grazia. Immense potenzialità di bene rischiano di annullarsi oggi nella generale diffusa indifferenza. Accettiamo passivamente, ormai, che i nostri bambini vengano offesi nella loro innocenza; che i giovani siano ingannati nel loro sincero desiderio di autenticità. Assistiamo impotenti al degrado della scuola, diventata -di giorno in giorno- sempre più un grande supermarket di follie, di oscenità, di spazzatura culturale. Non reagiamo più -o quasi- alle provocazioni di una società impazzita, che confonde le coscienze, che uccide i piccoli e gli anziani o “gioca” con il mistero intangibile della nostra esistenza; che calpesta la dignità della famiglia, equiparandola a qualunque tipo di unione e che si mostra volgarmente intollerante verso chi esprime il suo pensiero “non allineato”.

Essere apostoli, oggi, come Lucia di Fatima, vuol dire, dunque, andare controcorrente. A Fatima la Vergine ha promesso il Cielo ai piccoli veggenti e, con loro, a quanti si sarebbero prodigati per incarnare e per far conoscere Gesù al mondo. Questa è anche la nostra missione, che attraverso le vie del dialogo, del confronto, della vera attenzione al prossimo sappia ricondurre l’uomo alla verità. Le ferite inferte dal mondo non si risanano con sterili polemiche “da salotto” o da sacrestia, ma con il sacrificio personale, con la preghiera assidua e con la ferma decisione di voler “sciupare” il tempo e le proprie energie per gli altri e con gli altri, calandoci nelle numerose e ampie “periferie” del nostro tempo. Lì ci attende il vasto campo della Nuova Evangelizzazione. Lì non dobbiamo “barare”, riducendo la forza e la ricchezza del Vangelo: Cristo va proposto nella sua bellezza, nella sua totalità e integralità. Come ha fatto la Madonna a Fatima, come hanno fatto i Pastorelli, suoi buoni e fedeli discepoli.

Padre Mario Piatti icms è direttore del mensile “Maria di Fatima”         

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Mario Piatti

Padre Mario Piatti, I.C.M.S., è direttore del mensile Maria di Fatima

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