Sono trascorsi ventotto anni da quel 14 giugno 1986, quando, in Aula Paolo VI, San Giovanni Paolo II indicò alla Confederazione delle Misericordie la strada da percorrere: “Siate i promotori e fautori della civiltà dell’amore, siate testimoni infaticabili della cultura della carità”.
Dopo quasi trent’anni sembra che l’associazione abbia compiuto fino in fondo il mandato di Wojtyla impegnando oltre 750 “Misericordie”, tra arciconfraternite, confraternite e fraternità (con circa 670.000 associati e aderenti), in opere di carità tra i malati, gli anziani, i disabili, i minori, gli immigrati e i poveri, in tutta Italia e anche all’estero.
Oggi erano circa 400 le Misericordie presenti in piazza San Pietro per ricordare, insieme a Papa Francesco, quella storica udienza con il Santo polacco. Con loro anche circa 20.000 confratelli e 320 Gruppi Fratres con oltre 9.700 donatori, che hanno contribuito tutti a creare un’atmosfera entusiasmante di festa e gioia.
Arrivato un po’ in ritardo rispetto all’orario previsto, Bergoglio ha compiuto il suo consueto tour in jeep per salutare la distesa di cappellini gialli distribuita nelle varie aree della piazza. Prendendo la parola, ha subito espresso l’apprezzamento per l’importante opera che questa “antica espressione del laicato cattolico” svolge in favore del prossimo sofferente.
D’altronde con un nome così, quale altro servizio avrebbe potuto compiere l’associazione? Il Santo Padre ha richiamato infatti la radice etimologica di questa parola latina il cui significato è miseris cor dare, ha spiegato, “dare il cuore ai miseri, a quelli che hanno bisogno, quelli che soffrono”.
Il nome stesso dona dunque “senso e forma” all’opera della Confederazione. Il senso e la forma, cioè, della missione di Cristo “che ha spalancato il suo Cuore alla miseria dell’uomo”. Non si contano infatti gli episodi evangelici che presentano la misericordia di Gesù, “la gratuità del suo amore per i sofferenti e i deboli”.
Sull’esempio del Maestro, “anche noi – ha ribadito Francesco – siamo chiamati a farci vicini”, a far sì “che le nostre parole, i nostri gesti, i nostri atteggiamenti esprimano la solidarietà, la volontà di non rimanere estranei al dolore degli altri”. Senza cadere, tuttavia, “in alcuna forma di paternalismo”.
Perché sono tante, troppe, le informazioni e le statistiche sulle povertà e sulle tribolazioni umane. E “c’è il rischio di essere spettatori informatissimi e disincarnati di queste realtà”, ha ammonito il Papa, “oppure di fare bei discorsi che si concludono con soluzioni verbali e un disimpegno rispetto ai problemi reali”.
“Troppe parole, troppe parole, troppe parole, ma non si fa niente! Questo è un rischio”, ha detto. “Non è il vostro, voi lavorate bene”, ma è facile finire a fare solo quattro chiacchiere su certe tragedie, buttando qui e lì un “che barbarie!” nel discorso, senza però agire. “Ma cosa fai tu per questa barbarie? – ha domandato il Papa – “‘Niente, parlo’. E questo non risolve niente! Di parole ne abbiamo sentite tante! Quello che serve – ha insistito Bergoglio – è l’operare, l’operato vostro, la testimonianza cristiana, andare dai sofferenti, avvicinarsi”.
Il modello è sempre Gesù che “non ha pianificato né i poveri, né i malati, né gli invalidi che incrocia lungo il cammino”; ma “con il primo che incontra si ferma, diventando presenza che soccorre, segno della vicinanza di Dio che è bontà, provvidenza e amore”.
Papa Francesco ha ricordato quindi le sette opere della misericordia corporale cui si ispira l’attività della Confederazione, perché – ha detto – “vi farà bene sentirle un’altra volta”: “Dare da mangiare agli affamati; dare da bere agli assetati; vestire gli ignudi; alloggiare i pellegrini; visitare gli infermi; visitare i carcerati; seppellire i morti”.
“Vi incoraggio a portare avanti con gioia la vostra azione e a modellarla su quella di Cristo, lasciando che tutti i sofferenti possano incontrarvi e contare su di voi nel momento del bisogno”, è stato quindi il suo incoraggiamento. Insieme alla forte raccomandazione che Misericordie e gruppi Fratres “continuino ad essere luoghi di accoglienza e di gratuità, nel segno dell’autentico amore misericordioso per ogni persona”.