Nella sua consueta rubrica di liturgia, padre Edward McNamara risponde oggi ad un quesito posto da un lettore negli Stati Uniti.
Partecipando ad una riunione decanale, i sacerdoti della diocesi che hanno scelto di celebrare la “Messa in latino” nelle loro parrocchie hanno sollevato la seguente questione: dopo un corso di preparazione, quanto tempo ci vuole per capire cosa si sta pregando? La seguente risposta è stata data: non è necessario capire; è solo necessario pronunciare correttamente. Ma è possibile celebrare validamente la Messe quando il celebrante non capisce cosa sta dicendo? — W.O., Worcester, Massachusetts (USA)
Direi che si possono distinguere vari aspetti in questa domanda: la questione della comprensione di un testo in modo da garantire un atto di culto autentico e poi la questione dei requisiti minimi per la validità.
Anche se questo argomento non è trattato approfonditamentenei documenti magisteriali, ci sono due testi che ci aiutano a formulare una risposta.
Il primo è l’istruzione Redemptionis Sacramentum, pubblicata nel 2004 dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Anche se riguarda la forma ordinaria e le concelebrazioni internazionali, offre comunque un principio generale per quanto riguarda la conoscenza di una lingua:
“113. Quando la Messa è concelebrata da più Sacerdoti, nel pronunciare la Preghiera eucaristica si usi la lingua conosciuta sia da tutti i Sacerdoti concelebranti sia dal popolo riunito. Qualora avvenga che vi siano tra i Sacerdoti alcuni che non conoscono la lingua della celebrazione, cosicché non possono debitamente pronunciare le parti della Preghiera eucaristica che sono loro proprie, essi non concelebrino, ma preferibilmente assistano secondo le norme alla celebrazione indossando l’abito corale.”
Il secondo testo è un’istruzione emessa dalla Commissione Ecclesia Dei, la quale sovrintende la forma straordinaria, sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI. Per quanto riguarda i requisiti per il sacerdote afferma:
“20. In merito alla questione di quali siano i requisiti necessari, affinché un sacerdote sia ritenuto “idoneo” a celebrare nella forma extraordinaria, si enuncia quanto segue:
a) Ogni sacerdote che non sia impedito a norma del Diritto Canonico è da ritenersi idoneo alla celebrazione della Santa Messa nella forma extraordinaria [7].
b) Per quanto riguarda l’uso della lingua latina, è necessaria una sua conoscenza basilare, che permetta di pronunciare le parole in modo corretto e di capirne il significato.
c) Per quanto riguarda la conoscenza dello svolgimento del Rito, si presumono idonei i sacerdoti che si presentano spontaneamente a celebrare nella forma extraordinaria, e l’hanno usato precedentemente.
Da questi due documenti possiamo dedurre che la capacità di almeno pronunciare e capire il significato del testo viene ritenuta necessaria.
Questo significa che il sacerdote deve avere una conoscenza generale di quello che sta dicendo, ma non una conoscenza approfondita di tutte le sfumature grammaticali.
Per la forma ordinaria, il concelebrante dovrebbe almeno sapere come si pronunciano correttamente le parti recitate da tutti. Anche se comprende poco la lingua della celebrazione, conosce gli stessi testi nella sua propria lingua e normalmente riesce a seguire. Come dice l’istruzione, se gli manca anche questo requisito indispensabile, dovrebbe astenersi dal concelebrare.
Poiché non c’è la concelebrazione nella forma straordinaria, il livello di conoscenza del latino è un po’ più elevata. Ad esempio, un sacerdote dovrebbe essere in grado di cogliere il significato generale delle preghiere, letture e prefazi. Deve anche essere in grado di usare la forma grammaticale corretta per gli elementi variabili della Messa, come ad esempio i nomi del Papa, vescovo locale e il santo del giorno.
Se riesce a pronunciare correttamente ma non ha una conoscenza sufficiente per quanto riguarda gli altri elementi, allora potrebbe anche celebrare preparandosi in anticipo con l’ausilio di una buona traduzione. Nel caso contrario, è meglio aspettare fino a quando non raggiunga il livello minimo di conoscenza del latino.
Pertanto, alla luce di questi documenti e tenendo presente le discussioni tra i teologi, possiamo dire che il requisito minimo per una Messa valida è la pronuncia corretta delle parole della consacrazione insieme a una comprensione generale del loro significato. Questa corretta comprensione si può presumere che sia presente in un sacerdote.
Persino qui, la pronuncia corretta non è un requisito assoluto, a condizione che gli errori o la mancanza di chiarezza nel pronunciare le parole non cambiano il significato. Ad esempio, un sacerdote che in seguito ad una malattia ha sviluppato un difetto di pronuncia può ancora celebrare validamente se sa quello che sta cercando di dire, ma non riesce più a pronunciare con chiarezza. Negli ultimi anni della sua vita, la pronuncia di San Giovanni Paolo II è stata spesso incomprensibile per molti, ma nessuno ha mai messo in dubbio la validità delle sue Messe.
Al di là del requisito minimo per la validità, la dignità e la qualità della celebrazione come atto di culto richiede una conoscenza adeguata della lingua della celebrazione. Dal punto di vista esterno e pastorale, il sacerdote deve essere in grado di proclamare il testo, non solo pronunciarlo correttamente, cioè dev’essere in grado di dare l’enfasi appropriata, di usare pause e intensità che trasmettono il significato del testo come una preghiera.
Questa corretta proclamazione e comprensione aiuta ilsacerdote stesso e i fedeli ad interiorizzare la preghiera, facendo sì che penetri nell’intimo e trasformi la loro vita.
[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]
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I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.