La Consulta ribadisce: "Il matrimonio è tra uomo e donna"

La Corte costituzionale, intervenendo nel caso del marito bolognese che ha “cambiato sesso”, ha stabilito che nelle unioni di questo tipo “non può esistere vincolo matrimoniale”

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La vicenda sta circolando da giorni sui media, destando scalpore. Alessandra Bernaroli, quarantunenne bolognese, fino al 2009 si chiamava Alessandro. Poi ha deciso di sottoporsi a un’operazione per “cambiare sesso”, ma dopo aver mutato il proprio nome all’anagrafe si era anche vista sciogliere il matrimonio d’ufficio, per iniziativa del comune di Bologna.

La coppia, nonostante la scelta inedita dell’uomo, ha rifiutato l’idea di non esser più riconosciuta come sposata. Così è ricorsa in tribunale, dove i giudici le hanno dato ragione, poi in appello, dove ha avuto torto, e infine in Cassazione, che ha rimesso il caso alla Corte Costituzionale.

Quest’ultima ieri ha chiuso il caso. Nel caso di cambiamento di sesso da parte di uno dei coniugi – hanno stabilito le toghe – la loro relazione può trasformarsi, se consenzienti, in un “rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata”. Allo stesso tempo però, hanno sancito che in tal caso “non può esistere il vincolo matrimoniale”.

“Parole semplici eppure cariche di significati”, le ha definite Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari. “Vogliono dire, ad esempio, che il matrimonio e la famiglia sono riservati alle coppie eterosessuali, mentre le unioni tra persone dello stesso sesso sono e devono rimanere una cosa diversa. La Corte rimanda la decisione al Parlamento, che nella sua piena discrezionalità dovrà eventualmente stabilire una disciplina ‘che tuteli adeguatamente i diritti e gli obblighi della coppia’”.

Belletti fa notare che non si fa riferimento solo a “ipotetici “diritti” ma anche gli obblighi dei componenti”. Perché – prosegue – “ogni unione o è evanescente o si fonda sulla responsabilità e l’impegno reciproco e pubblico”.

La sentenza, secondo il presidente del Forum, cela tuttavia “qualche implicazione ambivalente”, che “chiederà nei prossimi giorni grande attenzione, anche per evitare qualsiasi strumentalizzazione: da un lato infatti la Corte ribadisce la sovranità del Parlamento sulla regolamentazione delle unioni civili ma dall’altro, superando le proprie recenti pronunce, aggiunge un elemento di novità, ‘pretendendo’  l’introduzione nell’ordinamento delle convivenze registrate. Insomma quella del legislatore diventerebbe una sovranità limitata”.

La limitazione della libertà del Parlamento viene però bilanciata, secondo Belletti, dal riconoscimento “che nulla hanno a che vedere con le unioni omosessuali l’art. 29 della Costituzione e gli articoli 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, tant’è che anche la Corte europea ha sempre ribadito la discrezionalità del legislatore nazionale su questi argomenti”.

Ciò fa sì che non ci sarà “nessuna autostrada per riconoscimenti automatici del matrimonio tra persone dello stesso sesso, quindi, ma la richiesta di regolare con discernimento le condizioni specifiche, i diritti – e soprattutto i doveri –  delle varie forme di convivenza”. Belletti conclude chiamando in causa il Parlamento affinché si trovino “soluzioni adeguate a temi così decisivi per l’umano. Senza ideologie”.

(F.C.)

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ZENIT Staff

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