Prima Lettura – Es 34,4-6. 8-9
“4 In quei giorni, Mosè si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. 5 Allorail Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. 6 Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà».
8 Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. 9 Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervìce, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità»”. Dovrebbe essere superfluo notare che, nonostante che la NM dei TG insista qui per tutte le otto volte a rendere il “Signore” con “Geova”, nell’originale ebraico abbiamo sempre e soltanto il Tetragramma YHWH che i moderni studi filologici (sconosciuti al tempo in cui nacque il geovismo) spiegano non potersi pronunciare in quel modo ma vada pronunciato “Yahvè”. E questo perché la vocalizzazione del tetragramma – aggiunta al testo sacro che era senza vocali, fatta in epoca postcristiana – non era quella giusta ma serviva solo a ricordare di non pronunciare il “sacro Nome” ma a sostituirlo con Adonay (Signore). Questo i Masoreti lo fecero seguendo la scelta già fatta dai rabbini che produssero la antichissima versione dall’ebraico al greco detta dei LXX, tre secoli prima di Cristo in Alessandria d’Egitto. Quella sinagoga dunque rese il tetragramma con Kyrios, cioè Signore. E noi cristiani perpetuiamo quella usanza per rispetto al popolo ebraico che tutt’oggi non pronuncia il sacro Nome. In più dobbiamo ricordare che la pronuncia Geova deriva da una confusione creata dal mescolamento delle consonanti YHWH del testo originale con le vocali di Adonay. In effetti per gli ebrei attuali, che la loro lingua la conoscono, la parola “Geova” è senza significato. Mentre Yahvé evoca appunto il Signore Dio, il Creatore, il Padre amorevole che assiste il suo popolo.
Seconda Lettura – 2Cor 13,11-13
“13 La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.” Nella NM questo versetto porta il numero 14. Ma non è questo che importa. Importa il fatto che qui la Bibbia allude abbastanza chiaramente ad una formulazione trinitaria indicata dalle parole Gesù-Dio (Padre)-lo Spirito Santo. E che si tratti di persone lo si ricava dalle preposizioni che precedono questi tre nomi. Esse realizzano per tutte e tre alla pari dei complementi di specificazione. E se per i due primi soggetti si riconosce pacificamente da tutti che si tratta di persone, l’uso dello stesso complemento anche per lo Spirito santo ne suggerisce parimenti la personalità. Pensiamo che tale logica consequenzialità sia stata presente anche alla mente dei traduttori geovisti perché, al fine di negare la personalità dello Spirito Santo, la NM non solo usa per lui le iniziali minuscole (cosa abituale!) ma cambia la preposizione “dello” con “nello” trasformando il complemento di specificazione in complemento di stato in luogo. Il che è funzionale alla loro tesi che lo “spirito santo” sia una energia, ma è fatto a danno del testo originale che a tutti e tre i personaggi premette sempre “tou” (del, di, dello) tradotto consapevolmente con “of the” nella stessa KIT geovista! Quindi trasformare il “dello” usato per lo Spirito Santo in “nello” è stato (e resta perché non è mai stato corretto) un abuso. (NOTA)
Vangelo Gv 3,16-18</strong>
“16 «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.” La NM rende “non vada perduto” con “non sia distrutto” perché non crede nella dannazione eterna ma nell’annientamento degli empi, nonostante che Gesù abbia fatto capire in molti modi che i reprobi continueranno ad esistere. Per quanto possa risultare sconcertante la dottrina sulla eterna perdizione fa parte della rivelazione divina. La nostra Chiesa pertanto ha insegnato che “i novissimi”, cioè le ultime realtà della morte, giudizio, inferno o paradiso, sono un grande aiuto per evitare il peccato e tendere alla santità. Insieme invita a confidare nella grande misericordia di Dio e nel fatto che il Signore fa di tutto per offrire a chiunque, magari in extremis, la possibilità di aprirsi al suo amore, così che nessuno può dire o pensare che una determinata persona (Giuda compreso!) sia morta in stato di dannazione. Anzi, la Chiesa ci invita a pregare per la resipiscenza finale di tutti, augurando a tutti di convertirsi per tempo e, nella peggiore delle ipotesi, ad un pentimento estremo così da evitare l’inferno scontando ogni addebito in purgatorio.
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NOTA
La forza di questa contestazione, che anche se detta in poche parole è grande, sta nel fatto che – e questo collegamento non va mai perso di vista! – è stato lo stesso Corpo Direttivo dei TG ad aver stabilito che: a) la regola per stabilire se una traduzione della Bibbia è giusta o no va stabilita in base alla sua conformità o meno alla Traduzione Interlineare del Regno, la KIT edita dalla stessa WT (cf TORRE 1/6/1970 p. 340); b) se nella traduzione si notano aggiunte od omissioni rispetto all’originale è la stessa Parola di Dio a decretare che il traduttore è un “mentitore” (cf Accertatevi di ogni cosa, attenetevi a ciò che è eccellente p. 63).