Corrotti, schiavisti e fabbricanti di armi: "Pensate che sarete felici nell'aldilà?"

Nell’Udienza generale, Francesco parla del “timore di Dio” che non è la paura che rende i cristiani timidi e remissivi, ma ciò che dona coraggio e discernimento per capire quando si è nel peccato

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Si conclude qua la serie di doni che Papa Francesco ha regalato ai numerosi fedeli durante le Udienze generali del mercoledì. Dopo aver parlato di consiglio, di sapienza, di fortezza, intelletto, scienza e pietà, il Santo Padre termina il ciclo di catechesi sui sette doni dello Spirito Santo incentrando la sua riflessione sul “timor di Dio”.

Il dono forse meno compreso tra i sette dello Spirito, spesso scambiato con l’umano terrore e la mera paura. Laddove invece “non c’è motivo di avere paura” di Dio “Onnipotente e Santo”, sottolinea il Papa, perché “sappiamo bene che Dio è Padre, che ci ama e vuole la nostra salvezza”. Il timore di Dio – spiega – è “il dono dello Spirito che ci ricorda quanto siamo piccoli di fronte a Dio e al suo amore e che il nostro bene sta nell’abbandonarci con umiltà, rispetto e fiducia nelle sue mani”.

Proprio come un bambino, impaurito e disorientato, che si sente “avvolto e sostenuto dal calore e dalla protezione” del suo papà. “Quando lo Spirito Santo prende dimora nel nostro cuore – soggiunge il Pontefice – ci infonde consolazione e pace, e ci porta a sentirci così come siamo, cioè piccoli, con quell’atteggiamento di chi ripone tutte le sue preoccupazioni e le sue attese in Dio”.

È solo così che si può comprendere come il timore di Dio assume “la forma della docilità, della riconoscenza e della lode” in noi. Tante volte, osserva infatti Francesco, è difficile “cogliere il disegno di Dio”, e soprattutto scontrarsi con l’incapacità “di assicurarci da noi stessi la felicità e la vita eterna”. Eppure è proprio “nell’esperienza dei nostri limiti e della nostra povertà” che lo Spirito “ci conforta e ci fa percepire come l’unica cosa importante sia lasciarci condurre da Gesù fra le braccia del Padre”.

Se “pervasi dal timore di Dio”, assicura infatti il Papa, “siamo portati a seguire il Signore con umiltà, docilità e obbedienza”. Che, attenzione, non significa tuttavia assumere un “atteggiamento rassegnato e passivo”, bensì seguirLo “con lo stupore e la gioia di un figlio che si riconosce servito e amato dal Padre”.

Il timore di Dio, allora, “non fa di noi dei cristiani timidi, remissivi” – ribadisce Papa Bergoglio –  ma anzi “genera in noi coraggio e forza!”: “È un dono che fa di noi dei cristiani convinti, entusiasti, che non restano sottomessi al Signore per paura, ma perché sono commossi e conquistati dal suo amore!”.

Questo ultimo prezioso dono, tuttavia, non è solo propulsore di audacia e ardore, ma anche un campanello di “allarme” verso la “pertinacia nel peccato”. “Quando una persona vive nel male – afferma il Santo Padre – quando bestemmia contro Dio, quando sfrutta gli altri, quando li tiranneggia, quando vive soltanto per i soldi, la vanità, il potere, l’orgoglio”, il “santo” timore di Dio “mette in allerta”.

E grida: “Attenzione! con tutto questo potere, con tutti questi soldi, con tutto il tuo orgoglio, con tutta la tua vanità, non sarai felice!’ Nessuno – ha ribadito Papa Francesco – può portare con sé dall’altra parte né i soldi né il potere né la vanità né l’orgoglio: niente! Soltanto possiamo portare l’amore che Dio Padre ci dà, le carezze di Dio accettate e ricevute da noi con amore. E possiamo portare quello che abbiamo fatto per gli altri”.

Quello del Papa non è un monito generale, ma si rivolge a categorie ben precise: ad esempio, quelle persone “che hanno responsabilità sugli altri e si lasciano corrompere”; o coloro “che vivono della tratta di persone e del lavoro schiavo” e “che fabbricano armi per fomentare le guerre…”. “Ma pensate, che mestiere è questo!”, domanda Francesco. “Sono sicuro  – aggiunge con ironia – che se io faccio adesso la domanda: quanti di voi sono fabbricanti di armi? Nessuno, nessuno: perché questi non vengono a sentire la Parola di Dio. Questi fabbricano la morte, sono mercaderi di morte, che fanno questa mercanzia di morte”.

“Pensate che queste persone saranno felici dall’altra parte?”, insiste il Papa, “nell’aldilà dovranno rendere conto a Dio”. L’auspicio del Santo Padre che il timore di Dio faccia comprendere a questa gente “che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio”, si trasforma quindi in preghiera, richiamando i versetti del Salmo 34: «Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo salva da tutte le sue angosce…».

Il Papa esorta quindi fedeli e pellegrini a chiedere oggi al Signore “la grazia di unire la nostra voce a quella dei poveri, per accogliere il dono del timore di Dio e poterci riconoscere, insieme a loro, rivestiti della misericordia e dell’amore di Dio, che è il nostro padre, il nostro papà”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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