Lo storico incontro del Papa di domenica nei giardini Vaticani con il palestinese Abu Mazen e l’israeliano Shimon Peres è stato accolto dalla stampa estera in modo positivo. Un aspetto ampiamente elogiato è stato il comportamento neutrale del Vaticano, ma soprattutto ha colpito la preghiera collettiva delle tre comunità religiose, in grado di simboleggiare una forte apertura verso la pace e la tolleranza religiosa in Medio Oriente.
L’approccio apolitico è stato apprezzato per aver concentrato l’attenzione verso una profonda riflessione spirituale. Il risultato però è stato accompagnato da un ottimismo assai cauto: molti commentatori hanno tenuto a freno l’entusiasmo etichettando l’evento come puramente ‘simbolico’ e dunque fine a se stesso, mentre Alan Johnston della Bbc ha rilevato che a causa della dura realtà che ogni giorno si deve affrontare nel Medio Oriente, è difficile abbandonare un certo scetticismo.
Thomas Reese del National Catholic Reporter ha sostenuto di non sottovalutare un evento come quello di domenica, perché “nel Medio Oriente gesti simbolici e passi in avanti sono importanti”. Reese ha aggiunto che non bisognerebbe affrettarsi ad emettere giudizi negativi senza avere il quadro completo: “Nessuno può sapere che cosa hanno discusso a porte chiuse in Vaticano”.
Anche John L. Allen Jr per il Boston Globe invita ad un’analisi positiva: “Francesco è riuscito a riportare il Vaticano nella mappa geopolitica, ha evitato le sabbie mobili delle relazioni interreligiose e ha fatto fare un passo avanti all’unità dei cristiani”. Il sacerdote e storico Alistair Sear, invece, ha spiegato che è troppo presto per tirare le somme: “Non sapremo per molto tempo se questo incontro è stato un incontro simbolico o l’inizio di una discussione produttiva”.
Non è detto, dunque, che un mancato effetto immediato debba smorzare l’ottimismo, perché nel lungo termine si può sperare in un risultato positivo. Infatti la preghiera collettiva ha creato un ‘precedente storico’, ovvero una dimostrazione precisa di come la convivenza pacifica fra religioni sia possibile e in futuro qualsiasi politico nel Medio Oriente dovrà confrontarsi con questa prova di coraggio.
John L. Allen Jr ha anche fatto notare sulla Cnn che “il buon risultato di questa notte (domenica, ndr) potrebbe essere misurato con il semplice fatto che è successo”. Un ragionamento, questo, estremamente significativo considerando che fino a poco tempo fa sembrava impensabile che le tre comunità religiose pregassero insieme all’ombra della cupola di san Pietro.
Più critico invece l’israeliano Anshel Pfeffer che su Ha’aretz ha descritto l’evento come “una vuota preghiera della pace”. Lo stesso giornalista ha anche ridimensionato il ruolo dei due ospiti in Vaticano: “Il Papa ha gentilmente dato a Peres e ad Abu Mazen un giorno di riposo, ma le loro preghiere sono state di scarsa utilità “. In generale i toni conciliatori di Peres usati domenica sono stati ritenuti poco importanti, dato che il suo mandato è in scadenza e questo gli pone meno vincoli.
Ma non tutta la stampa israeliana mantiene un atteggiamento pessimista: Eric Lyman del Jerusalem Post ha evidenziato il merito del Vaticano per aver fatto incontrare per la prima volta dopo un anno i leader di Israele e Palestina. Lyman ha riportato i complimenti al Vaticano da parte degli assistenti delle due delegazioni per avere mantenuto un approccio imparziale. Ha tuttavia scritto di non sopravvalutare il valore dell’evento: “Il Vaticano ha lavorato duro per diminuire le aspettative sul fatto che l’incontro potesse risultare una veloce svolta fra Israele e Palestina ed infatti nulla di tutto ciò è imminente”.
Abdallah Schleifer, esperto di politica mediorientale, ha scritto su Al-Aribiya ribadendo che i gesti simbolici possono avere un effetto notevole: “Solo ascoltare questi due leader che si scambiano i saluti di pace –shalom e salaam – potrebbe rivelarsi un importante passo avanti”. David Welley della Bbc, si è congratulato con il Papa per la sua diplomazia meno tradizionale e più dinamica. Un modus operandi che ha stupito il giornalista inglese per la facilità con cui papa Francesco ha organizzato l’evento di domenica: infatti sia Peres sia Abu Mazen hanno accettato l’invito in tempo record.
E se la visita in Terra Santa ha portato al dialogo i capi di stato di Israele e Palestina, allora si può sperare che anche la preghiera di domenica scorsa riesca a far compiere un altro passo verso la pace. Per farlo è necessario il coraggio, uno sforzo per accettare e rispettare le diversità fra religioni. Ha detto papa Francesco: “Per fare la pace ci vuole più coraggio che per fare la guerra”.