Pentecoste di pace

L’incontro di preghiera che si tiene oggi, giorno di Pentecoste, invoca la pace

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Al termine della celebrazione di domenica 25 maggio a Betlemme, Papa Francesco, durante il suo primo viaggio in Terra Santa, nel ricordo del primo incontro ecumenico di Papa Paolo VI con il Patriarca Athenagora nel 1964, in un fuori programma che ha stupito il mondo, ha detto: «In questo luogo, dove è nato il principe della pace, desidero rivolgere un invito a lei, signor presidente Mahmoud Abbas, e al signor presidente Shimon Peres, ad elevare insieme con me un’intensa preghiera invocando da Dio il dono della pace. Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro».

Non un summit alla ricerca di nuove mediazioni o “road map” per uscire dalla crisi israelo-palestinese, ma semplicemente un momento di preghiera, da realizzarsi prima dell’imminente scadenza del mandato presidenziale di Peres. Ed ecco che è stata fissata la data dell’8 giugno, solennità di Pentecoste, per il momento di preghiera e l’incontro nei giardini Vaticani tra il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese, Mahmoud Abbas.

Sarà un evento dello Spirito, che proprio nel giorno di Pentecoste, soffia buoni propositi e messaggi di Pace. Come ha dichiarato in un’intervista a ZENIT il generale Giovanni Marizza, già Vice Comandante della Forza Multinazionale in Iraq e docente di Geopolitica e Gestione delle crisi, il recente pellegrinaggio del Papa in Terra Santa assume un valore specialeda un punto di vista geopolitico, in quanto viene riconosciuto e sancito quanto già previsto dall’Onu nel 1947: il diritto di Israele di esistere e di godere di pace e sicurezza all’interno di confini internazionalmente riconosciuti; come pure il diritto del popolo palestinese di avere una patria sovrana e indipendente, il diritto da parte degli uni e degli altri di spostarsi liberamente, il diritto di vivere in dignità.

Viene inoltre proclamato il carattere sacro e universale della città di Gerusalemme e della sua eredità culturale e religiosa come luogo di pellegrinaggio di tutti i fedeli delle tre grandi religioni monoteiste. Il mondo intero attende da questo evento una nuova luce, un raggio di speranza che ha come promotrice la Chiesa, custode del messaggio di pace che Gesù ha portato in terra agli uomini di buona volontà.

«Ci riuniremo a pregare, soltanto, e poi ognuno torna a casa», ha detto Papa Francesco ai giornalisti. «Io credo – ha proseguito – che la preghiera sia importante e pregare insieme senza fare discussioni di altro tipo, questo aiuta. Sarà un incontro di preghiera: ci sarà un rabbino, ci sarà un islamico e ci sarò io».

Una preghiera pentecostale, per “invocare la pace” in quella terra benedetta e con l’auspicio che questo evento produca un’onda benefica di pace in tutto il mondo. Nel prato triangolare, quasi a ricordare le tre religioni, l’incontro di preghiera prevede tre passaggi: ringraziamento per la Creazione, richiesta di perdono e invocazione per la pace. La preghiera, recitata con testi in ebraico, in inglese, italiano e in lingua araba, sarà suggellata dalla stretta di mano e dalla messa a dimora di un albero di ulivo. Sono questi gesti e momenti che, come ha rimarcato il Custode di Terra Santa, tendono a “riaprire una strada chiusa da tempo, far sognare e risvegliare nell’animo di ognuno il “desiderio di pace”.

Come già nella giornata di digiuno e di preghiera per la Pace dello scorso 7 settembre 2013, Papa Bergoglio – che ha scelto il nome di Francesco, perché modello di povertà, araldo della pace, custode e cantore del creato – apre le porte della Chiesa di Roma, per scrivere una pagina storica d’incontro e preghiera per il dono della pace. “Questo nostro mondo – ebbe a dire il Papa il 7 ottobre – nel cuore e nella mente di Dio è la ‘casa dell’armonia e della pace’ ed è il luogo in cui tutti possono trovare il proprio posto e sentirsi ‘a casa’, perché è ‘cosa buona’”. La bontà della pace è espressa in tutti i simboli che la descrivono: dalla bianca colomba, al ramoscello di ulivo, all’intreccio delle mani che segnano un incontro tra persone, al telescopio spaziale che manda raggi d’amore sulla terra, all’arcobaleno dei colori che s’intrecciano in una suggestiva e rasserenante armonia. Il diluvio che tutto distrugge tende a cessare ed un nuovo orizzonte di speranza si apre nell’immenso cielo, annunciando la pace.

La pace annunciata da San Giovanni XXIII, nell’Enciclica Pacem in terris, il grido di Paolo VI alle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965 ritorna ancora forte e deciso: “Non più gli uni contro gli altri, non più, mai! non più la guerra, non più la guerra!”. Le azioni di pace condotte da San Giovanni Paolo II, che hanno provocato la caduta del muro di Berlino, la catechesi di Benedetto XVI, ricca di forti messaggi sulla teologia della pace, costituiscono piccoli ma decisivi passi nel sentiero della pace, che non è mai “disgiunta dai doveri della giustizia, ma alimentata dal sacrificio proprio, dalla clemenza, dalla misericordia, dalla carità”, come si legge nel Messaggio per Giornata Mondiale della pace (1976).

La vera pace, dono di Gesù Risorto: “Pace a voi”, scaturisce dal perdono e impegna tutti i cristiani ad essere operatori di pace, segni di riconciliazione e di dialogo, protagonisti attivi della cultura dell’incontro e della comunione nella carità e nel farsi prossimo agli altri.

Pace, perdono, poveri, sono le tre “p” che Papa Francesco declina tutti i giorni del suo ancor breve pontificato ed ha già segnato un solco profondo nella storia della Chiesa. Nell’azione pastorale l’immanenza nel concreto della storia spesso prevale, ma il nuovo umanesimo non può prescindere dalla trascendenza che guida i passi terreni verso la luce degli ideali. Non è sufficiente un abbraccio di pace o la firma di un trattato per cambiare il percorso della storia, occorre un cambiamento di stile e di azione, capace di mettere al primo posto l’essenziale.

La nuova pentecoste annunciata e attesa come rinascita della Chiesa insieme ai sette doni dello Spirito Santo porta il dono della pace, espressione e sintesi di sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio, doni e virtù che guidano l’animo umano verso i sentieri del divino. La dignità dell’uomo, il riconoscimento dei diritti di ciascuno come singolo e come popolo, costituiscono il fondamento per costruire la pace, ed insieme mettere a dimora semi di educazione alla pace e di formazione del cristiano, operatore di pace. 

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Giuseppe Adernò

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