“La preghiera può tutto. Utilizziamola per portare pace al Medio Oriente e al mondo intero”. Con questo tweet Papa Francesco ha lanciato il suo appello in vista dell’incontro di stasera nei giardini vaticani con il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Abu Mazen. Non è un appello politico, ma un appello di unione e di diplomazia, un invito per facilitare il dialogo fra due popoli ancora fin troppo divisi.
Seppur i rapporti fra Israele e Palestina si siano ulteriormente raffreddati dopo la decisione del governo Israeliano di dare il via libera alla costruzione di 1.100 case in Cisgiordania, il papa continua il suo impegno per portare la pace fra le varie comunità religiose del Medio Oriente. E dopo gli sforzi profusi due settimane fa con la visita in Terra Santa, questo impegno è diventato una delle priorità per il pontefice. Nel suo discorso a Tel Aviv il messaggio è stato chiaro: “è giunto il momento” di avere “il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due stati ad esistere”.
Un invito, quindi, che vuole spingere palestinesi ed israeliani verso un rispetto reciproco. Ed infatti la tolleranza religiosa è uno dei temi caldi voluto dal papa per l’incontro di questa sera: durante l’evento ogni comunità religiosa (cristiana, ebrea, musulmana) ha proposto la propria preghiera. Un’orazione collettiva che certamente non porterà una tregua improvvisa nella travagliata regione del Medio Oriente, ma che di sicuro può diventare un gesto simbolico dal valore dirompente.