Una cavalcata attraverso i secoli per chi vuole comprendere il mondo e la Chiesa di oggi. Si potrebbe sintetizzare così il nuovo volume, edito dalla LEV, che raccoglie gli scritti del cardinale Walter Brandmüller pubblicati su L’Osservatore Romano negli ultimi decenni. Eventi eloquenti. L’agire della Chiesa nella storia è il titolo del libro in cui il porporato, a lungo, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, spazia tra pontificati, Concili, scomuniche e Conclavi, per delineare il volto e la missione della Chiesa e approfondirne “la realtà concreta”, non soltanto l’idea di essa largamente diffusa.
Lo spiega lo stesso porporato bavarese nell’intervista a ZENIT. Ad 85 anni, prudente e riservato, Brandmüller non vuole parlare del suo collega di università Joseph Ratzinger – perché “è ancora in vita e lo rispetto” -, tantomeno esprimere un giudizio sul pontificato del successore Bergoglio, perché – dice – “sono uno storico e parlo del passato, non del presente o del futuro”. E proprio sulla storia e sul passato, il porporato ha tanto da dire, riesumare e ricordare. A partire da quel Concilio Vaticano II, i cui insegnamenti “mal interpretati” sono ancora lontani dall’esser stati attuati. Di seguito l’intervista.
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Eminenza, ci racconti il suo libro: quali sono questi “eventi eloquenti” di cui parla il titolo?
Card. Brandmüller: Sono tanti: il rapporto tra la Chiesa e l’arte, la presenza di Giovanni Hus al Concilio di Costanza, la visita a Roma di Martin Lutero nel 1510 al Concilio di Trento, il rapporto tra Galileo Galilei e la Chiesa. Ma anche il ruolo della Chiesa cattolica nella Germania comunista, quello dei Pontefici tedeschi e via dicendo.
A cosa serve questa traversata nei secoli di storia della Chiesa oggi?
Card. Brandmüller: Io credo che questo libro ai tempi nostri potrebbe avere poca fortuna. Oggi l’interesse della maggioranza, anche negli ambienti direttivi della Chiesa, è orientato al presente, o meglio, al futuro. “Sì – si dice – dobbiamo studiare la storia ecclesiastica”, ma non sono in troppi quelli che considerano l’urgenza di questa disciplina. Sono invece tanti quelli che ritengono che essa sia “un negoziante di antichità”, che conserva curiosità, racconta episodi edificanti, a volte anche scandalosi e divertenti, ma, tutto sommato, poco utili per risolvere i problemi di oggi. Non è vero che molti dicono così? Questo pensiero è sintomatico per quelle eresie filosofiche largamente diffuse come l’utilitarismo e il pragmatismo, che sono correnti intellettuali veramente distruttive, soprattutto quando invadono il pensiero teologico e l’approccio pastorale.
Lei, nell’introduzione del libro scrive: “Chi conosce il passato concreto della Chiesa ne percepisce la realtà vitale…”. Certe problematiche, certe sfide o, se vogliamo, lacune della Chiesa di oggi si possono risolvere quindi alla luce del passato?
Card. Brandmüller: Assolutamente. La Chiesa nel percorso dei secoli attua, realizza il suo proprio essere. In fin dei conti, la natura di una cosa non possiamo conoscerla se non attraverso il suo agire. Perciò anche la natura della Chiesa non si conosce prescindendo dalla sua attuazione lungo la storia.
Nei suoi studi, ha individuato un filo conduttore in tutti questi secoli?
Card. Brandmüller: Il filo conduttore è sempre lo stesso: la genuina missione della Chiesa. Ovvero la trasmissione autentica della verità del Vangelo e della grazia di Cristo all’umanità di tutti i secoli attraverso i Sacramenti. Come la Chiesa realizza questa sua missione si può studiare prendendo sul serio i risultati della ricerca storica.
E la ricerca storica cosa dice: la Chiesa ha compiuto sempre fino in fondo la sua missione?
Card. Brandmüller: Sempre più o meno! (Ride). Non è un percorso omogeneo. Ci sono momenti di grande prestazioni religiose, ma molti altri periodi di decadenza. Così è la vita…
Il momento attuale, ad esempio, sotto il pontificato di Francesco, che momento è per la Chiesa cattolica universale, secondo il suo occhio di ‘storico’?
Card. Brandmüller: Proprio perché sono uno storico mi occupo del passato, non del presente. Tutto ora è in movimento, tutto è aperto… Saranno i miei colleghi del secolo venturo a dare un giudizio.
Facendo un altro passo indietro e concentrandoci sugli ultimi 50 anni trascorsi dal Concilio Vaticano II, come si può definire questo mezzo secolo cruciale per la vita della Chiesa?
Card. Brandmüller: (Ride) Ci sarebbero tante cose da dire… Nel libro c’è un mio studio che si concentra in particolare sui conflitti di interpretazione post-conciliari. Decenni, questi, certamente molto – troppo – movimentati da problemi che aspettano in gran parte ancora una risoluzione.
Sarà colpa anche di quel “Concilio dei media” di cui parlava Benedetto XVI?
Card. Brandmüller: Sì, anche, ma non è un tratto distintivo del Vaticano II. Anche nel Concilio Vaticano I i giornali dell’epoca hanno riportato notizie inesatte e giocato un ruolo di primo piano.
Allora a cosa sono dovute queste distorsioni degli insegnamenti conciliari?
Card. Brandmüller: Forse ad un falso concetto di quello che è la Chiesa. Se la Chiesa si definisce come il Cristo mistico presente nella storia, una realtà umano-divina, sicuramente si interpreta un Concilio diversamente. Un Concilio Ecumenico come il Vaticano II è l’attuazione del sommo Magistero della Chiesa, i cui documenti sono di valore decisivo per la Chiesa. Molti invece lo hanno sempre considerato, raccontato e interpretato solo come una realtà storica, umana, sociologica, politica e via dicendo.
Cinquant’anni, quindi, non sono ancora bastati per comprendere e attuare gli insegnamenti conciliari?
Card. Brandmüller: No. Il Concilio Vaticano II è ancora lontano dall’essere realizzato nella vita della Chiesa. Bisogna ancora studiarne i documenti in maniera più approfondita per poi attuarli.
È plausibile, secondo lei, l’ipotesi che Francesco possa aprire un Concilio Vaticano III?
Card. Brandmüller: Possibile è tutto, ma non credo… In ogni caso non parliamo del futuro. Come le dicevo, sono uno storico, preferisco parlare del passato.