La Vergine delle rocce conservata al Museo del Louvre (Parigi) è stata commissionata a Leonardo da Vinci dalla Confraternita dell’Immacolata Concezione per la cappella della Confraternita in San Francesco Grande a Milano; un contratto datato 25 aprile 1483 impegnava Leonardo e anche i fratelli Evangelista e Gian Ambrogio de Predis (ai quali è attribuita la versione conservata alla National Gallery di Londra) a consegnare le loro opere nel giorno 8 dicembre successivo, festività, appunto, dell’Immacolata Concezione.
Leonardo affronta le esigenze della spiritualità contemplativa francescana attraverso lo studio della natura: l’indagine fisica del mondo è infatti lo strumento con cui egli riesce a parlare il linguaggio della sacralità.
La natura, infatti, è la prima maestra del pittore: Leonardo scrive nel suo Libro di pittura chela pittura è nipote della natura e parente di Dio (I, 12).
La Vergine delle Rocce appare di struttura complessa: non narra una vicenda, piuttosto rappresenta un mistero, lo offre alla contemplazione, immergendolo in un contesto naturale in cui il mistero affonda e si esprime.
La Vergine appare al centro, inginocchiata mentre con la mano destra presenta il piccolo san Giovannino anch’egli inginocchiato, con le mani giunte davanti Gesù Bambino, il quale è invece seduto, ha la mano destra benedicente e lo sguardo rivolto verso il cugino; sul lato sinistro, un Angelo inginocchiato con la mano destra indica verso il Battista. I personaggi sono tutti dentro un ambiente di rocce, interrotto sul fondo da aperture naturali che lasciano intravedere il cielo. Il mistero risplende nella caverna. Proprio la caverna è una prima chiave di lettura dell’opera, essa infatti allude alla caverna della natività. Come è ben noto, la evangelica mangiatoia in cui Gesù neonato viene deposto (Lc 2,6-7) viene interpretata da una solida tradizione come una caverna (così per esempio il Mantegna nella Adorazione dei Magi del cosiddetto “Trittico”degli Uffizi, a Firenze) mentre un’altra corrente, altrettanto autorevole, la rappresenta invece come una capanna (per esempio la Natività el’Adorazione dei Magi dipinte da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova).
Caverna e capanna sono peraltro i prototipi di ogni costruzione umana, discendendo le strutture plastico-murarie dalla caverna e quelle elastico-lignee dalla capanna.
Leonardo, dunque, descrive un luogo per più versi “originario”, e al centro di questo luogo colloca Maria, anzi Maria sembra essere l’asse da cui si genera lo spazio della caverna: Maria infatti non è nella caverna ma è la caverna. Maria, infatti, è il monte. San Giovanni Damasceno, per esempio, in un omelia sulla Natività di Maria scrive: «saltate di gioia, montagne nature dotate di ragione e protese verso il vertice della contemplazione spirituale. Infatti è sorto, splendente, il monte del Signore, che oltrepassa e supera ogni collina e ogni montagna, l’altezza degli angeli e degli uomini; da esso [cioé da Maria] senza mano umana, si è degnata di staccarsi la pietra angolare». E Maria è anche la porta: Giovanni Damasceno ancora sottolinea: «oggi è stata edificata la porta orientale, per la quale Cristo entrerà e uscirà, e chiusa rimarrà questa porta, nella quale è Cristo, porta delle greggi; il suo nome è Oriente».
Nella caverna dipinta da Leonardo prolificano molti fiori: essi alludono alla vita e soprattutto alludono a Gesù: per esempio Beda il Venerabile scrive “nazareo significa fiore o puro”. Gesù è il fiore che sboccia nel sacro luogo dell’origine, in Maria.
Le rocce dipinte da Leonardo descrivono uno spazio mistico il cui significato affonda in luoghi storici, quali la grotta di Betlemme e il monte Sion, luoghi dell’origine e dell’ascesi.
Nello spazio originario della caverna si svolgono dunque eventi storicamente tramandati ma misticamente rappresentati. L’intreccio delle mani sul capo di Gesù allude a questi eventi: sembra infatti che la Vergine stia descrivendo la discesa dello Spirito Santo in forma di colomba sul capo di Cristo durante il battesimo nelle acque del Giordano, mentre l’Angelo indica il piccolo san Giovanni come colui che opererà quel battesimo. Non a caso sul capo di Giovannino si scorge un fiume che scorre in lontananza, evidente allusione al Giordano, inteso come fiume di Grazia, “scaturigine perenne”, fiume vivo.
Leonardo risponde così alla esigenza di offrire una immagine per la meditazione dei misteri.
San Bonaventura nell’Albero della vita, proprio a proposito dell’origine di Gesù scrive: «dato che l’immaginazione aiuta la comprensione, ho ordinato e disposto le poche cose scelte tra le molte in un certo albero immaginario, così da descrivervi nella prima ramificazione in basso l’origine e la vita del Salvatore, in mezzo la Passione e alla sommità la glorificazione. Delinea dunque nell’intimo della tua mente la progettata pianta, la cui radice è irrigata dalla fonte della scaturigine perenne, che pure si espande in fiume vivo e grande di quattro foci, per irrigare il paradiso di tutta la Chiesa». L’origine è figurativamente lo sbocciare della pianta, l’albero ne è lo sviluppo: così Leonardo rappresenta la nascita della pianta nel buio della caverna. L’origine di Gesù viene rappresentata come l’origine primordiale della vita, bagnata da un fiume che ne è fonte perenne, e illuminata da una luce, insieme naturale e soprannaturale, che scava la caverna. Il luogo dell’origine, dell’acqua e della luce, è la montagna.
Leonardo, dunque, riesce a rispondere alle esigenze spirituali dell’ordine francescano e dell’Arciconfraternita committente dedicata al mistero dell’origine di Maria, riuscendo a presentare il mistero dell’origine di tutto: Maria, concepita senza peccato, è la sacra caverna che accoglie Gesù, che è l’origine di tutto. Leonardo dipinge il mistero di Colei che è madre del Creatore.
Egli dimostra, inoltre, una estrema sensibilità spirituale, quasi traducendo in immagine le parole di san Bonaventura: «Se tu potessi sentir cantare Maria con giubilo, ascendere con la tua Signora sul monte, contemplare l’abbraccio soave della sterile e della Vergine, credo che innalzeresti l’inno del Magnificat, lo esprimeresti in dolce modulazione con la Beatissima Vergine, e con il Fanciullo Profeta adoreresti esultante e osannante il mirabile Essere concepito dalla Vergine!».
Rodolfo Papa, Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it Blog: http://rodolfopapa.blogspot.com e.mail: rodolfo_papa@infinito.it.