Magrezza non significa bellezza

Sta cambiando il modello della donna ossuta con visi scavati, gambe inesistenti e spalle taglienti. Anche per le grandi case di moda

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La donna e la sua femminilità amanano un fascino che richiama alla morbidezza, all’eleganza e alla protezione e dolcezza materna. Una società fatta di numerose figure femminili in continuo mutamento: donna lavoratrice, donna figlia, donna madre, moglie, single. La figura è l’identità femminile la cui immagine mantiene fascino e importanza, sembra essere fortemente influenzata dai cosiddetti canoni o ‘mode dominanti’

Se intorno agli anni ‘50 la bellezza era intesa come “avvolgenti curve sinuose”, oggi la donna non viene più considerata solo come simbolo di protezione ed amore, ma come persona in carriera volta ad affermare la propria autonomia ed accettazione. In maniera del tutto strumentale, la figura materna è stata messa in contrasto con quella di donna libera e indipendente. In tal modo, anche lo stereotipo di bellezza subisce profondi mutamenti negando, in primis, quelle curve che tanto erano state apprezzate dalle diverse civiltà nella storia.

Una negazione che, secondo molti, proviene dai messaggi lanciati dalla moda, ossia quel mondo effimero dove per anni l’eleganza e la bellezza sono state indentificate da linee talmente longilinee da negare grazia, dolcezza e delicatezza. Nei casi più estremi, si è arrivati a raffigurare visi scavati, gambe inesistenti, braccia ossute e taglienti. Al limite dell’anoressia.

La maggior parte dei brand di moda ha scelto modelle la cui fisicità rispecchia ben poco uno stato di buona salute, quasi come se fossero inconsapevoli di essere muniti dell’elevato potere d’influenzare la società di oggi.

In questi ultimi anni, il problema di quanto la moda potesse influenzare modelli vicini all’anoressia si è fatto sempre più sentire, fino a portare alla nascita d’importanti movimenti volti a porre a freno questa problematica.

Tra le critiche all’industria del fashion, è giunto il grido lanciato nel 2011 dalla direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani, che ha dato vita sul sito del magazine ad una campagna contro l’anoressia. Ulteriori dichiarazioni di guerra verso questa silenziosa malattia, sono arrivate dal governo israeliano grazie ad una battaglia sostenuta dal fotografo e agente di top model, Adi Barkan.

Barkan è riuscito a far approvare in Parlamento una proposta di legge con cui si impedisce alle donne con la soglia minima di 18.5 di massa corporea, di sfilare e partecipare a campagne pubblicitarie. Il fotografo sostiene che dopo 25 anni è giunta l’ora di togliere dai cartelloni pubblicitari “gli scheletri viventi”.

In questo contesto, due deputati dello stato israeliano, Dany Danon e Rachel Adato, hanno invocato una presa di coscienza alle case di moda spiegando che, facendo sfilare fotomodelle al limite dell’anoressia, si rischia l’emulazione da parte di ragazze e ragazzi in età adolescenziale. 

Tornando in Italia, un ulteriore passo avanti verso l’affermazione del motto “magro non è bello”, si è avuto con Elisa d’ Ospina, modella curvy a livello internazionale e giornalista, che nel suo libro “Una vita tutta curve” ha richiamato l’attenzione sul fatto che ogni donna deve accettarsi “così com’è”.

La d’Opsina ha invitato a far diventare punti forza proprio quei punti deboli, sostenendo che si può essere belle e alla moda, anche con qualche chilo in più. Il libro punta quindi a riaffermare la vera donna, la sua autostima e la sua femminilità. La parola chiave diventa “accettarsi” nella propria bellezza, la stessa creata da Dio. In modo da poter dire, con le parole di San Giovanni Paolo II nella Mulieris Dignitatem: “Grazie a te, donna, per il fatto stesso che sei donna!”.

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Maria Anastasia Leorato

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