La fiducia ed il debito (Prima parte)

Come evitare il default e rilanciare la crescita

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Quella che stiamo vivendo passerà alla storia probabilmente come la prima crisi globale dei debiti pubblici. Scoppiate nell’estate del 2011 essa è stata in realtà una crisi dei debiti sovrani. In primo luogo i paesi dell’eurozona e, questa volta, anche gli USA vedono aprirsi davanti a loro lo spettro di non riuscire più a finanziare con la continuità necessaria i loro enormi passivi pubblici con l’emissione di titoli di debito. Come gli economisti sanno molto bene, la questione è ancora più ingarbugliata atteso che l’enorme disponibilità in valuta di paesi come la Cina ed il Giappone[1] rende difficile anche l’utilizzo della c.d. leva dei cambi per svalutare la valuta di emissione del debito e, cosi ridurne l’importo reale.

Ma, in definitiva, cosa sta succedendo? E’ una crisi di fiducia nella capacità dei maggiori paesi debitori del mediterraneo di ripagare i propri debiti o, invece, c’è dell’altro? Più in dettagli qual è il motivo per cui, in maniera apparentemente così repentina, gli appetitosi bond emessi dai Paesi dell’Area Euro, non riscuotono più la fiducia dei risparmiatori?

Per capirci qualche cosa verifichiamo come, in un ipotizzato libero mercato finanziario, si creino dei movimenti di fiducia nello sviluppo e nella crescita di un Paese e come d’improvviso tale aspettativa si dissolva fino a degenerare in una vera e propria crisi. In tal modo passeremo a individuare le caratteristiche che fanno dell’acquisto di un titolo di stato un buon investimento.  Partha Dasgupta  docente di Economia all’Università di Cambridge e Fellow del St John’s College, membro di prestigiose accademie e comitati scientifici, nonché uno dei maggiori economisti mondiali[2], ha passato la vita ad occuparsi  delle relazioni tra ambiente, sviluppo economico e capitale sociale dimostrando come sia in realtà tutta la struttura sociale a reggersi sul meccanismo della fiducia. L’opera è l’attività del grande economista non è affatto isolata.

Il tema della fiducia quale base dell’economia, era ben nota agli economisti classici e già presente nel messaggio cristiano ed è il classico ritorno di fiamma che ha visto nei primi anni del nuovo secolo un fiorire di studi in materia. L’Enciclica “Caritas in veritate” ne ribadisce più volte la fondamentale importanza.  Cosi si può leggere nel messaggio papale: ”… Infatti il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare”.  Insomma, senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Prosegue il documento papale:  “… oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave»  (n. 35), ed ancora «Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali»  (n. 5).  Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’Economia e professore alla Columbia Univerisity, attualmente considerato un mostro sacro dell’economia, ritiene che  la fiducia sia  la base del sistema, ma che essa debba essere basata su fondamenti solidi. Le azioni che caratterizzano lo “scambio economico”, sono normalmente azioni non sincronizzate. Ad, esempio, quando andiamo al supermercato e facciamo uno scambio prendiamo un prodotto di cui abbiamo bisogno e diamo in pagamento del denaro, a monte dello scambio c’è proprio che la “fiducia”, da intendere come un sentimento di sicurezza, o meglio di affidamento, verso qualcuno dal quale ci si aspetta un comportamento da cui si può trarre beneficio. Chi acquista il prodotto confezionato, infatti, parte dal presupposto che nella confezione ci sia esattamente ciò che si aspetto ed è a fronte di questa aspettativa che da il suo denaro. Così come chi riceve il pagamento parte dal presupposto che il denaro consegnatogli sia buono. Perché lo scambio sia continuo è necessario che ci sia fiducia cioè nella risposta alle aspettative. E questo può essere assicurato solo dalla lealtà dei contraenti e/o dalla capacità del sistema di assicurante il rispetto delle leggi.

Aiutiamoci con un’esempio, fatto da altri due grandi economisti Akerlof e Shiller[3] nel loro ultimo “Spiriti animali. Come la natura umana può salvare l’economia”, per capire di cosa effettivamente parliamo.  Argomentano i citati studiosi di economia politica: “nessuno costruirebbe una casa a New Orleans dopo il passaggio dell’uragano Katrina per la paura di essere l’unico a esporsi in un’area disastrata; ma se qualcuno cominciasse perché fiducioso nel ritorno di una sufficiente popolazione, allora ne arriverebbero altri e l’intera città risorgerebbe”. Esistono perciò due equilibri.  Uno “negativo” dove New Orleans resta una palude, ed uno “positivo” (quello della fiducia, appunto) dove New Orleans risorge. In definitiva, sembra che proprio in base alla presenza  dell’elemento della fiducia (che altri verranno a ricostruire la propria abitazione), che si sposta l’ago della bilancia a favore di una delle possibili alternative; In altre parole aiutare la fiducia nella ricostruzione avvia il processo di ricostruzione stessa.  Il meccanismo del ciclo economico starebbe negli stessi binari: se nessuno investe o spende, si formano aspettative buie e si tenderà  a “chiudersi”, ma se si vedranno segnali di dinamismo ci si lancerà ad investire o spendere e questo riattiverà il circuito economico risolvendo la crisi.  Ne deriva che:“nei periodi positivi, la gente si fida: prende decisioni in modo spontaneo, sa istintivamente che avrà successo, è meno sospettosa[…] quando la fiducia svanisce, la marea cala, rivelando la nudità delle loro decisioni”.  Come si vede il ragionamento seguito fino ad ora lascia non pochi dubbi e si focalizza essenzialmente nella natura “fideistica” della fiducia: se io credo, essenzialmente in modo istintivo, animale, che le cose andranno in un certo modo agirò di conseguenza; e non posso che comportarmi così, istintivamente, perché non sono un soggetto razionale che ha tutte le informazioni che mi servono.  Nella sostanza agisco così come mi viene, come “credo” vada fatto. La spiegazione fornita non certamente luce perché e cosa ad un certo punto fa cambiare il vento ed ancora  non spiega neppure come l’iniziale euforia si sia formata. Più dettagli capaci di spiegare razionalmente il preteso comportamento animale, ci li fornisce Kahneman economista israeliano, professore all’Università di Princeton ed uno dei fondatori della c.d. finanza comportamentale. L’economista spiegherebbe i comportamenti economici imputandoli ai neuroni-specchio, cioè di neuroni che ci fanno imitare i comportamenti più adottati dai nostri simili. Essi portano ad imitare i comportamenti dei nostri simili che non necessariamente si comprendono ma che sembrano sulla base dell’esperienza sortire effetti per noi positivi. Si tratta cioè di una generalizzazione del “comportamento del gregge (herd behaviour), per cui una massa di soggetti consapevoli della limitatezza delle loro informazioni o degli strumenti di analisi tendono a seguire coloro che prendono una certa strada, confidando che se questi hanno intrapreso un percorso ciò sia dovuto in forza di più precise informazioni e capacità di analisi.  Quindi vedendo qualcuno costruire una casa in una disastrata New Orleans è lecito pensare che questo abbia una qualche informazione a supporto che noi non abbiamo, e questo spinge qualcuno ad imitarlo (in
un certo senso, l’esempio ci dà coraggio);  man mano che si aggiungono persone la forza di “attrazione” di questo comportamento imitativo incrementa, trascinando infine una massa tale da ricostruire la città. Quindi se accettiamo una tale spiegazione, è possibile addirittura spiegare il moto di “fiducia” sottostante ad un boom economico (ma pure una bolla qualsiasi, o una qualsiasi tendenza dell’attività umana) come un semplice comportamento imitativo razionale, senza rivolgersi ad entità fumose come gli “spiriti animali”.

(La seconda parte verrà pubblicata domani, venerdì 1° febbraio)

Enea Franza è un economista che da anni si occupa di finanza. Per l’Ente presso cui lavora (dirigente CONSOB), ha seguito importanti operazioni di finanza straordinaria di imprese nazionali e internazionali. Ha seguito le ristrutturazioni del debito argentino e di finanziamento di grandi enti internazionali.

E’ autore dei seguenti libri: “2012 Crisi del Capitalismo” – SrlEdizioni 2010; “Crack Finanziario, le ragioni della crisi” – Pagine Editore, 2009; “L’italia e la Crisi” – Pagine Editore, 2011.

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NOTE

[1] Al 7 settembre 2011 i Paesi che detenevano maggiori  riserve valutare erano il Giappone  con 1.210 Miliardi di dollari e la Cina con  riserve pari 3.000 Miliardi di dollari. Le valute detenute sono essenzialmente Dollari ed Euro.

[2] Tra i suoi libri pubblicati in italiano ricordiamo: “Benessere umano e ambiente naturale (Vita e Pensiero 2004) e Povertà, ambiente e società”; “Il ruolo del capitale naturale e del capitale sociale nello sviluppo economico” (Il Mulino 2007).

[3] Animal Spirits: How Human Psychology Drives the Economy, and Why It Matters for Global Capitalism George A. Akerlof and Robert J. Shiller, 2009 

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Enea Franza

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