Lo scandalo che ha coinvolto il Monte dei Paschi di Siena, con le sue operazioni rischiose, le scalate a prezzi “drogati” e l’occultamento delle perdite attraverso il ricorso a contratti derivati, è da qualche giorno diventato uno dei principali temi all’attenzione dell’opinione pubblica e del dibattito politico.
Molte critiche sembrano essere corrette, altre sembrano dettate da interessi politici. Le notizie vere sono offuscate da enfasi e collegamenti che non trovano riscontro. La confusione sembra nascondere la vera posto in gioco e cioè gli effetti di una decadenza morale, sociale ed industriale di una parte significativa del Paese Italia.
Al netto delle responsabilità penali che la vicenda sta evidenziando, e sulla quale saranno chiamate a giudicare la magistratura e le autorità di vigilanza, sembra che non si voglia andare a fondo con le indagini.
Il Monte dei Paschi di Siena nasce nel 1472 come Monte di Pietà, per opera dei francescani, per erogare, diremo oggi, il microcredito, a tassi equi.
Difatti, i francescani per perseguire il bene comune e combattere il fenomeno dell’usura diedero vita alla prima Banca che perseguiva il bene comune, inventando tra l’altro il concetto di tasso equo.
Tradendo le origini, possiamo vedere come in meno 7-8 anni la più antica banca italiana e forse nel mondo è stata mortalmente ferita dall’azzardo morale dei derivati e da una gestione aetica.
Questo è il vero problema, che gli intellettuali, i politici, gli economisti sembrano non riconoscere.
Tutti sono concentrati, sul dolo di tali azioni, sulla mancanza delle regole; tutte affermazioni vere. Ma le regole e i controlli, come dimostra il caso MPS (vedi i controlli di Banca d’Italia e Consob), da sole è non sono sufficienti.
Essenziale è ricostruire il capitale delle virtù, il capitale dell’etica, del bene comune. Senza questi fondamenti, sarà sempre difficile evitare questi scandali.
Questa è la vera ‘patologia’ del capitalismo finanziario.
Difatti, il caso MPS, non è una caratteristica peculiare della sola provincia senese, bensì ha carattere globale, poiché investe l’intero capitalismo finanziario.
La patologia dell’azzardo morale che governa il capitalismo finanziario è stata indicata e riconosciuta anche dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, quando ha dichiarato che “il libero mercato è la più grande forza per il progresso economico… tuttavia funziona meglio per tutti se ci sono regole brillanti e di buon senso per prevenire comportamenti irresponsabili”.
Queste parole sono state pronunciate, in occasione della nomina alla presidenza della SEC (Securities and Exchange Commission, l’ente a controllo dei mercati finanziari) di Mary Jo White, che come procuratore a Manhattan si è occupata per quasi un decennio di numerosi casi di corruzione e frodi finanziarie.
E’ indubbio che le regole sono importanti per combattere l’azzardo morale, ma senza la crescita un’etica fondata sul bene comune, la battaglia sarà parziale.
Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali il valore dei derivati che circolano nella finanza globale, si aggirerebbe intorno a dieci volte il prodotto interno lordo del l’intero pianeta.
E quando si parla di derivati ci si riferisce non solo a strumenti finanziari, nella maggioranza dei casi opachi e speculativi, e facilmente “invisibili”, ma soprattutto alla poca trasparenza dei bilanci.
Tant’è che certe perdite non figuravano né nel bilancio dello Stato greco, né in quello delle banche americane, inglesi spagnole, irlandesi, né in quello della banca senese.
Con i derivati, nella maggioranza dei casi, non possiamo parlare di mercato civile, ma di quello che Fernand Braudel, grande teorico del capitalismo, chiamava i “contromercati”, senza regole, senza sanzioni e senza autorità di controllo.
Quindi, come affermato da Benedetto XVI nella Caritas in Veritate è necessario, per la futura stabilità monetaria e finanziaria di un regolatore globale sul mondo della finanza.
Ciò è essenziale per la velocità globale dei capitali, dinanzi a regolamentazioni che rimangono nazionali e dunque incapaci di apportare controlli efficaci per risolvere la crisi.
Il Pontefice ha ragione, senza l’etica del bene comune i controlli e le regole, sicuramente importanti, potranno fare poco.
E’ per far crescere l’etica del bene comune, dobbiamo iniziare da noi stessi, con stili di vita sobri, con una cittadinanza attiva e non passiva, con una formazione permanente.