Fritz e Anneli Peier, costruttori di unità

La storia di due Pionieri dell’ecumenismo del Movimento dei Focolari in Svizzera, maestri di unità in famiglia, tra le Chiese, nella società

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L’avventura della famiglia Peier inizia la sera del Natale 1947. “Incontrai Anneli – ricorda Fritz, pastore riformato – e ne rimasi folgorato. Questa è la mia futura moglie, nessun’altra. Con lei volevo costruire una famiglia sulla base del ‘Dove due o più sono uniti nel mio nome io sono in mezzo ad essi’ (Mt, 18,20)”. E così è stato. Dal loro matrimonio, celebrato il giorno dell’Assunta del 1949, nascono 6 figli. Ma un’altra avventura li attende.

Nel 1968, partecipano ad un convegno ecumenico del Movimento dei focolari in Italia, con cristiani luterani e cattolici della Germania. Restano toccati dalla parola di Dio trasformata in vita. “Ci troviamo ad ascoltare, direttamente da Chiara Lubich, l’avventura straordinaria degli inizi del Movimento – ricorderanno –. Non riusciamo a dormire, rileggiamo nel Vangelo tutte le frasi di Gesù che (Chiara) aveva citato. Era come se una nuova luce illuminasse la nostra esistenza e ci sembrava che le nostre anime da sempre avessero atteso quel momento”.

Con gli antenati di Anneli di tradizione mennonita, quelli di Fritz cattolici e vetero-cattolici, e loro fedeli della Chiesa riformata, la problematica religiosa è molto sentita in famiglia. L’incontro con i Focolari è la risposta.

I Peier chiedono a Chiara un incontro ecumenico per riformati e cattolici della Svizzera e, grazie al profondo rapporto che si instaura con lei, a partire dal 1969 iniziano una serie di incontri che si tengono ad anni alterni in Italia e in Svizzera, tra riformati e cattolici.

Con una fedeltà contagiosa Fritz e Anneli  testimoniano l’Ideale dell’unità e sono considerati i pionieri dell’ecumenismo del Movimento dei focolari in Svizzera. Essi stessi ce lo confermano: “Chiara ci ha spronato nella vita di famiglia e nel lavoro in parrocchia. Con lei è iniziato uno scambio epistolare molto fitto, colloqui intensi, un’amicizia profonda”.

È anche grazie a loro che si realizzano tappe fondamentali, come quella del 2001, quando Chiara viene invitata dalla Chiesa riformata di Zurigo a parlare proprio nella cattedrale dove Ulrich Zwingli aveva iniziato la sua predicazione. “Dio ha compiuto il miracolo della Sua presenza nel Grossmünster, facendoci sentire il Suo popolo già uno nell’amore. Ringrazio particolarmente voi che avete preparato il terreno perché le grazie di questi giorni potessero cadere”, scriverà Chiara ai Peier.

Ammirevole il modo sincero con cui curano ogni rapporto quotidiano. Anneli: “Ho capito che non doveva importarmi chi fosse il mio prossimo… Ho messo da parte tutte le ricette di psicologia con cui ero solita valutare le persone, per cercare semplicemente di vedere in esse Gesù. I frutti di questo atteggiamento sono stati straordinari”. 

E così Fritz: “Per il mio lavoro in parrocchia questo voleva dire lavorare ancora più intensamente per l’ecumenismo. Anelavo conoscere cosa le nostre chiese hanno in comune”. E vive cercando di attuare la frase della Scrittura “Non abolire, ma dare compimento” (Mt 5,17), che Chiara gli aveva suggerito come programma di vita.

Ammalato gravemente  nel febbraio 2009, Fritz poco prima di morire, esprime il suo desiderio più profondo: “Non smettete di essere una famiglia! L’incontro con ‘l’Amico’ deve essere comunitario”. E al suo vicario ed intimo amico, Peter Dettwiler, alcuni mesi prima aveva detto: “Al mio funerale, dirai semplicemente  che quello che Fritz è stato lo si deve a Dio e alla sua cara moglie.” Quando l’ha detto ad Anneli, Dettwiler ricorda che lei, sorridendo, ha aggiunto: “Quello della moglie lo puoi tralasciare”.

Esattamente un anno dopo suo marito, anche Anneli raggiunge il Cielo all’età di 84 anni. “Amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri” (1Pt 1,22), questa la frase  che Chiara Lubich aveva scelto per lei e che riassume la sua vita.

(Fonte: www.focolare.org

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ZENIT Staff

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