Il Concilio Vaticano II è talmente attuale che è difficile comprendere “perché alcuni possano aver osato suggerire un Vaticano III per completarlo”. Lo ha detto ieri l’arcivescovo spagnolo Justo Mullor Garcia, presidente dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica, già nunzio apostolico in vari paesi, durante una conferenza tenuta presso l’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede.
Il presule ha aggiunto che anche il giorno in cui si dovesse celebrare un nuovo concilio, il Vaticano II non sarà mai un “concilio del passato”, quanto qualcosa di “attuale ed aperto”. Monsignor Mullor ha ricordato che l’ultimo concilio non fu solo pastorale, poiché produsse due costituzioni dogmatiche che diedero luce allo stesso. Tra i frutti del Concilio, l’arcivescovo ha indicato la trasformazione della diplomazia in strumento di dialogo e i movimenti ecclesiali che hanno dimostrato di comprendere il messaggio globale del Vaticano II “fuori dagli schemi conservatori o progressisti, più consoni a politiche contingenti che alla realtà vincolata alla vita religiosa”.
Monsignor Mullor ha poi rievocato numerosi ricordi: “per me e gli altri”, il concilio costituì “una grazia molto particolare e tangibile”. Ciò perché negli anni ’50 molti ecclesiastici e laici “aspettavano dalla Chiesa gesti riformatori e più vicini al Vangelo che certe vecchie tradizioni storiche e sociali”. C’era, ha aggiunto, il desiderio di una Chiesa purificata, poiché il potere mondano è sempre stato una tentazione: più che quella della carne, quella dell’orgoglio.
Definì le sfide che sorsero, come suggerì, ad esempio, l’allora arcivescovo di Milano, il cardinale Montini, che si domandò in pubblico se alcune istituzioni come la diplomazia, con la caduta del potere temporale dei papi, non sarebbero cadute in disuso. La risposta fu geniale: “La diplomazia ecclesiastica, invece di essere un freno alla libertà, potrà sempre aprire le porte al dialogo con tutte le società civili rispettose dei diritti umani”.
Mullor ha precisato che “molti commentatori si sono dimenticati che le due costituzioni dogmatiche del Vaticano II hanno proiettato la loro luce chiarificatrice su tutti gli altri testi ufficiali”. Per questo motivo, ha dichiarato il presule, il Concilio del XX secolo non fu solamente pastorale.
Il presidente dell’Accademia Pontificia Ecclesiastica ha aggiunto che alcuni hanno male interpretato le parole sulla pastorale del Concilio, pronunciate da Giovanni XXIII, quando disse che non avrebbe pronunciato condanne, come successe invece al Concilio di Trento”.
Concludendo queste considerazioni personali sul Concilio Vaticano II, monsignor Mullor ha messo in luce l’esistenza di due attitudini: una ecclesiastica e una laica.
La prima ha dato impulso a nuove realtà pastorali nella Chiesa come la prelatura personale dell’Opus Dei, il movimento dei Focolari, Comunione e Liberazione, il Cammino Neocatecumenale. Tutte realtà nate prima del Concilio, che dimostrarono di comprendere il messaggio globale del Vaticano II “fuori dagli schemi conservatori o progressisti, più consoni a politiche contingenti che alla realtà vincolata alla vita religiosa”.
La seconda è stata l’eco positivo del Vaticano II che generò l’aumento dei rappresentanti diplomatici presso la Santa Sede e di nunzi nei vari paesi, come registrano i dati e come testimoniano diversi ambasciatori e capi di Stato: dalle 19 sedi diplomatiche accreditate presso la Santa Sede all’epoca dell’unità d’Italia e della caduta degli Stati Pontifici, alle 178 di oggi, cui si aggiungono 18 missioni pontificie che, assieme alle delegazioni internazionali, diventano 40.
Tutti gli effetti positivi del Concilio, che rappresentano per la Chiesa “un impulso a vivere i valori fondamentali proposti per il Vangelo”, e che sono oggi una novità positiva a molte latitudini. Senza negare, con questo, situazioni negative come il calo delle vocazioni religiose e l’insensibilità di paesi di tradizione cristiana, che comunque non intralciarono le dinamiche del Vaticano II.
La crisi post-conciliare – ha precisato l’arcivescovo in conclusione – fu causata indubbiamente da forti influenze esterne” e da “settori della chiesa stessa dubbiosi di fronte ai grandi cambiamenti proposti dal Concilio”. Cambiamenti indicati nella Lumen Gentium con la sua chiara e doppia apertura: quella alla santità personale, rivolta a tutti i battezzati, e quella del dialogo con i credenti dell’Antico e del Nuovo Testamento.