I Magi ci insegnano che la fede è la risposta all'Epifania

Le parole dell’Arcivescovo Crepaldi nell’omelia per la celebrazione della Solennità dell’Epifania

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Pubblichiamo di seguito l’omelia pronunciata oggi nella cattedrale di San Giusto dall’Arcivescovo mons. Giampaolo Crepaldi durante la Celebrazione Eucaristica nella Solennità dell’Epifania del Signore.

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Carissimi fratelli e sorelle,

1. San Girolamo così scriveva per spiegare il significato dell’Epifania: “Per designare questo giorno si usa il termine greco epifania. Ciò che noi, latini, indichiamo col termine apparizione oppure manifestazione, i greci lo chiamano epifania. A questo giorno si è dato questo nome proprio perché il nostro Signore e salvatore si è manifestato al pubblico”. La solennità dell’Epifania, infatti, rivela il significato profondo del mistero della nascita del Redentore.

Il Verbo incarnato non è venuto solo per il popolo d’Israele, ma per ogni uomo, rappresentato dai Magi. Ed è sul cammino di fede dei Magi che la Chiesa oggi ci invita a meditare. A questo riguardo, Guerrico d’Igny nel suo quarto Discorso per l’Epifania scrisse: “E’ una seconda nascita che noi oggi celebriamo, fratelli miei. Essa sembra derivare dalla prima come un effetto deriva dalla sua causa. La nascita infatti che noi abbiamo celebrato fino ad oggi, è quella di Cristo; oggi invece noi celebriamo la nostra propria nascita. Nella prima è Cristo che è nato; in questa (che oggi celebriamo) è il popolo cristiano che nasce. Tre cose difatti ci costituiscono cristiani: la fede, il battesimo e la partecipazione all’Eucarestia. Questo giorno che celebriamo ha dato inizio alla fede”(1; SC166, pag. 288).

La fede è risposta all’Epifania, alla Rivelazione che Dio stesso ha fatto di Sé, è risposta alla manifestazione di un “mistero”. Quale mistero viene richiamato e svelato? Questo: la chiamata di tutti gli uomini, di ciascuna persona umana, ad essere in Cristo partecipi della stessa vita divina, senza più nessuna distinzione fra le persone chiamate. Infatti, tutti gli uomini “sono chiamati in Cristo Gesù a condividere la stessa eredità, a formare lo steso corpo”, come scrive San Paolo nella seconda Lettura che è stata proclamata.

Carissimi fratelli e sorelle, il brano del Vangelo di Matteo che è stato letto ci rende avvertiti che all’Epifania, alla Rivelazione, alla manifestazione del mistero di Dio in Gesù sono possibili molteplici risposte.

La prima è quella di Re Erode. E’ la risposta dell’uomo incredulo, alimentata dalla paura di avere in Dio un concorrente che impedisce la realizzazione del proprio potere e del proprio prestigio. Come Erode la pensano ancor oggi tutti coloro che ritengono che Dio sia una specie di ostacolo insormontabile alla propria realizzazione. In questa visione delle cose, si può ben individuare una concezione erronea della propria autonomia e dell’esercizio della propria libertà: per affermare me stesso devo far sparire Dio.

L’esito di questo tragico equivoco è stato opportunamente stigmatizzato dal Beato Giovanni Paolo II nella Lettera Enciclica Dominum et vivificantem, dove scrive al n. 38: “L’ideologia della morte di Dio nei suoi effetti dimostra facilmente di essere, sul piano teoretico e pratico, l’ideologia della morte dell’uomo”. Dopo la risposta di Erode, abbiamo la risposta degli scribi, grandi conoscitori della Bibbia, che vengono interpellati dal Magi con la seguente domanda: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”.

Essi sanno la risposta, ma – la cosa ha qualcosa di paradossale – la loro risposta è contornata e farcita da un’indolente indifferenza. Essi credono a ciò che è scritto, ma non credono in Colui che quelle pagine sante della Scrittura annunciano. L’indifferenza religiosa è una malattia dell’anima e dell’intelligenza che impedisce di coltivare in maniera appropriata le domande di fondo che riguardano l’esistenza.

E’ quello che succede al giorno d’oggi, quando un conformismo culturale, asfissiante e asfittico, censura in maniera pervasiva la domanda su Dio, quella domanda, straordinaria e liberante, formulata dai Magi: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?”. Poi abbiamo la risposta dei Magi: è la risposta della fede, di una fede umile e coraggiosa, perché nata da una ricerca prolungata (“vennero da oriente a Gerusalemme”), da una ricerca motivata razionalmente (“abbiamo visto spuntare la sua stella”), da una ricerca piena di passione coinvolgente (“provarono una gioia grandissima”).

Quando e dove finisce quella esemplare ricerca? Il Vangelo proclamato racconta che i Magi “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. Ecco i Magi, maestri e catechisti della fede, a insegnarci che la fede è appunto un pieno e adorante abbandono a Dio “liberamente prestandogli l’ossequio dell’intelletto e della volontà e assentendo volontariamente alla rivelazione che egli fa” (Dei Verbum n. 5).

Carissimi fratelli e sorelle, l’episodio evangelico della visita dei Magi a Gesù Bambino è la manifestazione di una grande e consolante verità: Cristo è l’unico Salvatore e la sua salvezza è destinata a tutti gli uomini. Per questo motivo e giustamente si lega la solennità dell’Epifania alla dimensione missionaria dell’essere e dell’operare della Chiesa.

A questo proposito, vogliamo oggi ricordare con gratitudine e nella preghiera i sacerdoti e cattolici triestini che sono in missione in tutto il mondo: don Piero Primieri in Kenya, don Marino Trevisini in Finlandia, don Giorgio Parenzan in Perù e le numerose famiglie neocatecumenali presenti ormai in tutti i continenti.

Tuttavia, la missionarietà cristiana non è solo quella testimoniata da questi fratelli e sorelle lontani da noi. C’è una missionarietà ecclesiale da vivere anche qui a Trieste, una missionarietà che va rivolta a quanti sono lontani dalla fede e a quanti la cercano. A questi amici va annunciato, con dolcezza e convinzione, il Signore Gesù, quel Signore rifiutato da Erode, ignorato dai sapienti, ma cercato, trovato, amato e adorato dai Magi. E come i Magi, quando questi amici troveranno il Signore troveranno anche le stagioni pacificate della gioia del vivere.

Alla Madonna rivolgiamo questa fiduciosa invocazione: come ha presentato Gesù Bambino all’adorazione dei pastori nella Notte di Natale, come lo ha presentato all’adorazione dei Magi, così La preghiamo di presentarLo ogni giorno anche a noi, Lui che è il nostro Salvatore, Lui che è il Salvatore di tutti.

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ZENIT Staff

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