Raccontare l’anelito di spiritualità, ascolto, fiducia e silenzio che i giovani, incontrati nella propria esperienza di monaco, testimoniano ad ogni latitudine. In concomitanza con l’incontro europeo previsto dal 28 dicembre al 2 gennaio a Roma, frère Alois di Taizé, alla guida della comunità ecumenica dalla morte del fondatore frère Roger (2005), affronta nel suo nuovo libro – con diversi registri, che vanno dall’approfondimento storico al consiglio spirituale – i richiami ad una maggior radicalità cristiana e ad un confronto fecondo tra fede e mondo contemporaneo. Pellegrini di fiducia. Il cammino di comunione seguito a Taizé (EMI, pp. 128, euro 10) è il titolo del nuovo libro di frère Alois.
Silenzio, ascolto della Parola di Dio, preghiera comune, servizio ai poveri, anelito e impegno per la riconciliazione: sono questi i «pilastri» della spiritualità di Taizé che vengono qui riproposti nel loro ancoraggio alla Scrittura e alla Tradizione cristiana indivisa e che si rifà ai grandi testimoni della fede. Alois offre numerosi spunti concreti a quanti vogliano praticare un cristianesimo eloquente per nella nostra epoca: «Sviluppare reti di assistenza reciproca; favorire un’economia solidale; accogliere gli immigrati; muoversi per capire dal di dentro culture diverse; suscitare gemellaggi fra città, villaggi, parrocchie per aiutare coloro che sono nel bisogno; utilizzare consapevolmente le nuove tecnologie per creare dei legami di sostegno …».
Basandosi sul pensiero di frère Roger, che voleva Taizé come un luogo di profezia per l’unità dei cristiani, Alois (tedesco di nascita, francese di lingua) ricorda il legame inscindibile tra Taizé e il Concilio: «Quello che viviamo a Taizé oggi sarebbe impensabile senza la realtà del Concilio. Più personalmente: se, da ragazzo cattolico di 16 anni, sono potuto andare a Taizé nel 1970 e approfondire la mia fede con cristiani di diverse confessioni, è stato grazie al Concilio Vaticano II».
Reduce dal recente Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, in cui era invitato come «esperto», Alois ricorda i grandi amici intellettuali di Taizè: il teologo ortodosso Olivier Clément, per il quale «l’insistenza di frère Roger sull’amore di Dio ha segnato la fine del periodo in cui si temeva un Dio che punisce»; il filosofo protestante Paul Ricoeur, che scrisse della comunità già nel1947, a pochissimi anni dalla sua fondazione; i fortissimi legami con diversi pontefici: Giovanni XXIII, che per frère Roger era nientemeno che «il fondatore di Taizé»; Giovanni Paolo II, «sulle cui parole quando venne a Taizé (1986) non smettiamo di meditare»; e Benedetto XVI, che incontrerà i giovani e la comunità a Roma il 29 dicembre. Sulla falsariga del papa, anche frère Alois afferma: «Oggi la fede in Dio è sempre più spesso messa in discussione, soprattutto nel mondo occidentale. Il semplice pensiero che Dio esista sembra diventare più difficile».
Di fronte a questa situazione i cristiani hanno il compito – sottolinea frère Alois – di ribadire che «ogni essere umano è sacro a Dio. Cristo ha aperto le braccia per raccogliere tutta l’umanità in Dio». Può essere allora prezioso guardare ancora all’esempio di frère Roger, caduto per mano violenta durante la preghiera serale nella chiesa della Riconciliazione della comunità in Borgogna. Ricorda Alois: «Un giovane spagnolo si precipitò per intervenire. Notò un’espressione di dolore sul viso di frère Roger che si voltava per guardare chi l’aveva colpito. E il giovane vide che, prima di perdere conoscenza, lo sguardo di dolore di frère Roger si trasformava in uno sguardo d’amore e di perdono».