Calasanzio: il pioniere della scuola pubblica (Prima parte)

La santità del “Patrono di tutte le scuole popolari del mondo”

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Il sacerdote Giuseppe Calasanzio (1557-1648) è canonizzato il 16 luglio 1767 da Clemente XIII ed è proclamato “Patrono di tutte le scuole popolari del mondo” il 13 agosto 1948 da Pio XII.

La Chiesa cattolica presenta ai propri fedeli Calasanzio come modello di santità da imitare, avendo vissuto le virtù in modo eroico.

Ogni cristiano, sia egli presbitero, religioso o laico, è chiamato a essere santo, come ricorda il Concilio Vaticano II: “Il signore Gesù, Maestro e Modello divino di ogni perfezione, a tutti e ai singoli suoi discepoli di qualsiasi condizione ha predicato la santità della vita, di cui Egli stesso è autore e perfezionatore: ‘Siate dunque perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste (Mt 5,48)’”[1].

E’ legittimo domandarsi in quale misura la vita di un uomo del Rinascimento può essere presa a modello dall’uomo di oggi, che vive nell’epoca della scienza e della tecnica, dominata dai processi di globalizzazione informatica e economica.

Paolo VI, in un appunto autografo in cui sintetizza in poche righe la vita del santo, scrive: “esempio di pazienza”.

Il termine patientia deriva da patiens, participio presente di pati, che significa “soffrire, sopportare”[2].

Paziente è colui che “porta su” di sé dei “pesi” esistenziali senza ribellarsi.

La virtù della pazienza caratterizza tutta la vita di Calasanzio, come testimonia la biografia scritta da Carlo Cremona, intitolata Giuseppe Calasanzio. Vita avventurosa del Santo inventore della scuola per tutti[3].

Calasanzio fonda, più di trecento anni fa, le prime scuole popolari, pubbliche e gratuite d’Europa.

La sua opera educativa, anche se incoraggiata da Clemente VIII e Pio V, è stata osteggiata fortemente da uomini di Chiesa, che non scorgevano in essa il soffio dello Spirito Santo. Scrive in proposito Cremona: “Un uomo incredibilmente perseguitato nella sua opera, non da malvagi oppositori del bene per mestiere, ma da chi ufficialmente rappresentava il bene”[4].

Di fronte alle ingiuste persecuzioni il sacerdote “rispetta i suoi aguzzini (così detti uomini di Chiesa) sino al limite della sua coscienza , quasi come collaboratori e benefattori”[5].

Il credente Calasanzio sa che “tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo saranno perseguitati”[6], ma è anche consapevole che “a chi teme il Signore non accadrà alcun male, ma, se è messo alla prova, ne sarà di nuovo liberato”[7].

La vita dei santi è spesso contrassegnata da incomprensioni e ostilità che si manifestano all’interno della Chiesa. E’ nota, ad esempio, la vicenda di Padre Pio, fortemente osteggiato da Padre Gemelli, che considerava le stigmate presenti nel corpo del francescano come un fenomeno di carattere isterico.

Calasanzio è fermamente persuaso della necessità di obbedire ai superiori costituiti dalla Chiesa, indipendentemente dalle loro qualità. Il sacerdote infatti “raccomandava ai suoi, a tutti, ma soprattutto ai suoi, obbedienza ai superiori costituiti  (prapositis vestris …, qualunque ne fosse la moralità)”[8].

Calasanzio è stato sempre obbediente alla Chiesa, anche quando, come vedremo, l’Ordine degli Scolopi da lui fondato viene soppresso da Innocenzo X.

Il termine oboedientia deriva da oboediens participio presente di oboedire, composto da ob, che significa “nella direzione di, verso, contro, in vista di, di fronte a”, e audire “ascoltare”[9]; colui che obbedisce è in atteggiamento di “ascolto” di fronte a qualcuno, al quale viene riconosciuta un’autorità.

L’obbedienza è strettamente connessa con la pazienza; solo infatti chi è capace di soffrire può obbedire a qualsiasi comando. Gesù infatti, in quanto uomo, “imparò […] l’obbedienza dalle cose che patì”[10].

La virtù dell’obbedienza è stata vissuta dal santo in massimo grado e Cremona, nella sua opera biografica, mostra con molta chiarezza come tutta l’esistenza di Calasanzio sia stata connotata da questa virtù.

Calasanzio, fin da giovane, rispetta l’autorità dei genitori, in particolare del padre, al quale chiede sempre il consenso riguardo ai suoi progetti per il futuro[11].

Consegue il dottorato in Teologia con l’approvazione del padre, ma quest’ultimo si oppone, in un primo momento, alla sua scelta di diventare presbitero.

Il santo, pur sapendo che si deve “obbedire a Dio piuttosto che agli uomini”[12] e che la sua scelta è irrevocabile, ottiene il consenso paterno con uno stratagemma, che è l’espressione della sua sensibilità spirituale. Scrive Cremona: “Un giorno José cominciò a sentirsi male…

E quel male, secondo le diagnosi dei medici che non ci capivano granché, si aggravava di giorno in giorno .

Don Pedro [il padre] gli prestava tutte le cure; angosciato e spesso in lacrime, si aggirava intorno al capezzale del figlio.

Un giorno Don Pedro si sentiva ancora più prostrato, in preda ad angosciose previsioni.

José cercò di rincuorare il padre ad accettare la volontà di Dio.

Lo vide piangere dirottamente…

Si fece coraggio e gli disse:

– Mettiamo il buon Dio alla prova … che io ti muoia o che sia un buon sacerdote: che preferisci?

– Figlio mio, che tu sia un buon sacerdote! E con tutte le mie benedizioni… Se piacesse a Dio, sia fatta così la sua volontà…

Parve all’istante, che sul volto del malato la vita rifiorisse.

Effettivamente, il medico constatò: la crisi era passata.

In pochi giorni José riprese le sue forze e il padre era felice di saperlo un valoroso soldato al servizio di Cristo. Ora, con la benedizione del padre, aveva via libera verso l’altare”[13].

Calasanzio è obbediente, anzitutto, allo Spirito Santo, che agisce spesso tramite gli uomini (la causa prima agisce tramite le cause seconde) e quando il suo vescovo Andrea Cipolla gli propone di “andare a Roma […], soggiornarvi e poi tornare […] con una bella prelatura canonicale”[14], acconsente.

*

NOTE

[1] Concilio Vaticano II, Lumen Gentium, 40.

[2] Cfr. Vocabolario della Lingua Italiana, vol.III, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1989, pp.745-746.

[3] Cfr. C.Cremona, Giuseppe Calasanzio. Vita avventurosa del Santo inventore della scuola per tutti, Prefazione di G. Andreotti, Piemme, Casale Monferrato 2000, pp.238.

[4] Ibidem, p.22.

[5] Ibidem, p.21.

[6] 2 Tim 3,12

[7] Sir 33,1

[8] C. Cremona, op. cit., Il corsivo è nel testo. Così anche in seguito, p.209.

[9] Cfr. Vocabolario della Lingua Italiana, vol. IV, cit., p.1022.

[10] Eb 5,8

[11] Cfr. C. Cremona, op.cit., pp.24-37.

[12] Atti 4,19

[13] C. Cremona, op.cit., pp.36-37.

[14] Ibidem, p.58.

(La seconda parte verrà pubblicata sabato 5 gennaio)

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Maurizio Moscone

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