"Una luce che viene dall'alto, che porta la letizia"

Omelia di monsignor Camisasca nella Solennità del Natale

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Monsignor Massimo Camisasca ha celebrato il suo primo Natale come vescovo della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. Proponiamo di seguito il testo dell’omelia che il presule ha tenuto il giorno del Natale durante la Messa celebrata nella tensostruttura di Guastalla.

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Carissimi fratelli e sorelle,

voglio esprimere innanzitutto la gioia di essere qui con voi per il mio primo incontro con la comunità di Guastalla proprio nel giorno del santo Natale.

La Chiesa oggi ci fa celebrare tre sante Messe: nella notte, all’aurora e nel giorno. Queste tre liturgie possono essere paragonate al dischiudersi di una vita nuova, che nasce nel silenzio e nel nascondimento. A una luce quasi impercettibile nella notte, poi aurorale e, infine, manifesta. A una gioia che all’inizio sembra ancora sepolta dalle preoccupazioni, ma poi diventa sempre più grande, fino a manifestarsi a tutto il mondo. Così accade sempre per le opere di Dio. Dio è nato al mondo dentro la vita ordinaria di un piccolo paese, tra l’indifferenza dei più. Dio è venuto tra noi mentre ciascuno continuava la sua vita quotidiana, le sue abitudini di lavoro tra le occupazioni e le preoccupazioni di sempre.

Così nasce Dio: non in modo violento, imponendosi con la forza o la maestosità delle forme, ma a poco a poco, come un fiore nuovo che spunta dalla terra. Sembra uno dei tanti, uno dei tanti bambini. Ben presto scopriremo che egli, pur rimanendo uno tra milioni di uomini, è nello stesso tempo portatore di una vita originale e nuova. Affascinati dalla sua parola, dal suo sguardo e dalle sue azioni, a Lui guarderanno i popoli, colpiti dalla promessa contenuta nelle sue parole e nella sua bellezza.

Quel fiore, quella radice di Iesse (Is 11,1.10), diventerà un albero sui cui rami si poseranno gli uccelli del cielo (cfr. Mt 13,32), cioè generazioni e generazioni di uomini e di donne.

Le due parole, le due esperienze che maggiormente ritroviamo nella liturgia delle tre Messe di Natale, sono la luce e la gioia. Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce… Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia (Is 9,1-2). Se entriamo anche noi, condotti dalle letture e dalla Liturgia, in tali esperienze, comprendiamo il dono del Natale per la nostra esistenza.

La luce. Quella di Natale, come abbiamo sentito dal profeta, è una luce nella notte. Nel buio del mondo, nel buio della nostra esistenza, della nostra incredulità, delle nostre angosce, della nostra solitudine (penso in questo momento ai terremotati, di cui l’impossibilità a celebrare questa Messa in Cattedrale è come un segno), brilla la luce per iniziativa di Dio. Improvvisamente, come un suo dono di grazia, proprio quando la notte è maggiormente oscura si possono notare le stelle che brillano. La luce a Betlemme irrompe improvvisamente. Avvolge i pastori. È una luce che viene dall’alto, che porta la letizia, rivelando la straordinaria positività dell’annuncio. È un chiarore caldo che si pone nella notte fredda dell’inverno come una fonte di speranza. Dio è luce: è fonte di conoscenza e di giudizio. I medievali dicevano: fides, mundi lumen. La fede è una luce che illumina la vita. Quel bambino è una luce che illumina la vita. Egli, crescendo, risponderà alle grandi domande che segnano la vita di ogni uomo: da dove vengo? Dove vado? Cosa è bene e cosa è male? Come ottenere la vita che non passa? Le risposte le ha date con le sue parole, ma soprattutto con la sua esistenza. Se noi viviamo con Gesù, a poco a poco entra dentro di noi una capacità di orientamento e di giudizio anche nelle cose quotidiane. Essa non ci preserva certo dall’errore, ma non ci lascia mai soli e ci aiuta a cercare la correzione nella vita e nell’insegnamento dei fratelli di fede.

La gioia. Il Natale, come abbiamo sentito, è anche la festa della gioia. Una gioia pacata, quasi appena accennata, fatta di stupore e di silenzio. Proprio questa pacatezza e questo silenzio ci fanno assaporare una gioia molto ben fondata, sicura, che viene da Dio. La gioia di Maria, che riempie il suo cuore di letizia confrontando quello che dicevano i pastori con quello che aveva letto nella Sacra Scrittura.

Alcuni Padri della Chiesa hanno visto nei legni della capanna i legni della croce. Noi domani celebreremo la festa di Santo Stefano, primo martire. La gioia di Betlemme è

consapevole delle avversità, delle difficoltà. È una letizia capace di sostenere la vita anche nel dolore e nella fatica.

Auguro a tutti voi di vivere questi giorni di festa come occasione privilegiata per godere della luce e della gioia che vengono da Cristo, per lasciarvi riempire e insegnare da esse, così che possano guidarvi e accompagnarvi per tutto l’anno che verrà.

Amen.

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ZENIT Staff

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