"La nostra natura umana è stata assunta dalla persona del Verbo"

Omelia del cardinale Caffarra durante la Santa Messa del giorno del Natale

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Riprendiamo il testo dell’omelia del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, tenuta martedì 25 dicembre durante la Santa Messa del giorno per la Solennità del Natale del Signore, celebrata alle ore 17.30 nella Cattedrale di San Pietro. 

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1. «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo». Questo invito è rivolto ad un popolo che non stava vivendo un momento facile. Rientrato dall’esilio, si trovava di fronte un paese in rovina: dal punto di vista economico, istituzionale, politico.

Sulla base di che cosa il profeta rivolge un tale invito? «Perché il Signore ha consolato il suo popolo». Quando la S. Scrittura parla di “consolazione”, non dà a questa parola quel significato estenuato che ha nel nostro linguaggio. Non raramente la consolazione umana si riduce all’invito a convivere psicologicamente con le proprie miserie; in fondo, a rassegnarsi.

Nella S. Scrittura “consolazione” denota un intervento di Dio stesso, teso a cambiare realmente la condizione della persona o del popolo. Il profeta può esortare le rovine di Gerusalemme – il popolo cioè spiritualmente ridotto in macerie – a prorompere in canti di gloria, perché ha la certezza che Dio è intervenuto, e sta intervenendo per ricostruire il suo popolo. E può sentire coloro che vegliano sulla città, gridare di gioia «poiché vedono con i loro occhi il ritorno del Signore in Sion».

Cari fratelli e sorelle, la pagina profetica è una prefigurazione del fatto che oggi celebriamo. Dio ha consolato il suo popolo, mostrando già al profeta che questa consolazione era l’immagine di una ricostruzione ben più grandiosa. Quale ricostruzione?

Avete sentito la preghiera con cui abbiamo dato inizio a questa celebrazione. Essa, rivolgendosi a Dio, diceva: «in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti».

E’ la persona umana, l’unica creatura che Dio ha voluto per se stessa, che ha bisogno di essere rinnovata, e come ricostruita. Le rovine di cui parla il profeta sono in realtà le rovine dell’umanità nel suo insieme e di ciascuno di noi. Che cosa ha rovinato l’uomo e in ogni momento può farlo? Ce lo rivela il Vangelo: «la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta».

Esiste nell’uomo la possibilità di impedire che la luce di Dio, la luce per cui fiorisce la vita, entri nelle sue scelte. E’ come se la persona umana decidesse di rinchiudersi dentro una casa priva di finestre, impedita di ricevere luce dal sole, vivendo di luce artificiale prodotta dall’uomo. Quando questo accade?

Quando la persona eleva la sua ragione a misura unica ed esclusiva della realtà, e ritiene se stesso come arbitro inappellabile di ciò che è bene/di ciò che è male, rifiutando di riconoscere l’esistenza di un ordine morale che precede la libertà.

Faccio due esempi. E’ sempre più condivisa la convinzione che il matrimonio non sia un’istituzione fondata su e definita da dati obiettivi, naturali, che precedono ogni legislazione umana circa il medesimo. Esso è considerato una semplice produzione culturale, a disposizione del consenso delle maggioranze parlamentari.

Il secondo esempio. Si è ritenuto che la razionalizzazione dei sistemi produttivi fosse solo di carattere tecnico. Fosse solo un problema di ingegneria finanziaria di apertura di mercati, di riforme istituzionali, dimenticando o escludendo ogni riferimento ad un ordine morale intrinseco al sistema economico. Il risultato lo abbiamo constatato e lo stiamo costatando ogni giorno, in termini di grave malessere sociale ed umano.

«La luce splende nelle tenebre»: l’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, porta sempre inscritte nel suo cuore le fondamentali norme della legge morale naturale. «Ma le tenebre non l’hanno accolta»: l’uomo non ha lasciato che questa verità splendesse in se stesso, attribuendosi il potere di plasmare arbitrariamente la propria coscienza, se stesso, e la società in tutte le sue espressioni.

2. «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine» dell’uomo, ci dice il profeta. Per quale ragione? Perché «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi…pieno di grazia e di verità»; perché «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo».

E’ Dio stesso che è venuto a riscostruire le nostre rovine, a tirarci fuori da quella casa senza finestre in cui viviamo solo di luce artificiale.

Questa ricostruzione accade in due momenti. Il primo è costituito dal mistero che oggi celebriamo. La nostra natura umana è stata assunta dalla persona del Verbo – Dio, così  che Questi è veramente uomo: è il vero uomo. In questo modo mostra in tutta verità chi siamo, e quale senso ha la nostra vita. Oggi quindi è posta la pietra angolare della ricostruzione delle nostre rovine: la nostra umanità assunta dal Verbo.

Il secondo momento è che noi, ciascuno di noi si stringa a Lui, al Dio fatto uomo, mediante la fede ed i sacramenti. «Il legame a Cristo ci rende liberi; e coloro che Egli stringe, sono sciolti» [S. Ambrogio, Commento a dodici Salmi, Salmo XLV, 17; BA8, 212]. E’ la fede che apre la nostra ragione alla luce che dona la vita, e quindi salva la nostra ragione; sono i sacramenti che ricostruiscono la nostra esistenza, perché ci donano la vita.

Sì, veramente, oggi «il Signore ha snudato il suo santo braccio davanti a tutti i popoli; tutti i confini della terra» possono oggi vedere «la salvezza del nostro Dio».

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ZENIT Staff

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