Un saluto che è un annuncio

Meditazione quotidiana sulla Parola di Dio

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ROMA, venerdì, 21 dicembre 2012 (ZENIT.org).

Lettura

Il brano del Cantico dei cantici ci presenta lo “sposo” che, rimasto lontano durante l’inverno per pascolare il gregge, ora torna con la primavera. Nel Vangelo di oggi Maria “si alza” e va verso la città montana dove abita Elisabetta. Nella traduzione italiana si perde purtroppo il significato di “risorgere” che appartiene al verbo originale, e che in sintonia con le suggestive immagini del cantico, dà un colore pasquale a tutto il testo.

Meditazione</strong>

Maria si alza e va dalla cugina perché questa è la fisionomia profonda del dono di Dio: quello di contenere in sé il desiderio e l’esigenza di essere comunicato! In tal modo l’annuncio, che è proprio dell’angelo, diventa un fatto umano! L’uomo fa sua l’azione divina e la traduce in un gesto semplice come un saluto. Maria «salutò Elisabetta». Sembra quasi che l’evangelista voglia dirci che non si può disgiungere l’importanza di ciò che viene annunciato dal fatto stesso del saluto. E al v. 41 “insiste”: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria». Sino ad oggi e sino a noi si è trasmesso il saluto di Dio all’umanità. Il saluto dell’Angelo è l’atto nuziale tra Dio e l’umanità nella casa di Nazaret. Esso si ripresenta nella casa di Elisabetta. Ed è bellissimo che a cogliere e ad accogliere il saluto fecondo sia subito il bambino che Elisabetta porta nel grembo. Poi, anche lei «fu colmata di Spirito Santo». È lo Spirito Santo la vera grande sapienza divina donata ora anche all’uomo. Elisabetta, infatti, afferma due cose insieme: da una parte il riconoscimento dell’evento divino e della sua fecondità in Maria: «Benedetta tu…»; dall’altra, il coinvolgimento di Elisabetta stessa nell’evento! La meravigliosa espressione: «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?», delinea una reazione così forte da porsi ormai come la risposta di chiunque venga visitato dalla buona notizia. Ciò avverrà sempre attraverso una mediazione “materna”, l’annunciatore sarà sempre come un grembo materno. Anche Paolo ricorderà in questo modo il suo ufficio apostolico, come una generazione, magari nel dolore, come è dei dolori del parto, e come è stato nel dolore della Croce. Ed Elisabetta interpreta il “sussulto” del suo bambino come un esultare di gioia! Ma tutto questo deriva dalla potenza dell’umile atto di fede che si è celebrato a Nazaret! Cosa dice a me ora la prontezza di Maria nel servire ed essere ancella? Come Maria ed Elisabetta, so percepire la presenza di Dio nelle cose semplici della vita? Elisabetta elogia Maria: «Hai creduto», suo marito Zaccaria esitò nel credere ciò che l’angelo diceva. Ed io?

Preghiera

«O Emmanuele, nostro re e legislatore: vieni a salvarci, Signore nostro Dio».

Agire

Per essere portatore di gioia e di Spirito Santo, prima di incontrare qualcuno, oggi voglio fare nella preghiera un’esperienza di Dio.

Meditazione del giorno a cura di padre Celeste Cerroni, M.S. (Missionari de La Salette), tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it

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ZENIT Staff

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