Maria "Generosa Socia" del Redentore

La conferenza di mons. Dal Covolo nell’ambito dei “Sabati Mariani”

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ROMA, mercoledì, 5 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito la prima parte del testo della conferenza tenuta sabato 1 dicembre dal rettore della Pontificia Università Lateranense, monsignor Enrico dal Covolo, nell’ambito del cicolo di conferenze “Sabati mariani”, dal titolo “La catechesi mariologica dalla Lumen Gentium al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica”.

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Il tema di Maria “associata” a Gesù Cristo non è certo nuovo nella catechesi postconciliare. Per limitarci alla Chiesa italiana, è sufficiente ricordare il n. 90 del documento di base per Il rinnova­mento della catechesi, riconsegnato alla comunità ecclesiale nella Pasqua del 1988.

Maria, vi si legge, è “unita in modo ineffabile al Signore”, lei, “che nella Chiesa santa oc­cupa, dopo Cristo, il posto più alto e il più vicino a noi […]. Ella è pienamente conformata con il Figlio suo, Signore dei dominanti, vincitore del peccato e della morte”, mentre “riunisce per così dire e riverbera in sé i massimi dati della fede e chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all’amore del Padre […]. La catechesi”, conclude il medesimo paragrafo, “deve continuamente collegar­la [la santa Vergine] con il mistero di Cristo e della Chiesa, in lei già pienamente compiuto, e de­ve guidare i fedeli a comprendere e vivere, nella devozione alla Madonna, quel medesimo miste­ro”. Perciò “la catechesi mariana deve copiosamente attingere all’insegnamento proposto dal Con­cilio Vaticano II e dal più recente magistero”. […]

Nella catechesi postconciliare il tema di Maria “associata” a Gesù Cristo e alla sua Chiesa appare come uno sviluppo coerente delle scelte mariologiche operate dal Vaticano II.

Com’è noto, non si trattò affatto di scelte pacifiche. Tanto per cominciare, un numero rilevante di Padri conciliari avrebbe preferito che di Maria si parlasse in un documento autonomo. Al contrario, altri Padri insistevano perché la ri­flessione mariologica del Concilio venisse inglobata nella Costituzione sulla Chiesa. La seconda posizione riuscì vincente, ma di strettissima misura: su 2193 votanti, 1074 si pronunciarono a fa­vore dello “schema autonomo”, 1114 a favore del “testo inglobato”, e 5 schede risultarono nulle. Come si vede, la differenza dei voti fu realmente minima, e forse è questo uno dei casi in cui si può dire che sul piatto della bilancia pesò lo Spirito Santo. A partire da quella decisione concilia­re, infatti, la “segnaletica” di ogni corretto itinerario mariologico era definitivamente tracciata.

Da quella storica votazione del 29 ottobre 1963 apparve evidente che non si poteva parlare in modo adeguato della Madre di Dio se non nel contesto dei misteri di Cristo e della sua Chiesa, e che nella catechesi non si poteva annunciare Maria senza “associarla” a Gesù.

Secondo il padre E. Toniolo, “socia del Redentore” sarebbe addirittura  il tema mariologico fondamentale del Vaticano II: “L’intima associazione della Madre Vergine al Figlio redentore”, egli afferma, “è il filo d’oro che percorre l’esposizione dottrinale del Capitolo VIII della Lumen Gentium […]. Per la sua spontanea e continuata consacrazione all’opera della salvezza”, Maria “agi­sce come ‘generosa compagna del tutto eccezionale’ (LG 61) del divino Redentore, impegnando tutta se stessa – azioni intenzioni e comportamenti – per la stessa sua causa”.

Pertanto l’illustre mariologo ha visto in un inciso della “solenne professione di fede” pro­nunciata da Paolo VI il 30 giugno 1968 (“[Maria è] unita con un vincolo stretto e indissolubile al mistero dell’Incarnazione e della Redenzione”) il compendio di ciò che il Concilio aveva più dif­fusamente trattato nella LG.

Le scelte conciliari – riprese dai successivi documenti del Magistero e recepite nel DB – hanno trovato significativi riscontri nella catechesi italiana, segnatamente nel Catechismo degli Adulti promulgato il 2 febbraio 1981 dal Presidente della Conferenza Episcopale.

Verso la conclusione del capitolo 28, intitolato Vergine Madre, figlia del tuo figlio!, il CdA afferma: “Maria è la prima e più fedele imitatrice di Cristo. I misteri di suo Figlio aderisco­no in maniera così profonda alla sua vita da rendere la vita di Maria lo specchio della vita di Gesù”.

Di fatto l’intero capitolo riflette puntualmente gli orientamenti fondamentali della cate­chesi mariologica postconciliare. Essi non intendono lasciare tra parentesi i privilegi eccezionali di Maria, ma sono molto attenti a non collocare la Vergine Madre di Dio “al di fuori della storia”. Essa è “una di noi”, scrive ancora il CdA, “che ha fatto esperienza piena della salvezza”.

La sollecitudine della catechesi è che Maria – salvi restando i suoi privilegi –  continui ad essere sentita dai fedeli come un “modello reale”, veramente imitabile.

Ma come salvaguardare le due istanze, entrambe irrinunciabili e pur dialettiche tra loro – da una parte quella di illustrare gli eccezionali privilegi della Madre di Dio, dall’altra quella di rappresentare Maria di Nazaret come “una di noi”?

Negli scorsi anni Settanta-Ottanta il problema ha trovato una soluzione importante, e per molti aspetti insuperata, nella catechesi mariologica che  si snoda dal capitolo ot­tavo della LG lungo i sei volumi del Catechismo per la vita cristiana, di cui il CdA rappresenta il punto di arrivo. Tale soluzione consiste precisamente nel raffigurare Maria a tal punto “associata” a Cristo, da esserne “la prima e più fedele imitatrice”. “L’umanità”, recita infatti il CdA, “ha rag­giunto in Maria il massimo della sua possibilità di cooperazione al progetto di Dio. Perciò essa [Maria] resterà per sempre il modello della Chiesa”.

Nella medesima prospettiva, quelli che sembrano i privilegi irripetibili di Maria – Madre di Dio, sempre vergine, immune da ogni peccato e tutta santa, assunta in cielo in corpo e anima – vengono riletti come altrettante mète, verso cui la Chiesa intera ed ogni credente sono incammi­nati. “In lei, Madre di Cristo, prima discepola del Figlio e Madre della Chiesa”, si legge ancora nel CdA, “si riassumono i secoli passati e prendono avvio quelli futuri fino all’avvento definitivo del Regno”.

Ho richiamato alcune pagine del CdA perché a mio parere esse rappresentano un “caso ma­turo” di catechesi mariologica postconciliare, che gli estensori del Catechismo della Chiesa Cattolica non hanno mancato di va­lorizzare.

Ma bisogna subito aggiungere che tra la pubblicazione del CdA e quella del CCC sono in­tercorsi più di dieci anni, segnati da eventi di grande rilievo per la mariologia. Alludo in partico­lare alla promulgazione dell’Enciclica Redemptoris Mater (1987) e della Lettera apostolica Mulieris Dignitatem (1988), nonché alla celebrazione dell’Anno Mariano (7 giugno 1987 – 15 agosto 1988): tutti eventi che certamente hanno influenzato – in quale misura è difficile precisarlo – lo sviluppo della catechesi mariologica postconciliare.

Per usare un’espressione sintetica di suor A. Deleidi, possiamo accennare al fatto che la prospettiva mariologica della MD ha portato a sviluppo le scelte inaugurate dal Vaticano II, e ha accentuato “il ruolo di Maria come presenza attiva ed operante nella storia della salvezza, sottoli­neato dalla Redemptoris Mater”.

Proprio dal contesto ora evocato emerge la proposta catechetico-mariologica del CCC, che ripropone il tema della Vergine “associata” a Gesù in continuità con i documenti conciliari e con le elaborazioni catechistiche fin qui considerate.

* Il testo integrale della relazione è disponibi
le al seguente link:
http://www.zenit.org/article-34339?l=italian

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ZENIT Staff

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