Albino Luciani nei ricordi di un suo conterraneo

Mons. Giuseppe Andrich, vescovo di Belluno-Feltre, ricorda Giovanni Paolo I

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di Włodzimierz Rędzioch

ROMA, mercoledì, 5 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Albino Luciani nacque il 17 ottobre del 1912. Sono quindi cento anni dalla nascita di colui che viene ricordato come il Papa “sorriso di Dio”. La vita di Giovanni Paolo I non verrà ricordata solo per il suo breve pontificato, perchè Albino Luciani è stato un uomo, un parroco, un sacerdote ed un vescovo straordinario. Le sue virtù, il suo ottimismo, la sua fede, la sua gioia nel comunicare la buona novella, lo porteranno agli onori degli altari. Per ricordare un così grande uomo, ZENIT ha intervistato monsignor Giuseppe Andrich, conterraneo di Albino Luciani, attuale vescovo di Belluno-Feltre.

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Eccellenza, lei è nato a Forno di Canale, paese natale del futuro papa Giovanni Paolo I. Quando ha conosciuto Albino Luciani?

Mons. Andrich: Prima di conoscerlo, sentivo parlare di lui. Nel paese si diceva: “Don Albino ha fatto questo”, “Don Albino ha detto questo” ecc. Quando lui era ancora giovane prete la gente l’ho vedeva con un fascino particolare e quello che diceva e faceva aveva una grande autorevolezza. Quando servivo la Messa ho conosciuto don Albino proprio in chiesa. Lui arrivava presto in chiesa e pregava, poi celebrava la Messa. Mi ricordo un particolare: lui nelle sue prediche praticava moltissimo il riferimento a pitture e a sculture presenti in chiesa. Don Luciani è stato anche il mio insegnante: insegnava nel seminario di Belluno tante materie tra cui la storia dell’arte che coltivava con molta passione.

Fino a quando don Luciani rimase a Forno di Canale?

Mons. Andrich: A Canale rimase fino alla fine del 1935, per alcuni mesi, da prete novello, fece qui il vicario parrocchiale. Poi passò con lo stesso ministero nella importante parrocchia di Agordo. Quindi educatore e insegnante nel seminario di Belluno. Veniva a Canale per fare visita ai suoi e per vacanza. Una volta rimase qui più a lungo perché era convalescente. È diventato vescovo di Vittorio Veneto alla fine del 1958, cioè nell’anno dell’elezione di Giovanni XXIII. Era la scelta del nuovo Papa che lo conosceva bene e che ha voluto consacrarlo personalmente a San Pietro. In quellaoccasione sono andato per la prima volta a Roma.

E’ riuscito a rimanere in contatto con mons. Luciani?

Mons. Andrich. Quando mons. Luciani tornava nel nostro paese, avevo modo d’incontrarlo. Quando sono diventato prete mi ha mandato un suo bigliettino d’augurio. L’ho rivisto anche quando ero a Roma a studiare e andavo a trovare il mio vescovo presente per le riunioni dell’Episcopato: mi ha chiesto le informazioni circa i miei studi. Invece quando dopo la sua elezione a Papa sono andato con una delegazione da Lui, ha avuto per me le parole molto affettuose.

Ognuno di noi si forma nella famiglia e nell’ambiente della comunitàdove nasce e cresce. Come si è formato l’uomo Luciani in queste valli delle Dolomiti?

Mons. Andrich. Si è formato imparando la fatica dai suoi, imparando grandi lezioni del papà che era emigrante all’estero (le lettere che scriveva il papà per consentire al figlio di entrare in seminario portavano la preoccupazione che aveva il padre affinché Albino diventasse prete vicino agli operai, ai poveri e agli emigranti.

Teniamo presente anche che poco dopo la nascita di Albino Luciani c’è stata la prima guerra mondiale, l’anno della fame 1917, poi sono venuti gli anni della continua emigrazione degli uomini. Le donne restavano sole per molti mesi e dovevano badare ai numerosi figli e curare anche l’agricoltura: mantenere le stalle con le mucche. La mamma è stata anche la sua prima catechista.

Bisogna ricordare che si trattava degli anni della povertà, del duro lavoro ma anche della solidarietà. Lo stesso Albino da ragazzo andava, come gli altri, in alto, sulla montagna per falciare l’erba che seccata veniva portata già nella valle sulle slitte (qualcuno mi ha detto che Albino salendo in montagna oltre a portare la slitta teneva il libro e leggeva – forse c’è un po’ di mitizzazione in questo racconto, ma senza dubbio Albino aveva passione per la lettura). Bisogna dire che Canale aveva avuto la fortuna di avere un parroco che ha fondato la latteria sociale (prima in Italia) e che aveva organizzato le biblioteche ambulanti per dare l’istruzione e formare i credenti.. Questa promozione della cultura cristiana ha sicuramente inciso sulla fede, sulla cultura e sulla mentalità di tutto il popolo, compreso il giovane Albino Luciani.

In Italia ci si aspettava l’elezione del card. Albino Luciani?

Mons. Andrich. Quando è morto Paolo VI il card. Luciani era Patriarca di Venezia.

Recentemente i Patriarchi di Venezia sono diventati Pontefici, basta citare san Pio X e Giovanni XXIII…

Mons. Aldrich: Sì, ma i giornali non parlavano di lui come papabile.

I giornalisti si erano concentrati sui cardinali Siri e Benelli…

Mons. Aldrich: Ma quando andavo nelle case dei fedeli, qualcuno faceva questa ipotesi, perché indubbiamente Luciani era una personalità ricca culturalmente e umanamente, un vero conversatore: rare volte si incontrano gli uomini capaci di dialogare, di ascoltare chi è davanti.

Come sarebbe stato il pontificato di Giovanni Paolo I?

Mons. Aldrich Sarebbe stato un pontificato molto religioso e forte. Il Papa nel discorso dell’inizio del pontificato ha detto che “bisogna promuovere la grande disciplina della Chiesa”, intendendo con questo che bisogna garantire l’essenziale della vita della Chiesa “con disciplina”, e che la Chiesa deve essere evangelizzatrice.

Da Pontefice Giovanni Paolo I sarebbe stato un lavoratore formidabile, come lo era tutta la vita. Ho avuto un’occasione di parlare con un monsignore della Curia che mi ha detto che il Papa in 33 giorni ha sbrigato tantissime pratiche arretrate, accumulate alla fine della vita di Paolo VI. Non è riuscito a scrivere un’enciclica, ma i suoi discorsi e omelie facevano vibrare i cuori e toccavano le menti degli ascoltatori.

Allora bisogna smentire questo mito di un papa con l’indole di un parroco, un papa buono e semplice che non si ritrova nei meccanismi della Curia?

Mons. Aldrich: Decisamente. Vorrei sottolineare che Papa Luciani era un teologo di primo grado e un uomo di grande cultura (anche perché tutta la vita sacerdotale aveva insegnato svariate materie, aveva letto moltissimo, possedeva un’ottima memoria e applicava il metodo di tenere nota di quanto apprendeva e pensava).

Per Lei, Eccellenza, cosa vuol dire avere nella sua diocesi un paese dove è nato un Pontefice?

Mons. Aldrich: Io non vorrei che la visita della gente a Canale venisse ridotta al cosiddetto “turismo religioso”.Che quanto fa il parroco con i suoi collaboratori si sviluppasse: accogliere numerosi pellegrini che vengono a visitare questa chiesa ed aiutarli a riscoprire la ricchezza di questa persona, l’esemplarità di uomo, oltre che prete e pastore, e far conoscere il suo insegnamento.

Esiste una raccolta degli insegnamenti di Albino Luciani?

Mons. Aldrich: Tanti anni fa sono state pubblicate 9 volumi della sua “Opera omnia” che deve essere integrata ed analizzata adesso con criteri storici-scientifici.

A che punto siamo con la causa di beatificazione?

Mons. Andrich: Il miracolo c’è ed è stato approvato a livello diocesano. Il 17 ottobre, data della sua nascita, è stato presentato alla Congregazione il Summarium testium, che costituisce la prima delle quattro parti che contribuiranno a preparare la Positio sulle virtù eroiche. Il postulatore della causa è mons. Enrico Dal Covolo, rettore dell’Università Lateranense, con il quale siamo andati anche all’udienza
da Benedetto XVI. Il Papa si è dimostrato ammiratore di Luciani ed è convinto della sua santità.

[L’intervista a monsignor Aldrich è stata pubblicata in lingua inglese dal mensile
statunitense Inside the Vatican]

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ZENIT Staff

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