di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 29 settembre 2010 (ZENIT.org).- “Il mondo accetta la Chiesa e il cristianesimo quando questi parlano solo il linguaggio del mondo, li accetta di meno quando parlano, principalmente, il linguaggio di Cristo”. Così mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, ha aperto sabato 25 settembre la presentazione del Secondo Rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa, pubblicato da Cantagalli,

Secondo il presule, “la Dottrina sociale della Chiesa è segno di contraddizione”, ed ha spiegato: “una Dottrina sociale della Chiesa intesa come una proposta laica con cui dialogare con il mondo, viene accettata, perché rischia di essere innocua. Ma una Dottrina sociale che considerasse il Cristianesimo non solo utile ma anche indispensabile per la costruzione di una società veramente umana, come dice il n. 4 della Caritas in veritate, sarebbe combattuta fuori e dentro la Chiesa”.

Per monsignor Crepaldi ci sono due modi di intendere la Dottrina sociale della Chiesa: “come etica condivisa per accompagnare il mondo oppure come strumento per aprire un posto di Dio nel mondo”, e quando viene intesa in questo secondo modo – come uno strumento per aprire un posto di Dio nel mondo – “c’è una reazione del mondo e c’è anche una reazione nella Chiesa. Il mondo non accetta e non accettano nemmeno tanti nella Chiesa”.

A questo proposito il Rapporto documenta le tante persecuzioni anticristiane, presenti ancora nel mondo, che riguardano anche l’Occidente e in particolare l’Europa e l’America Latina.

In questo contesto l’Arcivescovo di Trieste ha menzionato molti casi di impedimento all’esercizio pubblico della fede cristiana in Inghilterra, la legislazione fortemente contraria alla vita e alla famiglia in Spagna, l’approvazione della legge per l’eutanasia e il suicidio assistito in Olanda, Belgio e Lussemburgo, la grande consultazione per la riforma della legge sulla bioetica in Francia che promette poco di buono.

E poi i casi drammatici della bambina di Recife e di Eluana Englaro che sono stati utilizzati in America Latina e in Italia per “screditare la Chiesa e per aprire nuove brecce nella coscienza popolare a favore dell’aborto e dell’eutanasia”.

Rientrano in questo clima ostile anche gli attacchi al Pontefice Benedetto XVI quando si è espresso contro “l’utilità del preservativo nella lotta all’Aids e per la remissione della scomunica ai quattro vescovi ordinati da mons. Marcel Lefebvre”.

La tentazione di andare con il mondo, piuttosto che riportare Dio nella società ed essere testimoni di Cristo, è presente anche all’interno della Chiesa.

Su questo punto monsignor Crepaldi ha ricordato la lunga battaglia contro la riforma sanitaria del Presidente Obama condotta dai Vescovi statunitensi. “Non contro la riforma in sé, né contro la sua necessità, ma contro alcuni aspetti della legge di riforma che prevedevano finanziamenti federali per l’aborto e non permettevano un adeguato esercizio del diritto all’obiezione di coscienza”.

“E’ noto però – ha precisato il presule - che non tutti i vescovi erano su questa linea e che dentro il mondo cattolico americano, molti settori degli Istituti religiosi e delle associazioni sanitarie cattoliche hanno invece fatto propaganda a sostegno della legge, in aperto contrasto con le indicazioni dei vescovi”.

“Niente può giustificare un sostegno all’aborto, - ha sottolineato monsignor Crepaldi - ma molti cattolici americani hanno pensato che una maggiore assistenza sanitaria ai poveri lo potesse giustificare e hanno messo da parte l’indicazione dei vescovi”.

Anche sui temi ambientali, l’Arcivescovo di Trieste ha espresso un commento chiaro.

“Lungo il 2009 – ha affermato - un po’ in tutto il mondo si è molto discusso del cambiamento climatico. Organismi dell’ONU hanno spesso pontificato su questo argomento, pur non avendone l’autorevolezza come è stato ampiamente dimostrato in seguito; sono apparsi molti Rapporti internazionali sul cambiamento climatico e non c’è stata quasi Conferenza episcopale che non abbia pubblicato un documento su questo tema, compresa la Comece, la Commissione degli episcopati dell’Unione Europea”.

“In molti casi, però – ha osservato –, si è trattato di un acritico accomodamento alle mode culturali del momento, un tentativo di andare d’accordo con il mondo dicendo quello che il mondo vuole sentire, come se l’emergenza pastorale primaria fosse di mettere i pannelli solari sulle chiese o attuare la raccolta differenziata”.

“Anche in questo caso – ha rilevato - abbiamo visto una impostazione più completa e fedele alla totalità del magistero sociale della Chiesa, ed un’altra molto più riduttiva e sociologistica, che intercettava il diffuso sentire comune, spesso ideologicamente caratterizzato”.

Monsignor Crepaldi ha fatto notare come anche nella stessa ricezione dell’enciclica “Caritas in veritate” ci sono almeno due tendenze all’interno del mondo cattolico.

“Vaste aree dei teologi cattolici e delle università cattoliche – ha precisato - non accettano la linea insegnata da Benedetto XVI e continuano a percorrere sentieri teologici parziali o addirittura confutati e dichiarati negativi dal magistero. Ci sono università nelle quali una tesi di dottorato sul pensiero di Ratzinger è vista con sospetto”.

L’Arcivescovo di Trieste ha concluso ribadendo che “la vocazione dell’uomo è, una sola e non ci si può dividere nella concezione teologica su cosa significhi difesa del creato e mantenere la stessa fede nel Creatore. Per lo stesso motivo per cui la Dottrina sociale della Chiesa è educazione alla fede, essa diventa diseducazione alla fede quando non vissuta ed applicata nel giusto spirito”.