CITTA' DEL VATICANO, lunedì, 24 novembre 2008 (ZENIT.org).- A Dio “non importa la regalità storica, ma vuole regnare nei cuori delle persone, e da lì sul mondo”, ha affermato Benedetto XVI questo sabato ricevendo in udienza i partecipanti al pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Amalfi-Cava de’ Tirreni alla vigilia della solennità di Cristo Re.
Il pellegrinaggio è avvenuto in occasione dell’VIII centenario della traslazione da Costantinopoli ad Amalfi delle reliquie di Sant'Andrea, patrono dell'Arcidiocesi.
“Guardando all’esempio e ricorrendo all’intercessione di Sant’Andrea, voi volete ridare nuovo slancio alla vostra vocazione apostolica e missionaria, allargando le prospettive del vostro cuore alle attese di pace tra i popoli, intensificando la preghiera per l’unità tra tutti i cristiani”, ha osservato il Pontefice.
“Sant’Andrea, il primo degli Apostoli ad essere chiamato da Gesù sulle rive del fiume Giordano, vi aiuti a riscoprire sempre più l’importanza e l’urgenza di testimoniare il Vangelo in ogni ambito della società – ha auspicato –. Possa l’intera vostra comunità diocesana, ad imitazione della Chiesa delle origini, crescere nella fede e comunicare a tutti la speranza cristiana”.
Ricordando la solennità di Cristo Re, celebrata questa domenica, Benedetto XVI ha invitato “a volgere lo sguardo del cuore al nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo”.
“Nel volto del Pantocrator, noi riconosciamo, come affermava mirabilmente il Papa Paolo VI durante il Concilio Vaticano II, 'Cristo, nostro principio! Cristo, nostra via e nostra guida! Cristo, nostra speranza e nostro termine!'”.
l volto di Cristo, ha spiegato il Papa, “è quello del Pastore buono, pronto a prendersi cura delle sue pecore disperse, a radunarle per farle pascolare e poi riposare al sicuro”.
“Solo in Lui possiamo trovare quella pace che Egli ci ha acquistato a prezzo del suo sangue, prendendo su di sé i peccati del mondo e ottenendoci la riconciliazione”.
Allo stesso tempo, si tratta anche di un volto di giudice, “perché Dio è al tempo stesso Pastore buono e misericordioso e Giudice giusto”.
A questo proposito, il Pontefice ha sottolineato che “decisivo è il criterio del giudizio”, ovvero “l’amore, la carità concreta nei confronti del prossimo, in particolare dei 'piccoli', delle persone in maggiore difficoltà: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati”.
“Il re dichiara solennemente a tutti che ciò che hanno fatto, o non hanno fatto nei loro confronti, l’hanno fatto o non fatto a Lui stesso”, perché Cristo si identifica con i suoi “fratelli più piccoli” e il giudizio finale “sarà il rendiconto di quanto è già avvenuto nella vita terrena”.
“E' questo ciò che interessa a Dio – ha proseguito il Vescovo di Roma –. A Lui non importa la regalità storica, ma vuole regnare nei cuori delle persone, e da lì sul mondo: Egli è re dell’universo intero, ma il punto critico, la zona dove il suo regno è a rischio, è il nostro cuore, perché lì Dio si incontra con la nostra libertà”.
“Noi, e solo noi, possiamo impedirgli di regnare su noi stessi, e quindi possiamo porre ostacolo alla sua regalità sul mondo: sulla famiglia, sulla società, sulla storia”, ha riconosciuto.
“Noi uomini e donne abbiamo la facoltà di scegliere con chi vogliamo allearci: se con Cristo e con i suoi angeli oppure con il diavolo e con i suoi adepti, per usare lo stesso linguaggio del Vangelo. Sta a noi decidere se praticare la giustizia o l’iniquità, se abbracciare l’amore e il perdono o la vendetta e l’odio omicida”.
Da ciò, ha ricordato, “dipende la nostra salvezza personale, ma anche la salvezza del mondo”.
E' per questo che “Gesù vuole associarci alla sua regalità; ecco perché ci invita a collaborare all’avvento del suo Regno di amore, di giustizia e di pace”.
“Sta a noi rispondergli, non con le parole, ma con i fatti – ha concluso –: scegliendo la via dell’amore fattivo e generoso verso il prossimo, noi permettiamo a Lui di estendere la sua signoria nel tempo e nello spazio”.