VENEZIA, venerdì, 7 novembre 2008 (ZENIT.org).- Due importanti novità, una di metodo e l'altra di contenuto, caratterizzano il Forum cattolico-musulmano, sottolinea il Centro Internazionale Studi e Ricerche “Oasis” (www.oasiscenter.eu), fondato 5 anni fa dal Cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia.

Il Centro, con sede nella città lagunare ma aperto a una rete di contatti e relazioni in tutto il mondo, ha commentato il primo Seminario promosso dal Forum, svoltosi a Roma dal 4 al 6 novembre, in un comunicato pubblicato dal quotidiano “Avvenire”.

Il convegno, osserva, “si inserisce nella lunga schiera di incontri promossi soprattutto dopo la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, punto di riferimento per il dialogo interreligioso”, ed è stato caratterizzato da due importanti novità, una di metodo e l’altra di contenuto.

La novità di metodo consiste nel fatto che il Forum “appare da parte musulmana non più come l’iniziativa di singole personalità o Stati, ma come espressione di un consenso generalizzato”.

“Dall’iniziale risposta al discorso di Ratisbona firmata da 38 sottoscrittori, alla successiva dichiarazione A Common Word con l’adesione di 138 personalità, poi ulteriormente allargata, la tendenza da parte musulmana è raggiungere un consenso di fondo al dialogo con i cristiani”.

La questione, osserva il Centro, non è secondaria, “perché il consenso è per gran parte della teologia musulmana una delle fonti dell’elaborazione dottrinale”.

La seconda novità, contenutistica, è il fatto che nel Forum – così come nella Lettera aperta – “l’accento è stato posto con decisione sulla dimensione religiosa, se non addirittura strettamente teologica”.

Nel comunicato che ha preceduto l’evento, spiega il Centro Oasis, si legge infatti che la composizione delle delegazioni è “religiosa e non politica”, “prescinde dalle relazioni diplomatiche degli Stati ed è stata costituita sulla base dell’autorità sapienziale”.

Anche se “nessuno intende evidentemente negare che la religione abbia, soprattutto nei Paesi musulmani, dirette ricadute sulla vita comunitaria, anche a livello di scelte politiche e ordinamenti giuridici” - ed è anzi “evidente che le affermazioni di principio contenute nella lettera aperta devono essere verificate alla luce della loro concreta traduzione in un contesto che per le minoranze cristiane è sempre più difficile” -, c'è dunque da entrambe le parti la volontà di “non dissolvere la specificità del fatto religioso in pur importanti considerazioni geopolitiche”.

Definendo “illusorio” immaginare che “ferite più che millenarie possano essere sanate nel giro di pochi mesi”, il Centro Oasis ricorda lo scopo del Forum è quello di “approfondire l’affermazione dell’amore di Dio e del prossimo nei suoi aspetti teologici e spirituali, ma anche nelle ricadute pratiche per la tutela della dignità della persona umana e la difesa della libertà religiosa”.

Al giorno d'oggi, riconosce, sono molti gli interrogativi cui occorre dare risposta, “ma per un credente la domanda più bruciante è forse la più semplice: musulmani e cristiani adorano lo stesso Dio?”.

La risposta da parte cattolica è chiara ed emerge al n. 16 della Costituzione Dogmatica Lumen Gentium, dove si legge che “il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale”.

Nell'udienza che ha concesso questo giovedì ai partecipanti al Seminario del Forum, Papa Benedetto XVI ha ribadito il concetto dicendosi consapevole del fatto che musulmani e cristiani “hanno approcci diversi nelle questioni che riguardano Dio”, ma ha ricordato che “possiamo e dobbiamo essere adoratori dell'unico Dio che ci ha creati e che ha cura di ogni persona in ogni angolo della terra”.

Da parte musulmana, Seyyed Hossei Nasr ha affermato che “per entrambi Dio è insieme trascendente e immanente, creatore provvidente del mondo, (…) l’amante il cui amore abbraccia l’intero mondo creato”.

“È questa convinzione di fondo – conclude il Centro Oasis – che ispira il proseguimento del dialogo”.