BALTIMORA (Maryland, Stati Uniti), martedì, 11 novembre 2008 (ZENIT.org).- Nel contesto delle “enormi sfide” per la Chiesa e la Nazione, il presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti incoraggia i fedeli a riporre la propria speranza in “ciò che dura per sempre”.

Il Cardinale Francis George, Arcivescovo di Chicago, lo ha affermato questo lunedì nel discorso di apertura dell'assemblea generale autunnale dei Vescovi, in svolgimento a Baltimora fino a giovedì.

L'incontro ha luogo una settimana dopo la vittoria da parte di Barack Obama delle elezioni alla Presidenza degli Stati Uniti, che per il Cardinale ha posto fine a un ciclo elettorale in cui “entrambi i candidati ci hanno invitato a sperare in un cambiamento”.

Il porporato ha confrontato questo messaggio con quello di Benedetto XVI, che “ci invita a riporre la nostra speranza in ciò che dura per sempre”.

“Forse è questa la differenza tra una visione che guarda a ciò che è ultimo e una che, per la natura stessa delle cose, è più preoccupata di ciò che è meno che ultimo”, ha osservato. “Nessun ordine politico si conforma pienamente al Regno di Dio”.

“La separazione è costruita all'interno della nostra stessa fede, ma possiamo sperare, lavorare e pregare che gli aspetti politici ed economici non impediscano o contestino ciò che è di Dio”.

Motivi di gioia

Commentando la storica vittoria di Obama, il primo afroamericano ad essere eletto Presidente del Paese, il Cardinale George ha affermato che “oggi possiamo rallegrarci con coloro che, seguendo figure eroiche come il reverendo Martin Luther King, Jr., sono stati parte di un movimento per far sì che i diritti civili del nostro Paese e il nostro ordine legale si accordassero meglio con i diritti umani universali, l'ordine di Dio”.

“Ci troviamo forse in un momento in cui, con la grazia di Dio, tutte le razze sono al sicuro nel contesto del consenso americano”, ha continuato. “Non siamo tuttavia al punto in cui i cattolici, soprattutto nella vita pubblica, possono essere considerati pieni partner nell'esperienza americana a meno che non siano disposti a mettere da parte alcuni insegnamenti cattolici fondamentali su un giusto ordine politico e morale”.

Il Cardinale George ha sottolineato che questo “rende l'America molto inferiore a ciò che dice di essere in questo mondo”.

“Ciò che è estremamente importante per noi, come Vescovi della Chiesa, è che la Chiesa resti vera a se stessa e al suo Signore negli anni a venire, perché solo essendo autenticamente se stessa servirà la società e i suoi membri”.

“Nel lavorare per il bene comune della società, la giustizia razziale è un pilastro della nostra dottrina sociale. Un altro è la giustizia economica, soprattutto per i poveri qui e all'estero”.

“La Chiesa, però, ha sempre e ovunque la memoria, la convinzione, che il Verbo Eterno di Dio si è fatto uomo, si è fatto carne nel grembo della Vergine Maria, nove mesi prima della nascita di Gesù a Betlemme”. Questa verità viene celebrata nella nostra liturgia perché è impressa nel nostro spirito.

“Il bene comune non può mai essere adeguatamente incarnato in una società quando i concepiti possono essere legalmente uccisi”, ha denunciato.

“Se la decisione Dred Scott della Corte Suprema per cui gli afroamericani erano proprietà di altre persone e in qualche modo inferiori figurasse ancora nel diritto costituzionale”, ha proseguito, “Obama non sarebbe Presidente degli Stati Uniti. Oggi, come 150 anni fa, la base comune non può essere trovata distruggendo il bene comune”.

Un mondo diviso

Il Cardinale ha ricordato che 50 anni fa Papa Giovanni XXIII ha dato inizio al Concilio Vaticano II: “Il Papa ha guardato a un mondo diviso e ha sperato che la Chiesa potesse agire come chiede la '<a href="http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html">Lumen gentium', come sacramento dell'unità del genere umano”.

“Quanti indeboliscono la nostra unità interna rendono la missione esterna della Chiesa nel mondo più difficile, se non impossibile”, ha sottolineato. “Gesù ha promesso che il mondo crederà in lui se saremo uno: uno nella fede e nella dottrina, nella preghiera e nel sacramento, nel governo e nella guida”.

“La Chiesa, la sua vita e il suo insegnamento non si inseriscono facilmente nelle narrazioni precedenti che modellano le nostre discussioni pubbliche. Come Vescovi, possiamo solo insistere sul fatto che quanti impongono la propria agenda alla Chiesa, quanti credono e agiscono moralisticamente, rispondendo solo a se stessi, siano di destra o di sinistra, tradiscono il Signore Gesù Cristo”.

La Conferenza Episcopale, ha ricordato il presidente ai Vescovi presenti, è uno “strumento per modellare l'unità spirituale, per creare legami affettivi che ci aiutino a governare in comunione reciproca, soprattutto in un mondo diviso e in una Chiesa che conosce il dissenso nei confronti di alcuni dei suoi insegnamenti e l'insoddisfazione per certi aspetti del suo governo”.

“Come sappiamo, la Chiesa è nata senza Conferenze Episcopali, così come è nata senza parrocchie e senza Diocesi, anche se tutte queste strutture sono state utili a livello pastorale nel corso dei secoli”.

“La Chiesa è nata solo con pastori, con pastori apostolici, i cui rapporti con il loro popolo li rendono uno con Cristo, dal quale deriva l'autorità per governare la Chiesa”.

“Rafforzare il rapporto del popolo con Cristo resta al primo posto della nostra preoccupazione e del nostro dovere come Vescovi”.

“Estendiamo questa preoccupazione pastorale, soprattutto all'inizio di una nuova Amministrazione e di un nuovo Congresso, ai cattolici di ogni parte che servono altri nel governo”, ha concluso il Cardinale George. “Vi rispettiamo e vi amiamo, e preghiamo che la fede cattolica modelli le vostre decisioni perché la nostra comunione possa essere piena”.