BELO HORIZONTE, martedì, 25 novembre 2008 (ZENIT.org).- Nel contesto della crisi economica, un Arcivescovo brasiliano sostiene la necessità di ascoltare la voce della coscienza.

Secondo monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, questa voce si manifesta “quando sono interessati valori e principi insiti nel tessuto proprio della coscienza”.

E' necessario recuperare l'“indispensabile sensibilità fornita dalla fedeltà a valori e principi perché la voce della coscienza sia forte, interrogativa e limpida”, ha spiegato l'Arcivescovo di Belo Horizonte in un articolo inviato a ZENIT.

“Messa a tacere la voce della coscienza per la compromissione del suo tessuto, aumentano la corruzione e la mancanza di rispetto per i diritti degli altri, l'indifferenza nei confronti della situazione dei più poveri, la leggerezza della giustificazione delle azioni, l'incrinatura della verità”.

Per il presule, “l'apprezzamento della verità rende limpida la voce della coscienza, che genera e sostiene scelte, condotte e azioni conformi al bene”.

“Compromettere la verità dà luogo all'arbitrio e colpisce le esigenze obiettive della moralità”, “estremamente danneggiate nel contesto della società contemporanea”.

Le considerazioni e le implicazioni relative alla crisi, in vari ambiti, soprattutto quello economico, “non convincono”, osserva l'Arcivescovo.

“Come convincersi della verità considerando il quadro mondiale in cui si inscrivono congiuntamente l'iniezione di trilioni di dollari per il soccorso alla finanza, alle banche e alle compagnie assicurative e appena due miliardi di dollari, dei 22 destinati dalla FAO/ONU, per far fronte alla situazione deplorevole di un miliardo di esseri umani che soffre la fame e la miseria?”.

“Dov'è la verità in questo quadro? – ha chiesto –. Dove sarà la crisi più grave? Chi riuscirà a spiegare e a convincere riguardo all'uso di criteri e priorità nella definizione di progetti e azioni?”.

“Il denaro compromette la verità”, ha denunciato.

L'Arcivescovo di Belo Horizonte ha anche ricordato che “la comunicazione pubblica e l'economia hanno doveri morali nei confronti della società, soprattutto di fronte a risposte che devono essere date quando si tratta della situazione degli esclusi”.

“Se la voce della coscienza tace davanti a questa situazione grave e complessa, così come davanti a quelle minori che includono pratiche disoneste da parte di alcuni individui”, “non si troverà via d'uscita per questa vergognosa situazione di corruzione, aumentando la povertà”.

“Una volta messa a tacere la voce della coscienza non si avanzerà molto nella lotte per la giusta regolamentazione dell'economia, delle finanze e del commercio mondiale – ha aggiunto –. Senza la voce della coscienza non si riuscirà a controllare i movimenti speculativi di capitali”.

Se questa voce, “articolata dal rispetto dei valori e dalla fedeltà ai principi”, non si fa sentire, “varrà sempre il desiderio incontrollabile del lucro e non si riuscirà mai, neanche con le teorie più sofisticate, a raggiungere la promozione di un commercio giusto, la certezza di prezzi adeguati e norme giuste per investimenti e servizi”.

“Allo stesso modo – ha concluso il presule –, non si otterranno trasparenza e rispetto in ogni atto individuale senza comportare danni alla cittadinanza”. Per questo motivo, “è il momento di ascoltare la voce della coscienza”.

Incarnare la Misericordia con i cerebropatici e le loro famiglie

ROMA, martedì, 18 novembre 2008 (ZENIT.org).- Per la rubrica sull’Amore misericordioso pubblichiamo la riflessione di suor Graziella Bazzo EAM, del “Centro Speranza” di Fratta Todina (PG).

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“Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me.” (Mt 25,40)

La Parola di Dio è sempre per noi vitale, la sentiamo come Parola di vita.

Infatti, l’invito a stare sempre dalla parte dei piccoli, che si traduce in una accoglienza verso chi è emarginato viene trasformata in “preferenza“, che sta evangelicamente nel prediligere, innanzitutto i deboli, i poveri, gli umili, i sofferenti, i più bisognosi.

Attingendo forza da queste parole possiamo dire che “il servizio più alto che si può dare a una persona è di farla diventare ciò che è: ” è il servizio per eccellenza”.

Noi possiamo diventare quello che siamo perché siamo inseriti in un progetto di vita.

E’ dell’uomo che, per diventare quello che deve essere, ha bisogno di un altro essere umano che si inserisca nel suo divenire.

Per questo Convegno, che celebra il 75° anno di Fondazione della nostra Congregazione delle Ancelle dell’Amore Misericordioso, mi è stato proposto un intervento volto a raccontare e a testimoniare l’esperienza che quotidianamente ci vede coinvolti.

Mi riferisco alla realtà del “Centro Speranza”, un servizio sia diurno che ambulatoriale riabilitativo rivolto a bambini, ragazzi e adulti cerebropatici insufficienti mentali di grado lieve, grave e gravissimo e che mira ad aiutarli nel dare senso e significato alla propria esistenza.

Una realtà, per quello che mi riguarda, che io vivo da 15 anni. Questa esperienza di “Vita per la vita” ci ha spinto e spronate comunitariamente, verso una migliore accoglienza e comprensione delle persone cerebropatiche e delle loro famiglie.

Esperienza che, quotidianamente, ravviva la passione e l’impegno necessario per conoscere e per interiorizzare quegli atteggiamenti, quei gesti, quelle linee educative e pedagogiche che favoriscono e promuovono un’accoglienza rispettosa della diversità.

Cercherò ora di percorrere con voi un breve excursus storico in riferimento alla nascita e allo sviluppo del Centro Speranza. Penso che sia importante ripensare e rileggere la storia di una esistenza riconoscendo quanto il Signore ama le sue creature e cerca in tutti i modi di averne cura affinché “la Sua opera sia espressione del Suo Amore“.

Di seguito metterò in rilievo i principi ispiratori di questa opera e alcune caratteristiche corrispondenti.