di Roberta Sciamplicotti
BANGKOK, venerdì, 7 novembre 2008 (ZENIT.org).- Di fronte alla sempre più complessa realtà delle migrazioni, il dialogo diviene l’elemento chiave per portare avanti una pastorale in grado di affrontare efficacemente il contesto attuale e aiutare chi cerca una vita migliore fuori dalla propria patria.
E’ quanto ha spiegato il Cardinale Renato Raffaele Martino all’Incontro Asiatico per la Pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, in svolgimento a Bangkok (Thailandia) dal 6 all’8 novembre.
Il porporato, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha dato inizio ai lavori del congresso questo giovedì intervenendo sul tema “Erga migrantes caritas Christi: una migliore risposta pastorale per i Migranti in Asia”.
Il documento, ha osservato, rappresenta “una riflessione sulla preoccupazione della Chiesa per una cura pastorale più efficace dei migranti e dei rifugiati all’inizio del terzo millennio”.
Riconoscendo da un lato “i molti pericoli associati alle migrazioni, incluso il loro impatto sulla situazione sociale, economica e politica”, la Santa Sede sottolinea anche “il loro potenziale spirituale e culturale, e le opportunità di arricchimento umano sia per i migranti che per i Paesi di accoglienza”.
Per questo, “ha creato nuove strutture pastorali per assistere spiritualmente i migranti, e ha sviluppato modi nuovi e creativi per costruire comunità più giuste, pacifiche e integrate” in un momento in cui “il pluralismo etnico e culturale sta diventando una caratteristica di molte società contemporanee”.
Con l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi, ha osservato il Cardinal Martino, la comunità ecclesiale “è chiamata a diventare sempre più consapevole della sua missione universale nel mondo e nella storia, di fronte a Dio e all’umanità, confidando che alla fine i migranti siano un veicolo di unità e pace in un mondo sempre più unito da legami di solidarietà”.
Le migrazioni, ha proseguito il porporato, interessano attualmente più di 200 milioni di persone, “il più grande movimento nella storia”.
In questo contesto, l’Istruzione vuole “aggiornare la visione della Chiesa della cura pastorale dei migranti” e “fornire una risposta ecclesiale ai loro nuovi bisogni pastorali, per trasformare l’esperienza migratoria in un’opportunità di dialogo e missione in vista della nuova evangelizzazione”.
Un elemento chiave del testo è proprio il dialogo, perché la mobilità umana, e soprattutto le migrazioni, mettono davanti a “un pluralismo culturale e religioso forse mai sperimentato così coscientemente finora” (n. 35).
“L’incontro tra popoli e gruppi che storicamente hanno vissuto lontani fa sorgere inevitabilmente molti problemi che necessitano la creazione di una nuova vita insieme”, constata il Cardinale.
In questa situazione, il dialogo è “un elemento indispensabile” e “un requisito non negoziabile”, e assume molte forme, iniziando dall’incontro di esperti appartenenti a religioni diverse per continuare con “il dialogo dell’azione, che coinvolge cristiani e non cristiani in una collaborazione volta a promuovere lo sviluppo integrale della società”.
La Chiesa, ha ricordato, affronta il pluralismo culturale e religioso odierno a tre livelli, a cominciare dal dialogo all’interno della stessa Chiesa cattolica, nel cui contesto esorta a dare importanza alla madrelingua di chi migra perché “l’esperienza pastorale insegna che quando i migranti si sentono compresi e a proprio agio si integrano meglio nella comunità e l’arricchiscono”.
In secondo luogo, è necessario il dialogo con le altre Chiese e comunità ecclesiali, “mantenendo la propria identità cattolica e non trascurando la necessità di tener conto dei problemi esistenti tra i cristiani che purtroppo sono ancora separati”. Per questo, bisogna evitare il “facile irenismo” e, all’estremo opposto, il proselitismo.
In terzo luogo, bisogna dialogare con i membri delle altre religioni, perché “le migrazioni cambiano anche l’aspetto religioso delle società ospiti”. Da questo punto di vista, “particolarmente importante” è il dialogo con i migranti musulmani.
Il porporato riconosce che “un incontro tra persone con credo e costumi radicati profondamente e non condivisi con i cristiani può essere difficile”, sottolineando che richiede “molta pazienza e perseveranza”, così come una solida formazione degli agenti pastorali e informazione sulle altre religioni, “per sconfiggere pregiudizi, per superare il relativismo religioso e per evitare chiusure e paure ingiustificate, che frenano il dialogo ed erigono barriere, provocando anche violenza o incomprensioni” (n. 69).
Il dialogo e l’evangelizzazione “non sono opposti”, ha concluso il Cardinal Martino. Per questo, ha invitato i presenti all’Incontro a studiare a fondo l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi per “poter lavorare come discepoli del Signore per testimoniare il Vangelo, accogliere lo straniero e trovare soluzioni alle sfide dell’apostolato quotidiano in Asia”.