I bambini, nel pensiero del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. “Devono tornare a nascere”, dice nel corso di un’intervista ad Avvenire. E aggiunge che è necessario, nell’Italia di oggi, avvilita da un desolante inverno demografico, “educare alla maternità”.
“Ho in testa una nuova sfida, un grande piano nazionale di fertilità”, aggiunge la Lorenzin. La quale è consapevole che “il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale”. Il suo sguardo è proiettato al futuro, è consapevole che un Paese che non fa figli è destinato a scomparire. La denatalità “è una decadenza – riflette – che va frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie”.
La Lorenzin respinge inoltre quella prassi politicamente corretta per cui i desideri vanno soddisfatti ad ogni costo. In un’Italia in cui le neo-mamme over 40 aumentano ogni anno, avverte che “bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema”. Va riscoperta la bellezza di diventare madri in età più fertili, e la ministra assicura che sta lavorando in tal senso e che conta di “prendere decisioni per aiutare la fertilità” a crescere in Italia. Precisa che il suo impegno non è dettato da “nessun retropensiero e nessuno schema ideologico”, ma solo dalla volontà di “affrontare il tema di un Paese dove non nascono i bambini”.
Lavorare per incrementare le nascite significa essere attenti alla famiglia. “Siamo decisi – afferma la Lorenzin – a rimettere mano ai ticket sanitari tenendo conto dei carichi familiari”. Il suo è dunque un richiamo a “una svolta di equità”, poiché “le famiglie hanno pagato in questi anni di crisi il prezzo più duro”. E con loro, aggiunge la ministra, anche “le fasce più deboli”. Pertanto, “disoccupati e cassintegrati ora non devono pagare”.
Questi propositi della Lorenzin saranno operativi con il Patto per la Salute, accordo tra Governo e Regioni che prevede un risparmio in tre anni di 10 miliardi di euro, “da reinvestire nel sistema sanitario”. L’augurio della Lorenzin è che il patto sia “quantificato dal punto di vista del valore monetario”, nonché “qualificato dal punto di vista del progetto”. Ritiene fondamentale “accettare dei sistemi di valutazione che ci permettano di fare un bilancio non tra tre anni, ma passo dopo passo”.
Per la prima volta, dopo un rumoroso silenzio, un esponente di un Governo italiano si assume il compito di dare impulso a una natalità che è tra le più basse del pianeta. Il 2013 ha fatto registrare il record negativo di nascite dal 1980. L’Istat rivela che rispetto al 2012 vi sono state meno di 60 nascite al giorno, 12 mila in meno in tutto l’anno. In termini percentuali, il calo è stato del 4,3%. Questa tendenza fa dell’Italia uno dei Paesi con il maggior numero di anziani in rapporto alla popolazione complessiva. Nel 2012 sono state registrate 148,6 persone sopra i 65 anni ogni 100 giovani con meno di 14 anni, a metà degli anni novanta se ne contavano 112.
Ringiovanire la penisola è dunque prioritario. E per farlo è necessario che tornino a riempirsi le culle. La fecondità delle donne italiane si attesta intorno alla cifra di 1,39 figli cadauna. Numero dunque ben lungi dal tasso di 2,1 figli per donna, che assicurerebbe il ricambio generazionale. Questo scenario rende fondate le preoccupazioni di chi agita lo spettro dell’estinzione del popolo italiano. Pertanto l’impegno della ministra Beatrice Lorenzin è un segnale positivo che va salutato con favore. Chi ha a cuore i problemi reali del Paese, attende che seguano presto i fatti.