Trieste: un "pugno di genitori" contro il gender a scuola

Polemiche sul “Gioco del Rispetto”, iniziativa del Comune della città giuliana che fa travestire i bimbi dell’asilo per attuare un “cambiamento culturale”

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Bambini maschi con un cerchietto in testa e la veste lunga e sinuosa delle principesse, bambine che brandiscono spade e indossano il mantello dei cavalieri; insegnanti con la telecamera in mano che filmano i travestimenti dei loro piccoli allievi. Le scuole di Trieste rischiano di diventare il primo laboratorio italiano dell’ideologia gender.

Il Comune della città giuliana ha infatti proposto in 45 classi delle scuole dell’infanzia il “Gioco del Rispetto”, il quale – come si legge nella documentazione che accompagna l’iniziativa – “propone un cambiamento di atteggiamenti sul tema del genere e delle pari opportunità, persuasi che il cambiamento culturale avviene con la formazione delle nuove generazioni”.

La sperimentazione propedeutica a tale “cambiamento culturale” ha però suscitato le proteste dei genitori. Il settimanale diocesano Vita Nuova per primo ha dato voce alle famiglie degli alunni, scandalizzate da un progetto che prevede testualmente il “toccarsi reciprocamente dopo aver fatto ginnastica per sentire ciò che i coetanei provano dopo la fatica, per poi acquisire maggiori competenze sensoriali ed emozionali, esplorando a vicenda i propri corpi per capire le differenze tra i bambini e le bambine”. È così che, si legge ancora, “i bambini possono riconoscere che ci sono differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale”.

Dopo l’interrogazione presentata in Comune dal consigliere di Fratelli d’Italia, Claudio Giacomelli, il “Gioco del Rispetto” è approdato anche sui banchi del Parlamento. Sandra Savino, deputata di Forza Italia, chiede con un’interrogazione “se il ministro all’Istruzione non ritenga necessario intervenire per quanto di propria competenza, anche attraverso l’attivazione di una procedura ispettiva, per sospendere il progetto”. E “da mamma e nonna”, la deputata forzista ritiene il progetto privo di “alcuna funzione pedagogica” e “completamente inadatto, ancor più perché rivolto a bimbi in età prescolare di 3-4 anni”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche la Lega Nord. Secondo i parlamentari del Carroccio Massimiliano Fedriga e Barbara Zilli, “è legittimo e condivisibile che nelle scuole si insegni a non discriminare i gay o altre minoranze, ma questo non deve necessariamente comportare l’imposizione di un modello di società che prevede l’eliminazione delle naturali differenze tra i sessi”.

Le polemiche hanno creato imbarazzo tra i sostenitori dell’eterodosso gioco per bambini. Le due ideatrici del progetto si sono difese dalle accuse di voler sdoganare il tema del sesso tra i bambini dell’asilo sostenendo che il “Gioco del Rispetto” ha il solo fine di contrastare la violenza sulle donne. Sulla difensiva anche Fabiana Martini, vice-sindaco di Trieste, la quale con un lungo comunicato ha negato il nesso tra questo progetto e l’ideologia gender e ha precisato che non vi è nessun obbligo di partecipazione bensì l’adesione è facoltativa.

Difese che tuttavia non convincono i genitori dei bambini. Su Vita Nuova Amedeo Rossetti, il primo genitore a insorgere, denuncia che il progetto “viene presentato con finta trasparenza ai genitori, mediante generici avvisi affissi nelle bacheche, che introducono il tutto parlando di ‘sensibilizzazione contro la violenza sulle donne’, come se un bambino di 4 o 5 anni potesse essere un mostro, picchiatore o stupratore”.

L’appello, pubblicato sul suo profilo Facebook, da parte del consigliere triestino Giacomelli è eloquente: “Il Comune lasci in pace almeno i bambini di 4 anni, li lasci giocare e vestire come preferiscono. La verità è che se non si fosse mosso un pugno di genitori molto attenti, questo progetto sarebbe entrato nella vita dei piccoli senza dire nulla a nessuno”.

Quel “pugno di genitori” è ora diventato un ampio movimento d’opinione che domani, 11 marzo, si radunerà in riunione plenaria per far sentire forte e chiara, al Comune di Trieste, la voce di chi si oppone al tentativo di trasformare le aule scolastiche in laboratori di stravaganti ideologie.

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Federico Cenci

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