Lettura

Gesù stesso spiega la circostanza che lo ha portato a raccontare la parabola del fariseo e del pubblicano: «Alcuni avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri». Dopo l’introduzione che presenta i due protagonisti mentre salgono al tempio di Gerusalemme, la parabola riporta la lunga preghiera del fariseo, formalmente corretta in quanto inizia con il ringraziamento a Dio. La breve preghiera del pubblicano invece contiene solo una richiesta di perdono. La parabola si conclude indicando la condizione che rende possibile l’accoglienza della grazia: «Chi si umilia sarà esaltato».

Meditazione

L’itinerario quaresimale è un invito alla conversione, a ritornare al Signore «che ci rialza perché possiamo vivere alla sua presenza», come dice il profeta Osèa. La condizione perché ciò si avveri è l’umiltà. Umiltà deriva da humus, che significa terra, suolo. Anche uomo deriva da humus, per cui, umile è l’uomo che non si insuperbisce, perché riconosce la sua costitutiva fragilità; che non giudica, perché nelle miserie degli altri riconosce qualcosa di sé. Allo stesso tempo l’umile è colui che di fronte a Dio si fa humus, ossia terra buona per la vita: desideroso di Dio, lo accoglie, trattiene la sua parola come la terra fa con i semi, e la fa fruttificare. Modello di umiltà è Maria che canta: «Ha guardato all’umiltà della sua serva». Il fariseo della parabola ringrazia Dio perché «non è come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri». Chi presume di essere giusto non trova nulla da rimproverarsi in quanto non si confronta con Dio, ma con la legge; e da Dio non si attende niente di più di una valutazione, di un premio, di una lode. Certamente non la salvezza, di cui è già certo. L’umile, invece, si riconosce sempre in difetto rispetto alle esigenze del Vangelo; sa che il suo amore per Dio a volte è «come la nube del mattino», dura poco; «come la rugiada, che all’alba svanisce»; sa che anche il bene di cui è stato capace non è motivo di vanto, ma è opera di Dio; e attende sempre un Redentore. Il pubblicano della parabola «si ferma a distanza»: i nostri limiti ci appesantiscono, ci prostrano a terra, ci ricordano quanta terra sia ancora in noi. Allora teniamo Dio a distanza: non ci sentiamo degni di lui. Ancora una volta Dio, «nella sua grande misericordia», abbatte le distanze e si fa vicino offrendo perdono e salvezza.

Preghiera

Signore, tu che mi chiami alla tua presenza con una disposizione del cuore sempre più autentica, donami l’umiltà perché io abbandoni ogni abitudine sterile e comprenda la bellezza della rinnovata vocazione alla conversione.

Agire

Ciò che faccio non è automaticamente giusto. È la disposizione del cuore che qualifica e rende vero il mio essere e il mio agire.

Meditazione a cura di mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, tratta dal mensile “Messa Meditazione”, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti info@edizioniart.it