Appello per la Pace e lo Sviluppo dei "Giovani per un mondo unito"

Un appello per ridurre le spese militari, ottenere la pace e la fraternità, vincere la fame ed il sottosviluppo, sconfiggere le organizzazioni che controllano le nuove e vecchie schiavitù, garantire la giustizia e il rispetto dei diritti umani

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Riuniti il 12 marzo 2015 alla Camera dei Deputati a Roma, in occasione del convegno “Chiara Lubich: l’unità e la politica”, 400 “Giovani per un Mondo Unito” hanno formulato e sottoscritto un appello rivolto al Parlamento Italiano, al Parlamento Europeo, all’ONU e alle commissioni nazionali dell’UNESCO.

Di seguito il testo dell’Appello.

***

Siamo i “Giovani per un Mondo Unito” e facciamo parte del Movimento dei Focolari nato nel 1943 dall’esperienza di Chiara Lubich.

Siamo giovani provenienti da tutto il mondo, di diverse religioni, culture, convinzioni e tradizioni; ci riconosciamo nel principio della fraternità universale e ci impegniamo a vivere secondo la cosiddetta Regola d’Oro che invita a fare agli altri quanto vorremmo fosse fatto a noi.

Siamo consapevoli dello scenario globale attuale costellato da numerosi conflitti da cui scaturiscono fenomeni come le migrazioni dei popoli che tentano di fuggire dalla violenza dalla estrema indigenza, dalla fame e dalle ingiustizie sociali di cui sono vittime nei loro Paesi.

Queste profonde ferite ci coinvolgono direttamente e ci spingono a cercare soluzioni concrete, a cui volgiamo il nostro impegno personale. In tutto il mondo come Giovani per un Mondo Unito stiamo realizzando numerose iniziative volte a promuovere la pace, la cooperazione, l’unità tra i popoli.

Abbiamo raccolto tutti questi frammenti di fraternità nello United World Project, un progetto che nasce dal desiderio di delineare una mappatura storica e geografica della fraternità universale per dimostrare che essa, oltre ad essere un orientamento dell’esistenza, può diventare un nuovo cardine della politica, dell’economia, del lavoro, dello sport e di tutti i campi dell’agire umano.

er realizzare la fraternità universale non basta la buona volontà del singolo: siamo convinti, infatti, che sia necessaria un’azione della politica diretta ad intervenire sulle cause dei conflitti e sulle condizioni che generano diseguaglianza.

In primo piano per la costruzione della pace si impone la questione dell’ingente spesa sostenuta dalle singole nazioni per implementare l’import-export degli armamenti. Ogni anno sono circa mezzo milione le vittime a causa delle armi. Analizzando i flussi delle esportazioni di armi si evidenzia che dai maggiori produttori esse confluiscono verso i Paesi maggiormente interessati dai conflitti in atto (Archivio Disarmo).

Secondo i dati dell’UNHCR solo nel 2014 sono stati almeno 218 mila i profughi che hanno attraversato il Mar Mediterraneo per fuggire da queste zone di guerra mentre le vittime accertate sono 3419: una crisi umanitaria che richiede l’intervento coordinato della comunità internazionale. Nel 2000 i Capi di Stato e di governo di tutti gli Stati membri dell’ONU hanno firmato a New York la “Dichiarazione del Millennio”, nella quale affermavano che “La civiltà globalizzata del terzo millennio possiede la ricchezza, la conoscenza e i mezzi per coronare il sogno di un’umanità affrancata dalla miseria e dalla mancanza dei bisogni di base”.

Questi obiettivi dovevano essere realizzati nel 2015 ma tale traguardo non è stato raggiunto.

Numerose sono le questioni ancora aperte. Dunque ci appelliamo alle Istituzioni e chiediamo di: 1. Ridurre i finanziamenti pubblici destinati agli armamenti al fine di garantire una redistribuzione più equa delle risorse. Attualmente le spese militari a livello globale sono pari a 1740 miliardi di dollari (Archivio Disarmo). Riteniamo che sia necessaria un’inversione di rotta negli investimenti attuali al fine di un maggiore sostegno nella cooperazione fra Paesi per la costruzione della pace.

2. Operare alla radice delle diseguaglianze per contrastare la miseria. La crisi finanziaria infatti ha accentuato ulteriormente il divario tra ricchi e poveri. Più del 35% della popolazione mondiale si trova in una condizione di denutrizione mentre basterebbero 20 centesimi al giorno per salvare un bambino dalla fame (World Food Program). Significative in questo senso le parole di Papa Francesco: “Non è possibile che non faccia più notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa (…) No ad un’economia dell’esclusione e dell’iniquità (…) Questa economia uccide” (Evangelii Gaudium).

3. Rivedere i modelli di governance attuali: è necessario un maggiore controllo democratico nella scelta delle politiche economiche e monetarie e una maggiore vigilanza sugli istituti finanziari la cui condotta è stata uno dei principali fattori della crisi economica. Occorre riscoprire una visione politica incentrata sul bene comune e ricondurre il denaro e la finanza a strumento e non a fine dell’agire umano.

4. Adottare un modello di legalità organizzata in opposizione a fenomeni criminali quali il narcotraffico, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento illecito dell’ambiente. In particolare chiediamo di rinnovare l’impegno nel contrastare efficacemente la corruzione dilagante in ambito istituzionale.

5. Garantire un livello di istruzione primaria universale al fine di consentire il pieno sviluppo della persona umana e la sua capacità di autodeterminarsi. Secondo recenti dati dell’Unesco (2014), infatti, un bambino su dieci non ha accesso ad una scuola e 759 milioni di adulti non sono in grado di leggere e scrivere.

Fiduciosi nel vostro ascolto e grati per quanto saprete accogliere le nostre aspirazioni e richieste, salutiamo cordialmente rinnovando la nostra piena adesione a vivere “sii tu il cambiamento che vorresti nel mondo” (Gandhi). 

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ZENIT Staff

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