Qual è la vera fede cattolica?

Il teologo Corrado Gnerre affronta il tema in un breve saggio edito da Fede&Cultura

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di Luca Marcolivio

ROMA, sabato, 15 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Quale sia la vera fede cattolica è un tema di dibattito sin dagli albori della cristianità. La dottrina e il Magistero della Chiesa sono molto chiari in tal senso, eppure è necessario ribadirne costantemente i contenuti, essendovi confusione ed ignoranza assai diffuse, anche tra i cattolici praticanti.

Il volumetto di Corrado Gnerre*, Qual è la vera fede cattolica? (Fede&Cultura, 2012), in appena 65 pagine, riesce a sintetizzare in modo soddisfacente la questione e a rispondere alla domanda del titolo, partendo dalla “madre di tutti i fondamenti”: il rapporto tra fede e ragione.

L’autore scardina così la falsa contrapposizione che ha condizionato il dibattito filosofico degli ultimi tre secoli: per la dottrina cattolica, fede e ragione sono complementari, mentre per l’illuminismo sono incompatibili.

C’è di più: mentre per il cattolicesimo, la ragione aderisce ai fatti, il razionalismo/illuminismo proclama dogmaticamente la validità delle teorie. Con risultati disastrosi non solo a livello accademico ma anche concreto e storico.

Da qui la ferocia dei regimi totalitari che, in forza della sostanziale irragionevolezza delle loro dottrine, erano costretti ad usare la violenza per imporle. E uomini come il comunista bolscevico Anatoly Lunacarskij, arrivarono a dire: “Se i fatti non ci daranno ragione, tanto peggio per i fatti!”.

La fede cattolica, tuttavia, oltre al razionalismo, rifiuta anche il fideismo. Ciò significa che il fedele non può essere sottoposto a prove assurde e contrarie alla sensatezza. Non ammette, quindi, l’abbandono cieco, ma contempla, piuttosto, l’affidamento totale al vero.

L’autore cita l’emblematico caso di Abramo che, apparentemente, si rassegna alla crudele assurdità di un Dio che lo costringe a sacrificare il proprio figlio.

Tuttavia l’esperienza dell’abbandono e del non-senso cui Abramo viene sottoposto opera nell’ambito della suggestione, non della ragione ed egli rimane convinto che Dio non avrebbe mai potuto richiedergli di compiere un atto così disumano. Quello di Abramo, quindi, è un caso di affidamento totale e non di abbandono cieco, come invece sosteneva Soren Kierkegaard.

Altri due errori ricorrenti, stigmatizzati dal prof. Gnerre sono la riduzione della fede a pura esperienza o, all’opposto, a pura adesione intellettuale. La prima è fortemente legata al soggettivismo e ad un certo relativismo che ha contagiato anche taluni ambiti della teologia: è quella corrente di pensiero che, ad esempio, considera tutte le religioni uguali e in grado di condurre – ognuna a modo proprio – alla felicità.

La fede intellettuale, o “ideologica”, invece, pretende di assorbire e trasformare tutto il reale in un puro esercizio intellettuale. È un tipo di fede “autoreferenziale” e “spiritualista” che disprezza il “fatto”, i “segni” e la “carnalità” del Divino.

L’approccio corretto è la intelligenza della fede che si fonda sulla convinta ragionevolezza di alcune verità e sulla certezza che queste costituiscano solo il presupposto ma non l’esito della salvezza. Tali verità sono: Dio c’è; Gesù è l’unica via, verità e vita; senza la Chiesa non si può incontrarLo; bisogna affidarsi totalmente al Signore, senza timore.

*Corrado Gnerre è professore di Antropologia Filosofica all’Università Europea di Roma e di Storia della Filosofia e Storia delle Religioni presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Redemptor hominis” di Benevento – Pontificia Università Teologica dell’Italia Meridionale.

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ZENIT Staff

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