Predicare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati

Lettera per l’Avvento di Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, domenica, 2 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Iniziata con la frase del Vangelo di Luca (3,3): Predicare un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, è di notevole interesse una lettera che Mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace, ha inviato il 1° dicembre a tutti i sacerdoti della sua arcidiocesi sottolineando che il perdono dei peccati costituisce «un ulteriore annuncio gioioso dell’Avvento».

Infatti l’azione divina che vuole il battesimo di conversione, ovvero la purificazione radicale, va predicata nel sacerdozio ordinato e rappresenta «un compito urgente e instancabile che, con nuovo ardore e con il metodo di ritorno alle sorgenti della fede creduta, come ci ricorda l’Anno della fede, è finalizzato ad annunciare nella predicazione e nella catechesi, a tempo opportuno e “importuno”, che la parola proclamata a nome di Gesù entra nei cuori e nelle menti, sollecita il riconoscimento degli errori, delle cadute e dei peccati, genera la volontà di cambiare e di chiedere perdono a Dio e ai fratelli, suscita la fantasia nel trovare i mezzi più idonei per riparare, almeno parzialmente, i danni arrecati all’ambiente e alle creature viventi, riporta alla nuova nascita che fa ridiventare bambini, tenendo ben in evidenza l’espressione: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli” tratta dal Vangelo di Matteo (18,3)».

Effettuando un richiamo al primo avvento della Vergine Maria nell’umiltà della nostra natura umana, Mons. Bertolone evidenzia che Gesù portò a compimento la promessa antica che «aprì la via dell’eterna salvezza attraverso il corpo di Maria (che diviene custode della nuova vita del Dio fatto carne), la mente e l’esistenza (attraverso i quali liberamente dice alla proposta di Dio attraverso l’angelo Gabriele)».

E risulta significativa le sottolineatura che nella preghiera del Rosario si pone in risalto il fatto che la Vergine Maria recava nel suo grembo il frutto della salvezza e tutte le altre donne, assieme a lei, «furono le prime testimoni del risorto ed anche le prime annunciatrici del mondo nuovo, nel quale il risorto verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso».

Ciò vuol dire che una donna «invita sempre alla speranza, anche se le nubi all’orizzonte si fanno nere e il futuro non sembra promettere nulla di buono». E riconoscendo che ora noi osiamo sperare vigilanti nell’attesa dell’Avvento, Mons. Bertolone invita i sacerdoti a domandarsi che cosa occorre fare per «rispettare, valorizzare, apprezzare meglio le donne e i loro doni messi al servizio delle comunità parrocchiali», valorizzando con estremo realismo quelle che sono consacrate, sono catechiste, ministre straordinarie dell’eucaristia, animatrici liturgiche e addette alla solidarietà.

E la conseguenza della nuova valorizzazione delle donne avrà indubbiamente un’ottima occasione di favorire un clima di condivisione e di impegno nelle famiglie, nelle comunità, nelle parrocchie, nei cieli nuovi e nella terra nuova. E il tutto va fatto riprendendo la gratitudine nei confronti della Vergine Maria che, avendo donato il suo Figlio incarnato, ha testimoniato uno stile di vita fortemente positivo e notevolmente coinvolgente grazie al quale tutte le donne, anch’esse benedette, sono «compagne dell’uomo fin dal momento della creazione e, soprattutto, nel momento della redenzione».

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ZENIT Staff

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