Costruire la Chiesa e la Nazione (Seconda parte)

Intervista con mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo, vescovo di Eshowe, in Sud Africa

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ROMA, lunedì, 16 luglio 2012 (ZENIT.org) – Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista con monsignor Xolelo Thaddaeus Kumalo, vescovo della diocesi di Eshowe, in Sud Africa. La prima puntata è stata pubblicata ieri, domenica 15 luglio.

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C’è un luogo speciale nella sua diocesi, il Santuario mariano di Ngome. Può raccontarci qualcosa?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: Ngome è davvero un luogo speciale. Ci sono molti luoghi di pellegrinaggio in Sud Africa. Ngome è il luogo dove Maria sarebbe apparsa ad una suora di nome Reinolda. Non siamo tanto sicuri se davvero sia avvenuta un’apparizione, ma la gente ne è convinta. Vanno a pregare e tornano convertiti e guariti, e questa è la cosa più importante per noi. Ed è per questo che alcuni anni fa, prima di morire, il mio predecessore ha deciso, dopo una lunga riflessione, che Ngome doveva diventare un luogo di preghiera. Ed è infatti un luogo di preghiera, dove affluiscono non solo sudafricani ma anche Basotho (l’etnia principale del Lesotho, ndr) ed angolani, senza che nessuno li inviti a venire a pregare.

Lei ha menzionato la guarigione. Perché è importante?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: Quando la gente si sente male spiritualmente e fisicamente, crede che Dio, attraverso l’intercessione della Santissima Vergine, possa aiutarla. Ed è per questo che molti vengono a Ngome, luogo di guarigioni e conversioni.

A quasi vent’anni dalla fine dell’apartheid, si può dire che questo Paese è ancora in cerca della sua identità?

Mons. Xolelo Thaddaeus Ktaumalo: Penso che sicuramente stia ancora cercando la sua identità. Come è noto, siamo separati in gruppi. Ci vorranno ancora anni perché nasca una identità sudafricana: difficile, poi, che possa nascere da culto, essendo questo molto vario. Per alcuni una celebrazione che dura più di un’ora ed è un grande sacrificio, ma per i neri – uomini o donne – tre ore è il minimo. Cercare di conciliare questo è difficile, persino tra i cristiani che hanno la stessa identità religiosa, figurarsi all’interno di una Nazione. Anche per le feste politiche nazionali difficilmente trovi bianchi che festeggiano assieme ai neri. Questo dimostra che noi abbiamo un problema di identità come sudafricani, e penso che ci vorrà molto tempo prima di superarlo.

Il Sudafrica è ricco di materie prime, ma allo stesso tempo ha una disoccupazione al 40% e quasi 8 milioni di neri sono senza tetto. Si può dire che in questa era di transizione i neri sono stati abbandonati nel processo di crescita di un nuovo Sudafrica?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: Penso che siano stati abbandonati e che debbano essere aiutati. Ma il nuovo governo ha cercato di fare del suo meglio nell’urbanistica. Parlare di queste nuove case significa parlare delle zone urbane, perché è lì che si sono trasferiti i neri, dopo aver lasciato le zone rurali. E anche parlando dei senzatetto, parliamo delle città e non tanto nelle zone rurali, perché la gente va in città per cercare lavoro. Ora il governo ha cercato di costruire queste case, ma purtroppo – nonostante le buone intenzioni – non ha la capacità di gestire la situazione. La maggior parte dei costruttori che hanno presentato i capitolati per gli appalti, ha edificato case scadenti e ha intascato i soldi. Molte case hanno dovuto essere ricostruite, determinando uno spreco di denaro. Poche persone sono arrestate perché la corruzione è molto diffusa in Sud Africa. Anzi, rappresenta una nuova problematica, impedendo lo sviluppo. La responsabilità è però soprattutto del governo.

In effetti, l’arcivescovo Buti Tlhagale, OMI, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Sudafricani cita espressamente la corruzione e la violenza come le questioni principali da affrontare da parte del governo. L’altra sfida è ovviamente il problema dell’HIV/AIDS. Cosa sta facendo la Chiesa in questo campo?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: In primo luogo, la Chiesa sta cercando di far sentire la sua voce a tutti, attraverso la Conferenza Episcopale, con dichiarazioni come quelle dell’arcivescovo Buti Tlhagale, OMI, nostro presidente. La Chiesa sta anche cercando di rivolgersi ai propri fedeli, condannando la violenza e la corruzione e dicendo in particolare che la corruzione è peccaminosa, che impedisce lo sviluppo e che, purtroppo, essa nasce dall’alto. Hanno anche spiegato come i cattolici dovrebbero cercare di rispondere, cambiando la situazione dall’interno come membri della comunità. Per quanto riguarda il problema dell’AIDS abbiamo copiato il programma ugandese chiamato Education for Life, che stiamo cercando di divulgare nelle varie diocesi. Educhiamo i giovani a non farsi contagiare da questa malattia attraverso i gruppi di pari e un cambiamento dello stile di vita.

La comunità internazionale ha cercato di rispondere all’AIDS con il preservativo. Mi sembra in primo luogo una soluzione imposta dall’esterno e in secondo luogo contraria ai valori tradizionali africani. Non crede che dietro questa campagna si celino un po ‘di arroganza e pregiudizi da parte della comunità internazionale?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: Penso che la comunità internazionale sia sempre stata arrogante nei confronti degli africani. Vengono da noi con soluzioni già pronte. Non chiedono. Sanno quello che va bene per noi africani e i preservativi fanno parte di questa arroganza. Credo sia così, perché la gente, nella sua mente, pensa che il preservativo prevenga la malattia. Invece aiuta a diffonderla, perché ad ogni giovane, anche a coloro che non sono sessualmente attivi, viene insegnato a scuola di quanto sia importante il preservativo nell’educazione sessuale. Loro ci provano ed è per questo che un tasso elevato di persone viene ancora infetto da questa epidemia di AIDS.

Qual è la sua più grande necessità oggi, che vuole comunicare ai telespettatori o ascoltatori di questo programma?

Mons. Xolelo Thaddaeus Kumalo: Che ogni persona ed ogni nazione devono cercare Gesù. In questo momento la nostra più grande necessità nella Chiesa è l’evangelizzazione. Alla fine, se la gente è in armonia con Gesù la maggior parte dei problemi, dalla corruzione alla violenza, scompariranno.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Per maggiori informazioni:

Aiuto alla Chiesa che soffre:  www.acn-intl.org
Aiuto alla Chiesa che soffre Italia: www.acs-italia.glauco.it
Where God Wheeps: www.wheregodweeps.org

[Traduzione dall’inglese a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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