di Antonio D’Angiò

ROMA, domenica, 22 luglio 2012 (ZENIT.org).- Nella notte tra il 2 e il 3 settembre 1991, dalla chiesa della Madonna della Libera di Aquino fu rubato il sarcofago in alabastro con la corsa di quadrighe al Circo Massimo (del II secolo dopo cristo) che era destinato ad altare maggiore.

Dopo 21 anni, in questi giorni, il sarcofago è stato ritrovato, ed è ritornato nella città di Aquino, ove sarà posto in esposizione probabilmente all’interno del museo cittadino per ragioni di sicurezza. Tale reperto era in cima alla lista dei beni trafugati e ricercati in tutto il mondo e il ritorno, quasi insperato, nella città di Aquino, fa dire al Sindaco, Antonino Grincia: “é il reperto più prestigioso della nostra città. Per 50 anni è stato utilizzato in quella chiesa come altare su cui si sono sposate centinaia di coppie”.

L’episodio del furto del sarcofago è inserito anche all’interno del libro di Costantino Jadecola, storico della realtà del Lazio Meridionale, dal titolo “La cattedrale di Aquino – sulle tracce di un lungo cammino” del 2004.

Si vuole qui cogliere questa importante occasione per proporre ai lettori alcuni passaggi della prefazione curata da Don Mario Milanese, arciprete di Aquino, e del prologo dell’autore Costantino Jadecola, per ricordare l’importanza storica di una città e di un luogo di culto come la sua cattedrale, o meglio, della storia di una cattedrale vissuta cinque volte.

Dalla prefazione di Don Mario Milanese:

[…] Raccontare le pietre, perché di pietra è fatto anche un edificio sacro, è raccontare la vita e le vicende umane, sociali, culturali, spirituali di una comunità. Il percorso storico, lungo e glorioso, della Chiesa di Aquino, che già fin dai secoli del cristianesimo rivela una sua ben definita identità e una sua particolare consistenza, è segnato da eventi, a volte sconvolgenti, a volte però ricchi di tanto splendore.

E’ questo ricco patrimonio di storia e di vita, reso ancor più luminoso dall’opera e dalla testimonianza di personaggi illustri che hanno reso grande la nostra città e che ancora oggi è possibile riconoscere anche dai ruderi di tanti edifici sparsi in tutto il territorio, che vogliamo far riaffiorare e venire alla luce e consegnarlo alle future generazioni e non lasciarlo alla notte dell’oblio. […]

Dal prologo di Costantino Jadecola:

[…] Parlando di una Cattedrale, che, com’è noto, è la chiesa principale del luogo dove risiede un vescovo o un arcivescovo, il pensiero inevitabilmente corre ai grandi templi insigniti di tale titolo.

Quelle che nel tempo si succedettero ad Aquino fino alla penultima e forse al di fuori della prima, furono, invece, tutt’altra cosa: piccole e modestissime cappelle. Infatti, anche la quarta non aveva nulla da farsi invidiare e si diversificava dalle precedenti solo perché era un po’ più grande: una grande cappella, insomma, come ha detto qualcuno che ben la ricorda. Insomma, se è vero che le grandi cattedrali vennero realizzate dai grandi peccatori, quelli di Aquino dovevano essere peccatori piuttosto modesti che non avevano, insomma, granché da farsi perdonare.

Infatti, ed è amaro dirlo, nelle cattedrali susseguitesi nel tempo, si riflette la stessa storia di Aquino a conferma del fatto che la storia delle cattedrali aiuta a capire anche quella delle città che la ospitano. Una storia, quella di Aquino, che, al di là delle fiorenti stagioni di epoca romana e di epoca medievale, per il resto fu una vicenda tutt’altro che esaltante: in parole povere, quella di una modesta comunità dedita specialmente al duro lavoro dei campi cui, tuttavia, fortuna volle che l’abbinamento dal suo nome a quello del grande Tommaso le conferisse grande e particolare lustro.

Un motivo in più, insomma, per cercare nella terra quelle cose di ieri che potrebbero essere la sua fortuna di oggi. […]