di Carlo Caffarra

ROMA, sabato, 7 luglio 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo il testo dell’intervento tenuto sabato 30 giugno a Vidiciatico dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra.

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Uno dei più grandi Padri della Chiesa, S. Ireneo [130-202/203], commentando la parabola del figlio prodigo, scrive: «per quelli che ritornavano al Padre uccise (Dio) il vitello grasso e gli donò la veste più bella, disponendo il genere umano in molti modi alla sinfonia della salvezza» [Adv. Haereses IV,14,2; 331].

La concezione di tutta la storia della salvezza come una “sinfonia” è molto presente nel grande Padre della Chiesa. Questa chiave simbolica per leggere tutta l’opera divina è particolarmente sviluppata nel Libro II,24,2 della medesima opera [pag. 183-184]; e diventa il criterio interpretativo fondamentale della Sacra Scrittura [cf. II,28,3; pag 188-189]: «attraverso la polifonia della parole si sentirà in noi un’unica melodia armoniosa inneggiante a Dio che ha creato tutte le cose» [pag. 189].

Ma nello stesso contesto, Ireneo usa anche il simbolo dell’architettura: «per quelli che gli erano graditi disegnava come un architetto, l’edificio della salvezza» [IV,14,2; pag. 331].

Fermiamoci un momento a considerare questi due simboli. Essi vanno nella medesima direzione pedagogica: aiutarci a cogliere nella pluralità degli elementi della fede l’unità dell’insieme; aiutarci ad entrare nell’universo della fede percependone l’unità che lega fra loro le diverse realtà che lo abitano.

Perché i due simboli sono particolarmente adatti a raggiungere questo scopo?

La simbologia musicale denota una pluralità di suoni: è poli-fonia. Ma essi sono eseguiti assieme: sin-fonia; così che l’ascoltatore attento ed educato a questo ascolto, nella sin-fonia sente la poli-fonia. Cioè: la pluralità è una, e l’unità è plurale.

Noi sappiamo che ciò avviene perché esistono leggi dell’armonia, secondo le quali sono relazionate le singole parti.

Il grande Padre della Chiesa vuole dunque dirci: l’opera di Dio va intesa in modo analogo con cui noi ascoltiamo una polifonia. Essa (l’opera di Dio) ha un tempo lungo il quale si sviluppa: un inizio [l’atto creativo]; uno sviluppo [la prima Alleanza]; un momento culminante [la risurrezione di Gesù]; un finale [il tempo della Chiesa]. Ma nessuna voce “stona” messa assieme all’altra: il Dio dell’Antica Alleanza è lo stesso Dio della Nuova Alleanza; il primato della grazia non distrugge la libertà; le due espressioni primordiali della stessa umanità, la mascolinità e la femminilità, non possono essere uniformate ed omologate, ma sono armonizzate nel loro “suono diverso”. E così via. Da questo punto di vista, possiamo e dobbiamo dirci: “omofobi”, perché l’opera di Dio è “poli-fonica”. L’edificio medioevale non era mai perfettamente simmetrico, perché si riteneva che la perfetta simmetria era opera del diavolo.

Ogni polifonia, ogni musica ha il suo ritmo. Anche l’opera di Dio ha il suo ritmo: il ritmo trinitario. Esso si esprime nel modo seguente: tutto è dal Padre – per mezzo del Figlio – nello Spirito Santo; tutto è orientato [alla gloria del] al Padre – per mezzo del Figlio – nello Spirito Santo [cf. pag. 490].

Come vi dicevo, non è facile ascoltare in questo modo la musica composta da Dio. Bisogna educarci a questo ascolto. La Chiesa ha dei grandi educatori all’ascolto. Se non abbiamo questa capacità, corriamo un rischio molto grave: l’eresia; oppure, senza giungere a questo estremo, il rischio di esaltare un elemento sproporzionandolo rispetto all’insieme: allungate anche di un centimetro il naso della Madonna della Pietà di Michelangelo, ed avreste rovinato tutto!

Ma c’è anche un’altra simbologia che ci aiuta ad entrare nell’universo della fede: quella dell’architettura. Anzi, questa è perfino biblica!

Iniziamo ad usarla, facendo notare le differenze delle due simbologie. Nella polifonia è sottolineata la simultaneità delle voci: l’armonia concorde dei vari momenti ed elementi. Si pensi all’esegesi di Origene; si pensi alla “necessitas” di Anselmo d’Aosta; si pensi alla pagina di S. Teresa del Bambin Gesù sul “cuore” della Chiesa. La simbologia architettonica dispone invece i vari momenti ed elementi dell’universo della fede in uno spazio, cioè secondo una successione. Le varie realtà della fede [l’atto creativo, l’atto redentivo, l’atto santificante] sono considerate non nel loro insieme, ma successivamente, ciascuna al suo posto, il posto che deve avere secondo il progetto architettonico del divino Architetto.

Esiste poi uno stile architettonico [il gotico non è il barocco]; esistono leggi statiche che tengono insieme l’edificio [c’è la scienza delle costruzioni]. Esiste quindi uno “stile divino”, ed esistono leggi che la divina Sapienza segue nella costruzione. Per esempio: molti e grandi personaggi della storia della salvezza sono nati da donne sterili. Questa costante rivela una legge che regola la costruzione dell’edificio della salvezza.

Chi ha pensato la divina Rivelazione in questo modo è stato soprattutto S. Tommaso d’Aquino nella Somma Teologia, ed è rimasto maestro insuperato.

La simbologia architettonica è particolarmente educativa per l’intelligenza della fede.

Se voi entrate in S. Petronio dalla porta centrale, in silenzio e con una grande attenzione spirituale, voi siete portati, quasi istintivamente, verso un punto: il Crocifisso sull’altare maggiore. Ma vi giungete percorrendo uno spazio che è suddiviso dalle varie campate. Una suddivisione che non spezza lo spazio medesimo, ma vi fa camminare e vi orienta secondo una direzione, secondo un asse architettonico.

Così è l’edificio della fede. Chi vi entra veramente, vede che le varie parti [articoli della fede] conducono ad un “punto” che tiene unito l’insieme. Ciò comporta che si conoscano le leggi che tengono in piedi la costruzione.

Questo ingresso nell’edificio è la fede del battezzato [porta fidei!]. La fede cioè dà una capacità di vedere che è sua proprietà esclusiva. I teologi parlano di “occhi della fede”. Vedremo fra poco che cosa vuol dire. Certamente un edificio può essere visto anche dall’esterno, girandovi attorno senza entrare mai. E si può anche avere di esso una grande conoscenza vera [= uso della retta ragione]. Ma esso è costruito per entrarvi ed abitarvi.

Ora vorrei farvi ascoltare la “sinfonia” della fede, farvi entrare nell’“edificio” della fede. Esso non è altro che la «regola della fede» o «regola della verità», cioè il Simbolo: la sintesi della fede della Chiesa che ognuno di noi ha ricevuto al momento del battesimo. Siamo discepoli del Signore solo se custodiamo intatta questa regola della verità: questo che è lo spartito musicale di Dio; il progetto disegnato dal divino Architetto.

Ma prima di prendere lo spartito o leggere il progetto, devo fare una premessa di straordinaria importanza, specialmente oggi.

L’atto della fede è molto complesso. E’ un atto che sintetizza in sé molte dimensioni o attitudini della persona. Se, e lo si deve fare, analizziamo una ad una queste dimensioni, non dobbiamo tuttavia mai dimenticare che la dimensione che stiamo analizzando, si trova dentro un organismo vivente.

L’atto della fede comprende in sé (a) la conoscenza dell’evento salvifico; (b) la fiducia nella Parola di Dio che si rivela come nostro salvatore; (c) l’obbediente autodonazione dell’uomo a Dio che parla; (d) l’aspirazione ad un’unione con Dio priva di ogni oscurità. La complessità dell’atto di fede è dimostrata anche dalle tre espressioni usate nel vocabolario della Chiesa: credo in Dio; credo a Dio; credo che Dio … [esiste, ha creato il mondo, …].

Orbene è assai importante ritenere che considerato in sé e per sé, l’atto del credere consiste in u n atto della ragione, in un giudizio della ragione, mediante il quale affermiamo con assoluta certezza che il contenuto della divina Rivelazione è vero. Mediante la fede la persona umana dà il suo assenso a ciò che Dio le dice, non perché le piace o perché lo vide utile, ma semplicemente perché lo ritiene vero.

La struttura intellettuale della fede, la sua dimensione veritativa è manifestata con grande chiarezza dal fatto che fin dall’inizio la Chiesa ha proposto come oggetto della fede verità espresse con formule precise [cf. 1Cor 15,3-5.11]. E su questo la Chiesa  ha sempre insistito. Perché? Rispondo brevemente. Se non si ammette che l’atto del credere è un atto della ragione, perciò stesso si deve ammettere che tutta l’economia della salvezza non è vera, cioè non è reale. Le due affermazioni simul stant – simul cadunt. Fermiamoci a riflettere un poco su questa connessione inscindibile fra la dimensione intellettuale della fede e la realtà dell’economia salvifica. 

Dio ha rivelato, cioè ha detto all’uomo che Egli vuole renderlo partecipe della sua stessa vita in Cristo e per mezzo di Cristo. Ora, delle due l’una. O Dio “scherza” quando mi dice questo: non mi dice ciò che realmente vuole; oppure mi dice quale è la sua intenzione reale. Accettare, affermare qualcosa come vero [= nel nostro caso, l’intenzione di Dio], cioè come reale, è proprio di quella facoltà spirituale mediante la quale l’uomo apprende la realtà, l’intelligenza. 

L’uomo non potrebbe consentire liberamente al progetto salvifico, se non pensasse che esso è reale: la prima risposta dell’uomo all’economia salvifica è di ammettere che essa è reale. Cioè affermare la sua verità.

Ho parlato di “universo della fede” Non denota una costruzione fantastica; un mito attraverso il quale l’uomo esprime il suo bisogno di salvezza; un universo separato da quello di cui abbiamo naturale esperienza. L’espressione “universo della fede” denota un insieme di realtà, che accadono dentro a questo universo. Si potrebbe anche dire: è questo stesso universo, ma visto con gli “occhi della fede”.

Se togliamo dalla fede questa dimensione veritativa, crolla tutto il cristianesimo. Esso sarebbe una mera costruzione umana, mentre si presenta sempre come «Parola di Dio».

Il Beato Newman riteneva che le sorti del cristianesimo si giocassero nella modernità interamente a questo livello. Lo chiamava “il principio dogmatico”.

Prendiamo finalmente in mano lo “spartito musicale” o il “progetto disegnato dal divino Architetto”. E concretamente il Simbolo Niceno – Costantinopolitano: la regola della verità.

Il ritmo è un ritmo trinitario: sono rivelate le Tre persone ed il loro agire.

L’edificio ha una costruzione cristocentrica, ed ha il suo asse orientato alla vita eterna.

Le leggi che regolano l’armonia intrinseca alla polifonia della fede, o che tengono assieme l’edificio sono: la legge delle divine missioni [il Padre manda il Figlio; il Padre e il Figlio mandano lo Spirito], che riflettono le divine processioni; la legge dell’e-e [Dio e l’uomo]; la legge della finalizzazione ecclesiale [l’opera salvifica è la Chiesa].

Concludo con due riflessioni. 

L’Anno della Fede è un’occasione da non perdere. In esso ci sarà data la possibilità di studiare la Regola della fede, in tutte le sue articolazioni, anche se nelle catechesi ci fermeremo sull’articolazione cristologica.

La fede è una fede non solo professata: è una fede pensata; una fede vissuta. La suola principale di musica e/o di architettura in cui si apprende a sentire la polifonia della fede e a vederne l’architettura, è la liturgia. Non c’è vera educazione alla fede senza la liturgia. Il grande maestro al riguardo è stato S. Leone Magno, ed ora – non da meno – Benedetto XVI. Una liturgia celebrata male, una liturgia inventata e creata da coloro che celebrano [popolo e sacerdote] è devastante per la fede.

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Le citazioni sono prese da Ireneo di Lione, Contro le eresie e gli altri scritti [Introduzione e traduzione di E. Bellini], Jaca Book, Milano 1981.