Saluto al Papa del Gran Muftì della Bosnia Erzegovina

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ROMA, giovedì, 6 novembre 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la traduzione de “L’Osservatore Romano” del saluto rivolto questo giovedì al Papa da Mustafa Cerić, Gran Muftì della Bosnia ed Erzegovina, che ha partecipato all’incontro del Forum cattolico-musulmano a Roma.

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Bismillahir-rahmanir-rahin

Wassalatu Wassalamu ala Rasulllahi wa ikhwanihi!

Santità,

cari amici,

è una grande gioia per me parlare con lei, Santità, a nome della delegazione musulmana con un cuore colmo di amore verso Dio e per il prossimo come ci esorta a fare Una parola comune tra noi e voi a favore della pace e della giustizia nel mondo.

Il Suo incontro con la nostra delegazione non è solo un importante passo in avanti per il dialogo cattolico-musulmano, ma suscita anche una grande speranza per un futuro migliore di tutta l’umanità.

Si dice che il Califfo Harun al-Rashid abbia chiesto al giurista musulmano di parlare del Libro di Dio e che egli abbia risposto: Di quale dei Libri di Dio vuoi che parli oh Califfo dei Credenti? Dio, infatti, ne ha scritti molti.

È in questo spirito di apertura religiosa della tradizione islamica che noi musulmani apprezziamo il messaggio del Concilio Vaticano II nella sua dichiarazione Nostra Aetate. Questo fatto suscita in noi la grande speranza di un saldo fondamento di Una parola comune tra noi e voi poiché stiamo affrontando molte sfide.

Il Sacro Corano ci dice: «Per il tempo! Invero l’uomo è in perdita, eccetto coloro che credono e compiono il bene, vicendevolmente si raccomandano la verità e vicendevolmente si raccomandano la pazienza» (103) in pace e giustizia

La Bibbia ci ricorda: «Per ogni cosa c’è il suo tempo, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo» (Ecclesiaste, 3,1).

Qual è, dunque, lo scopo della nostra epoca? È lo scontro o l’alleanza delle civiltà? È la violenza o la riconciliazione?

Quali sono le paure del nostro tempo? E quali sono le speranze?

Le paure sono numerose. Il nostro è un tempo di gravi peccati quali ricchezza senza sforzo, piacere senza consapevolezza, educazione senza morale, affari senza etica, politica senza principi, scienza senza responsabilità, fede senza sacrificio e religione senza compassione.

Tuttavia sono molte anche le speranze. Il nostro è un tempo di grandi opportunità nel senso che le nazioni ricche devono condividere la propria ricchezza con quelle povere, gli uomini sazi devono comprendere il dolore delle persone che hanno fame, i bambini poveri devono condividere la gioia dell’educazione e il successo nella società con i loro coetanei, i rifugiati devono ritornare alle proprie case e condividere i doni della sicurezza e della libertà con il resto del mondo senza razzismo, xenofobia e discriminazione.

Il nostro potrebbe essere il tempo migliore se sapessimo che la legge autentica sta nel cuore. Il dramma della guerra e della pace, la storia dell’odio e dell’amore, la condizione di paura e di speranza, la ragione del potere e del dovere, tutti questi fenomeni sono nel cuore umano.

Noi, figli di Adamo, dovremmo pentirci per i nostri peccati come il nostro padre con umiltà e sottomissione a Dio Onnipotente per il sorgere di nuovi tempi della vita umana.

Il nostro dovrebbe essere un tempo per guarire il cuore, non per uccidere la mente; il nostro dovrebbe essere un tempo per costruire una civiltà che cementi i mattoni invece di gettarli via; il nostro dovrebbe essere un tempo per abbracciarsi nell’amore di Dio che ci ha creati tutti e non per allontanarsi dal prossimo. Il nostro dovrebbe essere un tempo per l’amore, non per l’odio; un tempo per la pace e la giustizia, non per la guerra; un tempo non per tacere, ma per parlare senza paura come cristiani e musulmani affinché la Terra Santa diventi un luogo di Pace Santa.

La necessità del dialogo cattolico-musulmano è ovvia, non solo per la nostra rivendicazione del patrimonio comune di Abramo, ma anche per la nostra eredità di un’interazione storica che non ha potuto essere evitata nel passato e di una responsabilità storica che non può essere evitata nel futuro. Sta proprio in questa inevitabilità storica dell’incontro fra cattolicesimo e Islam la ragione del progresso di Una parola comune tra noi e voi in molte aree di interesse reciproco come quelle della guerra e della pace, della giustizia e dell’ingiustizia, della fame e della povertà, della fiducia e della prosperità nel mondo.

L’amore viene rafforzato lavorando per superare i conflitti insieme.

Santità, cari amici: sono uno dei sopravvissuti all’assedio di Sarajevo, durato quattro anni, alla fine del secolo scorso. Come sapete i musulmani bosniaci hanno subito il genocidio. Sono venuto qui per unirmi a voi e pregare per la verità, la pace e la riconciliazione della nostra terra comune europea. Santità, non dimenticheremo mai il suo predecessore Giovanni Paolo II affermare più volte: Non siete soli, Noi siamo con voi nelle nostre preghiere!

Alcuni bambini bosniaci, che hanno perso i loro padri a Srebenica, appreso che avrei parlato con Lei oggi, mi hanno chiesto di leggerle la loro preghiera bosniaca:

O Dio

Non permettere che il successo

ci inganni

né che il fallimento ci conduca

alla disperazione!

O Dio

insegnaci che la tolleranza

è il più alto grado di potere

e il desiderio di vendetta

il primo segno di debolezza!

O Dio

Se ci privi della proprietà,

Donaci speranza!

Se ci concedi il successo,

donaci anche la volontà

di superare la sconfitta!

Se ci togli il dono della salute,

donaci quello della fede!

O Dio

se commettiamo peccato

contro qualcuno,

donaci la forza di chiedere scusa!

E se qualcuno

commette peccato contro di noi,

donaci la forza di perdonare!

O Dio

Se ci dimentichiamo di Te,

Non dimenticarti di noi!

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ZENIT Staff

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