Il "Premio Van Thuân" assegnato alle suore di Haiti

Suor Tapia: “Da 30 anni lavoriamo per combattere la fame e le malattie”

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di Mariaelena Finessi

ROMA, mercoledì, 27 ottobre 2010, (ZENIT.org).- Il “Premio cardinale Van Thuân-Solidarietà e sviluppo”, riconoscimento a quanti, persone o istituzioni, spendono la propria vita al servizio degli altri applicando i principi della dottrina sociale della Chiesa è stato assegnato quest’anno alle suore di Haiti, Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. 

Consegnato lo scorso 22 ottobre a suor Adeline Charleus, il prezioso riconoscimento è stato istituito tre anni fa dalla Fondazione San Matteo, ed è dedicato alla memoria del cardinale François-Xavier Nguyên Van Thuân, già presidente del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, che fu testimone egli stesso della croce nei lunghi anni di prigionia in Viet Nam. 

Da circa 30 anni impegnate sull’isola caraibica – tormentata da un’eterna instabilità politica e da un disastro sanitario ed ambientale che ne fanno il più povero Paese dell’emisfero occidentale – per le religiose la nuova sfida è l’epidemia di colera che sta mietendo vittime in questi giorni. È di oggi la notizia, diffusa dal ministero della Sanitá di Port-au-prince che il numero dei morti è salito a 284 con 3600 contagiati. Suor Maria Teresa Tapia, Provinciale d’Haiti, racconta a ZENIT il loro difficile lavoro in una terra tanto martoriata.

Le suore di Haiti, Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, hanno ricevuto il premio Van Thuân. Qual è la motivazione per questo riconoscimento?

Sr. Tapia: La ragione determinante credo stia nel lavoro che le Figlie della Carità portano avanti da oltre 30 anni a Cité Soleil, una dei quartieri più sensibili della capitale. Un lavoro a 360 gradi sia sul piano dell’istruzione che su quello sanitario, nella promozione della donna e nella lotta alla malnutrizione.

Qual è stato l’impegno delle Suore dopo il terremoto che ha devastato l’isola?

Sr. Tapia: L’impegno delle Figlie della Carità è stato immediato su tutti i fronti ma è anche necessario considerare che abbiamo perso la nostra casa provinciale, una scuola è andata completamente distrutta, altre sono state danneggiate mentre una missione è stata di fatto cancellata. 

Ma anche in questa situazione un gruppo di Figlie della Carità, appena due giorni dopo il terremoto, si è dato da fare per contribuire a ripulire e risistemare il più grande ospedale di Port-au-Prince, stracolmo di feriti, con i pazienti amputati che venivano curati sul pavimento, lungo i corridoi. Le suore hanno contribuito per diversi giorni a sterilizzare la sala operatoria dove poter eseguire le amputazioni degli arti. Altre hanno fatto assistenza in questo stesso ospedale per oltre un mese. 

Tante suore sono poi arrivate dalla Spagna, dalla Francia, dall’Inghilterra, dagli Usa e dal Sud e dal Centro America per soccorrere le vittime della catastrofe, curandole e assistendole nei campi profughi, nelle cliniche, nei quartieri di Port-au-Prince e nella campagna di Petit Goâve. Mentre con i vigili del fuoco spagnoli sono salite in montagna a soccorrere i feriti.

Qual è la situazione sociale ed economica del Paese in questo momento? Quali sono oggi le principali esigenze degli haitiani?

Sr. Tapia: Gli Haitiani che sono sotto le tende (a milioni) hanno un bisogno urgente di abitazioni, cibo, acqua, assistenza e servizi sanitari, risorse e strutture scolastiche per i bambini. In questi giorni di fine ottobre un altro disastro sta devastando il Paese: l’epidemia di colera, tanto grave quanto lo è stato il terremoto. Ad oggi contiamo già centinaia di morti. Quattro sorelle delle Figlie della Carità sono sul posto per aiutare le persone infettate.

Come vivono i cristiani ad Haiti? C’è la libertà religiosa?

Sr. Tapia: Sì, ad Haiti c’è libertà di religione e di culto. I cattolici sono circa il 60% della popolazione. Ci sono molte chiese protestanti e un tantissimi voodoo. I cattolici in Haiti dovrebbe provare ad avere più coraggio e convinzione per poter vivere tra persone di altre confessioni cristiane o non cristiane, solitamente troppo fanatiche e inclini al proselitismo. 

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ZENIT Staff

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