di padre Fadi Rahi, C.Ss.R.
ROMA, venerdì, 7 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Mentre era ricoverato in un ospedale di Beirut per un ictus, il 5 dicembre 2012 è morto all’età di 92 anni, il capo della Chiesa Greco-Ortodossa, il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, Ignazio IV Hazim. Nel momento in cui è stata annunciata la notizia della morte, il cancelliere patriarcale ha immediatamente chiesto la chiusura per lutto di tutte le associazioni religiose, civili e sociali che appartengono alla Chiesa Ortodossa per tre giorni.
Nato il 4 aprile 1920 a Muharda, nei pressi di Hama in Siria, si era trasferito a Beirut nel 1936, dove nel 1945 si era laureato all’Università Americana. Poi, in Francia, dove ha studiato teologia presso l’Istituto Teologico San Sergio di Parigi. E’ stato ordinato sacerdote nel 1953 in Libano. Ha fondato l’Università Teologica del Balamand nel nord del Libano ed era uno dei fondatori del Movimento della Gioventù Ortodossa in Siria e in Libano, che ha rinnovato la vita giovanile all’interno della Chiesa.
È stato eletto vescovo nel 1961 nella diocesi di Palmira e vicario patriarcale. Nel 1970 diventa metropolita di Lakatia; nel luglio del 1979 è stato eletto dal sinodo ortodosso 157° patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente della Chiesa Greco-Ortodossa, una delle quattordici Chiese che compongono il Consiglio Ortodosso di Antiochia.
Ignazio IV Hazim è uno dei più grandi personaggi che hanno scritto la storia dell’umanità tramite le loro umili e piccoli azioni, e che hanno dato molti frutti. Ha vissuto una storia di bambino povero, venuto a Beirut per essere formato e servire la chiesa, prima di essere ordinato diacono e di trasferirsi a Parigi per continuare gli studi religiosi. La sua carica episcopale e patriarcale era per lui “grazia su grazia di Dio” per servire i poveri, ha insegnato la strada giusta, ha dato speranza di vita ai figli della vita; ha costruito una scuola di teologia per conoscere e approfondire la Parola di Dio, ha dedicato gran parte della sua vita ai giovani e alla loro educazione.
Non ha mai dimenticato le sue radici, e i frutti del suo apostolato erano sempre dedicati a tutto l’Oriente. Era un esempio di conoscenza, di cultura, di umiltà e di fede, capace di collegare scienza e fede, e dicendo spesso: “la scienza senza la religione è paralitica e la religione senza scienza è cieca”. Era un discepolo di San Tommaso d’Aquino, e diceva: “non si può realizzare il vero amore senza la giustizia”. È stato un uomo dedito al lavoro fino all’ultimo giorno della sua vita, nonostante la sua età lavorava come un giovane zelante, pregava come un santo che vive in terra, portava le difficoltà e i problemi dei suoi fedeli nel suo cuore, incoraggiandoli a confrontare tutto con l’aiuto del Signore nostro. Il patriarca Hazim era inoltre un uomo di dialogo, tra cristiano ortodossi e cattolici, ma anche tra cristiani e musulmani.
In questi mesi aveva lanciato diversi appelli per la pace in Siria, devastata dalla guerra civile fra l’esercito di Bashar al-Assad e le milizie ribelli del Free Syrian Army; insieme ai vescovi cattolici e ai leader religiosi musulmani era fortemente impegnato per la riconciliazione nel Paese. In uno dei suoi appelli, diffuso in luglio, egli scriveva: “Un incalcolabile numero di arabi musulmani e cristiani, uomini, donne e bambini, cadono vittime delle bombe ogni giorno. Gli ospedali sono pieni di feriti, il gemito umano è divenuto continuo e ininterrotto”. Come arabi della Siria, “a prescindere dalla nostra religione, noi abbiamo il diritto di vivere in pace nel nostro Paese…Invito tutti i siriani, in nome dell’unico vero Dio, a decidere di vivere insieme nella nostra patria benedetta auspicando che tutte le organizzazioni internazionali ci aiutino a garantire la pace, la stabilità e la riconciliazione”.
Il presidente della Repubblica Libanese ha dichiarato che il trapasso del Patriarca Ignazio IV “è una perdita per il Libano e per gli arabi, vedendo quella che era la sua saggezza e la sua intelligenza, il suo coraggio di chiamare sempre tutti al dialogo e alla convergenza. Da parte sua, l’ex vice-primo ministro libanese, Issam Fares, ha detto: “ci lascia in un momento storico difficile che sta vivendo il Medio Oriente. Lui che ha portato nella sua coscienza la sofferenza e la speranza di tutti i figli della regione, cristiani e musulmani. I cristiani e i loro problemi nel Medio Oriente sono stati il suo pensiero quotidiano fino all’ultimo respiro nella sua vita… Egli ha incarnato il catechismo della Chiesa Ortodossa nell’approccio della missione dei cristiani con i loro concittadini, e questo è un insegnamento a vivere secondo i valori dell’apertura, di tolleranza e di dialogo con gli altri”.
È vero che l’Oriente ha perso una grande uomo che ha guidato la Chiesa Ortodossa per trentatre anni come padre, pastore, insegnante, fratello e amico di tutti, ma come fedeli che credono nella vita eterna, siamo sicuri che la sua anima riposa in pace e Dio misericordioso lo accoglierà tra i suoi santi, insieme alla voce degli angeli che lodano insieme la Trinità dicendo: “Cristo è risorto dai morti e ha dato vita a quelli che sono nelle tombe”.