ROMA, lunedì, 10 dicembre 2012 (ZENIT.org).- «È vero che in Georgia il cristianesimo non è a rischio come in altri Paesi, ma dovremmo chiederci quale esperienza di fede si sta radicando e per mano di chi sta scomparendo la comunità cristiana in comunione con Roma». Padre Gabriele Bragantini, vicario episcopale per la cultura e l’ecumenismo della Chiesa cattolica in Georgia, descrive ad Aiuto alla Chiesa che Soffre i complessi rapporti con la Chiesa ortodossa georgiana. Che nella storia del Paese hanno conosciuto «l’alternarsi di momenti più o meno felici».
Il religioso della Congregazione delle Sacre Stimmate di Nostro Signore Gesù Cristo, trasferitosi nello Stato caucasico nella metà degli anni ’90, racconta ad ACS che una delle attuali preoccupazioni del clero cattolico – i cui fedeli non raggiungono l’1% della popolazione – è la pratica del ribattesimo, «sempre più diffusa nella quotidianità della Chiesa cattolica georgiana». Sono molti i giovani cattolici costretti a ribattezzarsi per sposare un partner ortodosso. Tanti anche gli anziani che in punto di morte sono spinti dai familiari a ribattezzarsi, per paura che il congiunto vada all’inferno o non si ricongiunga a loro nell’aldilà. E non mancano altri esempi. Il sacramento è amministrato anche ai testimoni di nozze ortodosse, a padrini e madrine di battesimi ortodossi e perfino alcune coppie cattoliche preferiscono battezzare i propri figli all’ortodossia, «così da grandi non avranno problemi». Le cause del fenomeno sono da ricercarsi in un contesto familiare, sociale ed ecclesiastico che identifica l’identità nazionale con la religione ortodossa georgiana. «È difficile poter parlare di libertà religiosa, di scelta religiosa – fa notare padre Bragantini – quando se sei georgiano non puoi non essere che ortodosso».
La Costituzione (art.9) riconosce alla Chiesa ortodossa georgiana un ruolo speciale. Nel luglio del 2011 l’approvazione parlamentare di una nuova procedura per la registrazione delle associazioni religiose ha detestato molta sorpresa. Le comunità non ortodosse – a cui spettava il solo riconoscimento di soggetto non commerciale di diritto privato – possono ora registrarsi come soggetto giuridico di diritto pubblico, purché abbiano una relazione storica con la Georgia o siano considerate “religioni” nei Paesi membri dell’Unione Europea. Lo status giuridico pubblico è dunque applicabile alla Chiesa armena, alla comunità islamica e a quella cattolica; motivo per cui la legge ha incontrato la resistenza della Chiesa ortodossa georgiana. «In questi anni non sono mancati incontri sul tema – spiega padre Bragantini ad ACS-Italia – ma alcuni problemi hanno intralciato non poco la stesura e l’accettazione di un documento condiviso». Tra questi il Concordato del 2002 con cui lo Stato ha attribuito diversi privilegi al Patriarcato ortodosso – ad esempio la possibilità di veto alla costruzione dei luoghi di culto delle altre comunità religiose – e la distinzione tra confessioni tradizionali – Chiesa cattolica, Chiesa armena, Islam, giudaismo. «La legge approvata lo scorso anno però, sembra offrire un sacco vuoto: si tratta di un testo che dichiara esclusivamente la legittimità dell’esistenza di altre confessioni oltre a quella ortodossa. Resta ancora molta strada da fare, e stiamo lavorando per colmare le lacune legislative».
Negli ultimi tempi la Georgia ha compiuto alcuni passi avanti in materia di libertà religiosa, tra cui il diritto all’obiezione di coscienza per i fedeli delle religioni di minoranza. Ed è di questi giorni la notizia che nelle carceri saranno predisposti spazi di preghiera e di formazione religiosa anche per le confessioni diverse da quella ortodossa. Ma sono numerosi i problemi ancora aperti, come l’insegnamento della religione nelle scuole e la questione delle proprietà ecclesiastiche confiscate durante il periodo sovietico, restituite in parte alla Chiesa ortodossa. «È difficile stabilire perché i beni ecclesiastici siano stati attribuiti al Patriarcato ignorando le richieste dei legittimi proprietari», afferma padre Bragantini. La Chiesa cattolica rivendica la proprietà di cinque chiese attualmente di proprietà ortodossa nelle città di Kutaisi, Batumi, Gori, Ivlita e Ude. «La precedente amministrazione non ha fatto nulla in merito, ma il governo eletto lo scorso ottobre ha promesso di creare delle commissioni incaricate di risolvere la situazione».
Intanto, «nel suo piccolo», la Chiesa cattolica continua la missione a fianco dei georgiani. I lunghi decenni di comunismo hanno «creato dei grossi vuoti in vari ambiti della vita umana e della società». Sebbene la popolazione abbia conservato il valore della famiglia, «constatiamo ogni giorno il diffuso ricorso all’aborto e la mancanza di una preparazione alla vita coniugale e familiare». Ecco perché la Chiesa cattolica ha creato a Kutaisi un Centro pastorale per la vita, a servizio della formazione alla sessualità e alla vita familiare e di coppia, frequentato anche da ortodossi. «Non tutti, però, riescono ad superare il fatto che si tratti di un centro ‘cattolico’». Nel centro operano religiosi, una ginecologa e uno psicologo che, oltre a proporre incontri, aiutano le famiglie povere con molti figli e sostengono le donne in difficoltà che vogliono portare a termine la gravidanza. «In un contesto come questo, la Chiesa di maggioranza dovrebbe fare sicuramente molto di più, magari collaborando con le altre confessioni».