Nel grembo dell'anima vive la nostra Gioia

Vangelo della III Domenica di Avvento

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 13 dicembre 2012 (ZENIT.org).

Sof 3,14-17

Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! (…) Il Signore tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia””.

Fil 4,4-7

Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.”.

Lc 3,10-18

In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni dicendo: “Che cosa dobbiamo fare?”. Rispondeva loro: “Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto”. Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: “Maestro, che cosa dobbiamo fare?”. Ed egli disse loro: “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. Lo interrogavano anche alcuni soldati: “E noi, che cosa dobbiamo fare?”. Rispose loro: “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”. Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: “Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.”.

La prima Parola di questa III Domenica d’Avvento è la stessa che l’angelo Gabriele rivolse a Maria appena fu entrato da lei: “Rallegrati, figlia di Sion, grida di gioia..” (Sof 3,1s; Lc 1,28).

Spiega Papa Benedetto: “Il motivo essenziale per cui la figlia di Sion può esultare è espresso nell’affermazione: “Il Signore è in mezzo a te” – tradotto letteralmente – “è nel tuo grembo”. Proprio questa parola ricompare nel messaggio di Gabriele a Maria: “Concepirai nel grembo” (Lc 1,31). (…) “Rallegrati, piena di grazia!” Nel greco, le due parole, gioia e grazia, sono formate dalla stessa radice. Gioia e grazia vanno insieme(Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù, p. 36-38).

Spiegando il vero significato della parola “Rallegrati”, Benedetto osserva: “Con questo augurio dell’angelo – possiamo dire – inizia, in senso proprio, il Nuovo Testamento” (id., p. 36).

Il Nuovo Testamento coincide con la venuta di Gesù Cristo, è il tempo del Dio-con-noi; un tempo cominciato a Betlemme duemila anni fa e che non finirà mai, perché : “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20). L’“augurio” di cui parla il Papa, risuonerà tra pochi giorni in tutto il mondo per mezzo di due semplici parole: “Buon Natale!”.

Ma domandiamoci: augurando a noi e agli altri che il Natale sia “buono”, che cosa desideriamo in realtà? Natale significa nascita, e nascita significa vita, esistenza, storia. E’ vero, “Buon Natale” è anzitutto l’auspicio di pace rivolto il 25 dicembre a tutti gli uomini che Dio ama, ma tale speranza si estende idealmente all’intera vita futura di ognuno: che sia “buona” per sempre!

Perciò dobbiamo chiederci: quando la vita è buona com’è buono un cibo squisito? Quando è felice, realizzata? Tutti riconosciamo e sperimentiamo che assai spesso essa riserva più amarezza che dolcezza, più sofferenza che benessere..

Ciò nondimeno la fede nell’Incarnazione del Verbo rivela che la vita è un bene inestimabile in se stessa, un dono divino il cui valore assoluto ed incorruttibile sta nel fatto che vivere vuol dire poter partecipare alla beatitudine eterna del Dio trinitario dell’amore e della gioia.

Come possiamo, allora, gustare la bontà profonda della vita e la sua intrinseca promessa di felicità?

Alla luce del Vangelo dell’Incarnazione, Papa Benedetto ci dice che a tal fine non può mancare la grazia, poiché gioia e grazia vanno insieme. La grazia è gioia perché è pura vitalità divina, vale a dire luce e amore di Dio.

E’ questo l’annuncio che risuona in tutto il mondo, è questa la verità del Natale: “E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini..” (Tito 2,11).  

Venendo allora al Vangelo di oggi, facciamo nostra la domanda rivolta con insistenza dal popolo al Battista: “Che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,10).

Che cosa dobbiamo fare per vivere realmente nella gioia della grazia?

Come può realizzarsi, nonostante la sofferenza, l’affascinante augurio di Paolo: “siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto, siate lieti” (Fil 4,4-7)?

Possiamo iniziare a rispondere modificando così il testo di Paolo: “Fratelli, siate nel Signore per essere sempre lieti! fatevi recipienti della sua grazia per essere poi canali, perché è il prossimo la chiave della felicità! La gioia dell’acqua, infatti, è unicamente il frutto che cresce dalla terra irrigata.

Paolo esorta: “La vostra amabilità sia nota a tutti”. Ora l’amabilità è l’atteggiamento profondo che irradia dall’esperienza dell’incontro quotidiano con il Signore Gesù. Egli è il Dio-con-noi, il Dio-dentro-di-noi, la cui presenza è fonte di gioia com’è vero che il Sole che sorge è fonte di luce e calore.

Cosa rispondere, infine, a chi solleva il problema dell’assenza di Dio in questo mondo, e vive come se Egli non fosse uno di noi? Lascio la risposta al beato Giovanni Paolo II:

Il problema dell’assenza di Cristo non esiste. Il problema del suo allontanamento dalla storia dell’uomo, non esiste. Il silenzio di Dio nei confronti delle inquietudini del cuore e della sorte dell’uomo, non esiste.

Non c’è che un solo problema che esiste sempre e dovunque: il problema della nostra presenza vicino a Cristo. Della nostra presenza in Cristo. Della nostra intimità con la verità autentica delle sue parole e con la potenza del suo amore. Non esiste che un problema, quello della nostra fedeltà all’alleanza con la Sapienza eterna che è sorgente della vera cultura, vale a dire della crescita dell’uomo, e quello della fedeltà alle promesse del nostro Battesimo” (Omelia a Le Bourget, 1/6/1980).

* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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