"Basilica Eleniana quae dicitur Sessorium" (Seconda parte)

Una visita alla Basilica di S. Croce in Gerusalemme. Le reminiscenze di epoca paleocristiana

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di Paolo Lorizzo*

ROMA, sabato, 1 dicembre 2012 (ZENIT.org).- Alzi la mano chi lo ha fatto almeno una volta nella vita e in una sola giornata! E pensare che in epoca medievale era una consuetudine (in seguito caduta un po’ in disuso ma ‘rivitalizzata’ nel ‘500 da San Filippo Neri) a cui i fedeli tenevano particolarmente. Stiamo parlando del cosiddetto “giro delle Sette Chiese”, il pellegrinaggio fatto a piedi comprendente la visita e la sosta alle Sette Chiese di Roma (San Pietro, San Paolo, San Giovanni e San Lorenzo Fuori le Mura, S. Giovanni in Laterano, S. Croce in Gerusalemme e Santa Maria Maggiore) per un percorso totale di 20 chilometri.

Come già precedentemente sottolineato, la Basilica di S. Croce in Gerusalemme è stata posizionata al di sopra delle strutture di epoca romana pertinenti al Palazzo Sessoriano. In particolare l’edificio di culto si colloca sfruttando le strutture di un atrio rettangolare di età ‘severiana’ (fine II inizio III secolo d.C.), creato in origine per collegare il settore residenziale della villa con quello ludico e di rappresentanza, che in origine aveva un piano di calpestio più basso di circa due metri rispetto all’attuale pavimentazione della chiesa.

Per capire quali fossero i primi interventi in epoca costantiniana ci viene in soccorso il Liber Pontificalis. L’imperatore Costantino infatti fece realizzare nella parete di fondo del padiglione di età ‘severiana’ un’apertura nella parte centrale per costruirvi l’abside e creò la divisione interna in transetti trasversali, formando tre spazi ben distinti, destinati alla servitù, alla corte e al clero, quest’ultimo alloggiato presso l’abside di fronte all’altare. La luce filtrava attraverso 15 grandi finestre che si aprivano lungo la fascia superiore dell’edificio, mentre le divisioni interne, sorrette da colonne, erano completamente cieche  e sorrette da archi.

Nella parte sud-est della chiesa (l’area per intenderci posizionata dietro l’abside della chiesa sul lato  destro) è situato un ambiente coevo con volta a crociera, trasformato in età costantiniana in cappella privata ed ornato dall’imperatore Valentiniano III da uno splendido mosaico di gusto bizantino (datato tra il 425 e il 455 d.C.). A sud di questo vano sono state riportate alla luce le fondazioni di un altro ambiente destinato in fase paleocristiana al rito del Battesimo. Le indagini archeologiche inoltre hanno permesso di comprendere che in quest’area erano probabilmente situati gli ambienti residenziali destinati alla famiglia imperiale prima della costruzione della chiesa, visto il ritrovamento di alcuni tratti del corridoio che collegava questi al pulvinar (il palco reale da cui l’imperatore e la corte assisteva agli spettacoli nel circo Variano). Qui l’imperatrice, alla quale rimase il grandioso palazzo dopo il definitivo trasferimento di Costantino in Asia Minore, era probabilmente solita raccogliersi in preghiera durante le funzioni religiose, lontano da occhi indiscreti.

La scelta dell’area degli Horti Variani per l’istallazione dapprima della residenza imperiale e successivamente della chiesa, trova una spiegazione assai plausibile nell’analisi storica del rapporto tra il nuovo imperatore e la città di Roma. Costantino infatti, pur amando Roma, era sempre più attratto da altri contesti territoriali, anche a causa del fatto che Roma era ancora estremamente legata a concetti di culto pagani che mal si adattavano alla nuova corrente di pensiero introdotta da Costantino. Questo portava l’imperatore a disertare le grandi cerimonie pagane, entrando in forte contrasto dapprima con il Senato e successivamente con il popolo, a tal punto da contemplare un suo trasferimento che poi effettivamente avvenne l’11 maggio del 330 con l’inaugurazione della nuova capitale Costantinopoli.

Utilizzare una residenza privata (anche se grandiosa) a residenza imperiale, necessitava di una serie di modifiche soprattutto per la carenza di ambienti specificatamente di rappresentanza. Vennero quindi costruite una grande aula basilicale per le riunioni di Stato, una serie di edifici pubblici, gli alloggi per la corte, nonché il riadattamento degli spazi residenziali dei precedenti Horti Variani alle necessità della famiglia imperiale. Questo grandioso complesso venne probabilmente utilizzato poco da Costantino il quale, già impegnato su altri fronti territoriali e privilegiando altre città, aveva spezzato quel pur labile legame con Roma con cui probabilmente, a parte l’amore iniziale per averla liberata dal tiranno Massenzio, non ebbe un particolare feeling.

L’abbandono del complesso da parte di Costantino rappresentò una modifica della destinazione d’uso, in quanto d’ora in avanti sarà esclusivamente residenza di Elena fino alla sua morte.

[La prima parte è stata pubblicata sabato scorso, 24 di novembre]

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.

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ZENIT Staff

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