ROMA, martedì, 4 dicembre 2012 (ZENIT.org).– In collaborazione con Aiuto alla Chiesa che Soffre, Mark Riedemann ha intervistato per il programma Where God Weeps (Dove Dio piange) il regista, giornalista ed esperto nelle Chiese dei Balcani, Ivan Cigic.
Lei è appena tornato da un viaggio in Macedonia. Ci può raccontare qual era lo scopo di questo viaggio?
Ivan Cigic: Ci siamo andati per girare un documentario sulla Chiesa cattolica locale. Ci siamo rimasti per quasi 20 giorni, spostandoci da un luogo all’altro, cercando di scoprire tutti i dettagli della Chiesa cattolica macedone.
Qual è stata la sua reazione all’arrivo in Macedonia?
Ivan Cigic: La mia prima impressione è stata di un Paese molto bello, con una popolazione molto calorosa ed accogliente, ma molto povera. Dopo lo smantellamento della Jugoslavia, la Macedonia, resasi indipendente, si ritrovò circondata da vicini molto scontenti per l’emergere di nuovi Stati in questa parte del mondo. Oggi la Macedonia affronta molte difficoltà economiche: un elevato tasso di disoccupazione (secondo i dati ufficiali circa il 25%, ma l’economia sommersa è molto diffusa e quindi non si può fare affidamento sulle statistiche ufficiali), un’agricoltura inefficiente che, per il fatto di non essere membro dell’UE, ha difficoltà ad esportare i suoi prodotti in Occidente, e, infine, lo stipendio medio è di circa 250 euro al mese anche per i lavoratori altamente qualificati. La situazione è difficile.
Lei ha detto che la nascita della Macedonia come Stato autonomo non è stata vista di buon occhio da alcuni dei Paesi vicini. Non solo con i paesi confinanti ma anche all’intero del territorio, ci sono stati degli scontri. Ci può spiegare un po’ questa situazione?
Ivan Cigic: Questa parte del mondo è stata stravolta soprattutto dopo la caduta del comunismo in Albania. I Paesi che circondano l’Albania come la Macedonia, il Kosovo e il Montenegro, hanno un alto numero di minoranze albanesi che hanno voluto far parte dei nuovi Stati. Circa otto anni fa, queste minoranze albanesi hanno chiesto una certa indipendenza o autonomia culturale e politica. Le autorità macedoni hanno cercato di negoziare un compromesso per la pace, che si è finito in un conflitto durato circa un anno e mezzo, con alcune vittime, ma oggi siamo felici di poter dire che non è degenerato in un conflitto importante come avvenne nel Kosovo e nella Bosnia-Erzegovina.
Per quanto riguarda i Paesi vicini, perché questa “gelosia” o mancanza di comprensione di questo nuovo Stato?
Ivan Cigic: Ciò ha radici storiche. I greci in particolare non hanno accettato un popolo macedone indipendente e sono sempre stati orgogliosi di dichiarare che il primo stato greco era la Macedonia. Quando la Macedonia ha dichiarato l’indipendenza, la Grecia l’ha dunque percepito come un attacco diretto contro la sua sovranità. Oggi, la Grecia e la Macedonia contendono davanti al tribunale internazionale dell’Aja e all’ONU un nuovo nome per la Macedonia. I greci non sono disposti a riconoscere la Macedonia come Stato e vogliono riprendersi il nome Macedonia, anche se poi la NATO ha accettato la Macedonia come Stato membro in modo che il popolo macedone si senta più sicuro di prima.
La Chiesa cattolica in Macedonia è costituita da due tradizioni: il rito latino e il rito bizantino. Come mai e come queste due tradizioni vengono percepite in Macedonia, essendo entrambe Chiese minoritarie?
Ivan Cigic: In sostanza, la Chiesa cattolica di rito latino viene considerata una chiesa missionaria.
Un corpo estraneo in Macedonia?
Ivan Cigic: Esattamente. La Chiesa cattolica di rito bizantino è stata invece percepita come un ramo della Chiesa ortodossa fino al XIX secolo. Aveva la sua base nell’attuale Grecia. Quando i greci hanno negato loro il diritto di parlare la propria lingua e di celebrare la loro liturgia nella loro lingua, imponendo l’uso della lingua greca, i cattolici macedoni hanno deciso di scindersi e hanno chiesto al Papa di accettarli come parte della Chiesa cattolica, a condizione di poter mantenere la loro lingua e usarla per la loro liturgia. Il Vaticano ha accettato. Poi loro si sono dichiarati come facenti parte della Chiesa cattolica. Questo è stato percepito come una provocazione ed è finito in un grande scontro. La politica greca ha portato allo sterminio quasi totale. Molti sono stati uccisi ed altri esiliati in quella che oggi è la parte sudorientale della Macedonia e per decenni non hanno avuto capi ecclesiastici. Oggi vi sono poco più di 12.000 cattolici di rito bizantino, circondati da una maggioranza ortodossa.
Come sono oggi le relazioni interreligiose? Abbiamo i greco-ortodossi, abbiamo gli ortodossi macedoni, e abbiamo le Chiese cattoliche… e adesso l’Islam?
Ivan Cigic: Come nei Balcani, è una situazione complessa. Ancora oggi molti greco-ortodossi ed ortodossi macedoni considerano la Chiesa cattolica di rito bizantino quasi come dei traditori. E la comunicazione tra loro è molto limitata, ma adesso che c’è il crescente problema dell’Islam, in Macedonia la relazione è recentemente diventata più distesa e pacifica. C’è un vescovo responsabile sia per il rito latino che per il rito bizantino. Lui, come dichiarato nel suo motto Ut unum sint, vorrebbe lavorare per la riconciliazione tra queste comunità.
Come procede?
Ivan Cigic: Credo che monsignor Kiro Stojanov sia uno dei personaggi più importanti della storia della Chiesa cattolica in Macedonia, soprattutto se si considera che lui è il primo vescovo macedone in 104 anni. È ben accettato da tutte le religioni in Macedonia. Viene percepito, non solo tra i credenti ma da tutti i Macedoni – atei o di altre religioni – come qualcuno che, con grande successo, sta cercando veramente di costruire ponti tra tutte le religioni. Lei ha detto che per molte generazioni non c’è stata alcuna gerarchia, ma neppure ci sono stati sacerdoti e molte parrocchie sono andate in letargo o abbandonate.
Come ha mantenuto la fede la gente?
Ivan Cigic: È molto interessante il fatto che sebbene le chiese siano rimaste vuote per decenni la gente ha mantenuto una “memoria collettiva”. Non volevano abbandonare la loro fede. Non hanno neppure pensato o detto che la loro fede potesse essere sostituita da qualcos’altro. Dopo la nomina di monsignor Kiro Stojanov, qualcosa è successo: è nata una generazione completamente nuova di giovani sacerdoti. Questi nuovi sacerdoti sono molto rispettati dalla comunità e in qualche modo i cattolici hanno riacquistato la speranza che la Chiesa sarà di nuovo grande come lo era a metà del XIX secolo, prima della tragedia. Così la gente sta tornando in chiesa, inizia a tornare alla Confessione ed è attiva nella liturgia. Un’altra osservazione interessante che ho fatto è che i credenti ortodossi, vedendo questi sacerdoti cattolici attivi, si rivolgono alle Chiese cattoliche per confessarsi, dicendo spesso di non avere quest’opportunità nelle loro chiese. Così, lentamente, si avvicinano sempre di più al raggiungimento questa unità. Abbiamo visto in un piccolo villaggio come cattolici ed ortodossi si sono radunati per la Pasqua in chiesa per pregare insieme. Non importava se fosse una chiesa cattolica o ortodossa. È stato bello assistere a questo.
Quindi i rapporti ecumenici si instaurano alla base?
Ivan Cigic: Sì, penso di sì e ciò che è interessante è che questo è stato iniziato dalla gente, dai credenti e non dalla gerarchia. Questo significa che continuerà e vivrà.
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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per Where God Weeps, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network, in collaborazione con
l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre.
Aiuto alla Chiesa che soffre: www.acn-intl.org
Aiuto alla Chiesa che soffre Italia: www.acs-italia.glauco.it
Where God Wheeps: www.wheregodweeps.org