di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 12 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Proseguendo il suo ciclo di catechesi dedicato all’Anno della Fede, in occasione dell’Udienza Generale odierna, papa Benedetto XVI ha incentrato la sua meditazione sulle tappe della Rivelazione.
“Il rivelarsi di Dio nella storia per entrare in rapporto di dialogo d’amore con l’uomo, dona un nuovo senso all’intero cammino umano”, ha spiegato il Santo Padre. La storia, infatti, “non è un semplice succedersi di secoli, di anni, di giorni, ma è il tempo di una presenza che le dona pieno significato e la apre ad una solida speranza”.
Già a partire dall’Antico Testamento, prendono forma i fatti con cui Dio stringe alleanza con il suo popolo che, ben lungi dal cadere nella “dimenticanza”, diventano “memoria” e, nel loro complesso, determinano la “storia della salvezza”, che il popolo d’Israele mantiene viva attraverso la “celebrazione degli avvenimenti salvifici”.
Nel libro dell’Esodo (cfr. Es 12,14), “il Signore indica a Mosè di celebrare il grande momento della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, la Pasqua ebraica”, ricordandogli che, “di generazione in generazione”, quella festa sarà celebrata come un “rito perenne”.
È Mosè, a sua volta, a rammentare al suo popolo: «Guardati bene dal dimenticare le cose che Dio ha fatto con noi» (Dt 4,9). “La fede è alimentata dalla scoperta e dalla memoria del Dio sempre fedele, che guida la storia e che costituisce il fondamento sicuro e stabile su cui poggiare la propria vita”, ha commentato il Papa.
Anche la Vergine Maria, nel canto del Magnificat, celebra tutta la storia della salvezza, esaltando in particolare “l’agire misericordioso di Dio nel cammino concreto del suo popolo, la fedeltà alle promesse di alleanza fatte ad Abramo e alla sua discendenza; e tutto questo è memoria viva della presenza divina che mai viene meno (cfr. Lc 1,46-55)”.
Se nell’Antico Testamento, l’evento centrale in cui Dio rivela la sua “azione potente” è la liberazione degli Israeliti dalla schiavitù d’Egitto, la Rivelazione conosce il suo culmine nella Sua incarnazione in Gesù Cristo. Nel passo evangelico dei discepoli di Emmaus (Lc 24,27), è proprio Gesù a rammentare ai due viandanti smarriti il compimento della promessa di Mosè e di tutti i profeti, che ora si è realizzata in lui.
Il Pontefice ha poi accennato alla sintesi offerta dal Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. 54-64) che “ripercorre il cammino di Dio con l’uomo dall’alleanza con Noè dopo il diluvio, alla chiamata di Abramo ad uscire dalla sua terra per renderlo padre di una moltitudine di popoli. Dio – ha proseguito il Papa – forma Israele quale suo popolo, attraverso l’evento dell’Esodo, l’alleanza del Sinai e il dono, per mezzo di Mosè, della Legge per essere riconosciuto e servito come l’unico Dio vivo e vero”.
Con il passare dei secoli la Rivelazione di Dio si fa sempre più nitida, aprendosi verso “il Mistero di Cristo, il Re dell’universo”. Ed è in Cristo che “si realizza finalmente la Rivelazione nella sua pienezza: Egli stesso si fa uno di noi”.
Il cammino della Rivelazione si evolve nella misura in cui Dio “sempre reagisce alle risposte dell’uomo e trova nuovi inizi di alleanza quando l’uomo si smarrisce”.
L’Avvento, momento preparatorio alla Natività, culmine della Rivelazione di Dio, “anticamente indicava proprio l’arrivo del re o dell’imperatore in una determinata provincia”, ha spiegato Benedetto XVI. Per noi cristiani, tuttavia, rappresenta “il re che è sceso in questa povera provincia che è la terra e ha fatto dono a noi della sua visita assumendo la nostra carne, diventando uomo come noi”.
Il tempo liturgico attuale, quindi, ci ricorda che Dio non si è allontanato dal mondo, né ci ha “abbandonato a noi stessi, ma ci viene incontro in diversi modi, che dobbiamo imparare a discernere”, ha aggiunto il Santo Padre.
La Sua presenza è qualcosa che ognuno di noi è chiamato a testimoniare nel mondo “spesso superficiale e distratto”, facendo “risplendere nella nostra vita la luce che ha illuminato la grotta di Betlemme”, ha poi concluso il Papa.