CATANZARO, domenica, 2 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Si sa che il “Bosone di Higgs” è la denominazione attribuita ad una particella elementare che costituisce la sostanza della materia. Si sa anche che fu il nobel per la fisica Leon Max Lederman, nel suo libro pubblicato nel 1993 dall’omonimo titolo, ad averla denominata “particella di Dio” e prima ancora “particella maledetta” per il fatto che, pur essendo oggetto di teorizzazione da parte di Peter Higgs fin dal 1964 mediante l’introduzione della “massa immaginaria” nella spiegazione della materia dell’universo, non era mai stata realmente osservata e descritta in un esperimento da “laboratorio”.
Da subito Higgs però aveva rifiutato quell’appellativo, lo riteneva potenzialmente offensivo per ogni credente. Ma se Peter Higgs aveva teorizzato quella particella elementare che “dona forma ad ogni cosa” ed il CERN di Ginevra l’aveva scoperta ed osservata, cosa c’entra Dio in tutto ciò? Ed in che senso l’idea di creazione viene messa in gioco proprio da questa scoperta?
A queste domande hanno risposto il prof. Alessandro Carioti (teologo co-fondatore del CSV) e l’astronomo Alessandro Omizzolo (Specola Vaticana) in un affollatissimo incontro promosso dal Centro Studi Verbum e dal Movimento Apostolico, col patrocinio dell’Ente provincia e della Università Magna Graecia di Catanzaro.
Il progetto, nato da un’idea di Domenico Concolino (Cappellano Università Catanzaro), giunto alla seconda edizione che ha per titolo “La verità: orizzonte dei saperi”, è scandito in cinque sessioni. In ognuna di esse, un teologo del Centro Studi Verbum si confronta con uno specialista di una diversa area del sapere (filosofia, cosmologia, economia, diritto, neuroscienze), assumendo la prospettiva recentemente ribadita da Benedetto XVI: “sono convinto del bisogno urgente di dialogo costante e di cooperazione tra i mondi della scienza e della fede”, perché “senza questa necessaria interazione le grandi questioni dell’umanità lasciano l’ambito della ragione e della verità e sono abbandonate all’irrazionale, al mito o all’indifferenza, a grande detrimento dell’umanità stessa, della pace nel mondo e del nostro destino ultimo.
Questa seconda sessione, moderata da Luca Tiriolo (CNR – Lamezia Terme) svoltasi presso la “Sala delle Culture” del palazzo della Provincia e simultaneamente seguita su Twitter (#Universus2), ha visto la partecipazione di numerosissimi studenti e di docenti dell’Università Magna Graecia, con la gradita presenza dell’Arcivescovo di Catanzaro Mons. Bertolone e della presidente della provincia Wanda Ferro.
Anzitutto, come spesso avviene, si è cercato di sgombrare il campo da equivoci. Soprattutto due di essi hanno attirato l’attenzione dei due relatori.
Primo: nessun conflitto possibile tra scienza e fede. Piani e metodi restano distinti. Dio infatti non è oggetto della scienza sperimentale, né può esserlo. Per essenza egli non ricade nell’ambito dell’osservazione sperimentabile e ripetibile. La ricerca teologica a tal proposito dichiara che Dio è trascendente e soprasensibile (san Gregorio di Nissa) e la verità della sua esistenza, come insegna san Paolo, si raggiunge non attraverso la vista ma attraverso l’udito.
La fede infatti nasce dall’ascolto (Rm 10). Lo scienziato, d’altra parte, mediante la sua osservazione neutrale ed intelligente dell’universo, non scopre mai il fondamento della non esistenza del Dio, ma piuttosto trova elementi che suggeriscono armonia, bellezza, meraviglia, che dischiudono liminalmente un’ulteriore possibilità. Il mondo per lui può diventare segno e disegno.
Ma cosa raggiunge l’astronomo nella sua ricerca? Alessandro Omizzolo ha spiegato, dati alla mano, che l’universo da noi conosciuto ed osservato è solamente il 5% del totale. Esiste cioè una sterminata area di non conoscenza che spinge ogni vero scienziato ad essere umile e consapevole delle proprie affermazioni. Così non solo la scienza, in questo caso, si nutre di “forse” piuttosto che di certezze assolute.
Secondo: precisazione del concetto di creazione. Creatio ex nihilo, creatio continua: sono questi due concetti che il teologo è chiamato a legittimare di fronte alla scienza. Definita teologicamente come passaggio dal nulla all’essere, la creazione ab initio temporis non si riduce affatto alla “produzione” di massa o di energia, ma interessa piuttosto l’inizio assoluto di ogni cosa, delle cose visibili ed invisibili, anche di quelle non ancora visibili ma presenti nel nostro universo fisico. Persino il tempo è un frutto dell’atto creativo di Dio (S. Agostino).
Creazione è dunque un’attività del Dio trinitario, che mediante la sua Parola creatrice imprime un ordine leggibile in “modo matematico” dalla ragione nell’intero cosmo. Al contrario del caos, il concetto di cosmo rimanda più direttamente ad una complessità ordinata e ad un’armonia.
Qui sta il fondamento dell’idea teologica di bellezza come corrispondenza di Logos e di Imago. Tuttavia, bisogna ricordare che la scoperta di un ordine e di una bellezza nel cosmo diventa atto di fede nel Dio creatore solamente quando è sorretta dalla grazia divina che illumina interiormente e spinge verso Dio verità.
La scienza non parla mai di questa identità di creazione, nonostante qualche giornale lo faccia, ma può solo discutere del passaggio tra una forma di materia ad un altra forma più evoluta. Essa resta sempre ancorata alla materia pena la perdita della sua indagine.
Terzo: il posto dell’uomo nell’universo tra fede e scienza. Solo pochi giorni fa è stata fotografata una nuova enorme galassia, la più lontana finora osservata. Così mentre lo spazio conosciuto diventa sempre più infinito, il posto dell’uomo nell’universo appare davvero “insignificante” rispetto al tutto. Cos’è quest’uomo perché qualcuno si ricordi di lui?
Tuttavia anche se l’uomo non è al centro geometrico dell’universo, la fede lo riconosce piuttosto al centro dei pensieri di Dio. Questa fondamentale visione scientifica dell’uomo ci aiuta a leggere il libro della genesi con nuovi occhi. L’uomo è l’unico che può portare in sé ed elaborare questo tipo di conoscenza, lui è l’unico essere ad immagine e somiglianza di Dio che può meravigliarsi e inabissarsi dinanzi a tanta infinita materia.