Per spiegare come Gesù ci perdona, usa i giochi di prestigio. Con una mano mostra un fazzoletto viola, che simboleggia il nostro peccato, poi sfregandosi entrambe le mani fa sparire nel nulla quel fazzoletto… È un po’ quello che avviene quando ci accostiamo al sacramento della penitenza, permettendo che la misericordia di Dio ripulisca il nostro cuore di tutte le sporcizie che si accumulano, fino a che non ci rivolgiamo a Lui.

Con questa metafora ispirata alla ‘magia bianca’, don Roberto Dichiera ha illustrato ieri sera ai ragazzi del Centro Giovanile San Lorenzo, a due passi dalla basilica di San Pietro, quella che è stata la sua esperienza di conversione. Ancora pochi anni prima di entrare in seminario, infatti, don Roberto era molto più che un enfant terrible. Non solo non andava a messa e non pregava ma faceva uso e spaccio di droghe – anche pesanti – e, per di più, bestemmiava.

A margine dell’incontro, promosso dall’associazione Papaboys, ZENIT ha intervistato don Dichiera, 40 anni (ma ne dimostra una decina di meno), sacerdote di origini toscane, attivo a Roma presso la comunità Nuovi Orizzonti.

Don Roberto, ci può raccontare com’era la sua vita prima della conversione?

Sono cresciuto nelle campagne vicino Pisa, per l’esattezza presso Pontedera, da un’ottima famiglia che mi aveva trasmesso dei valori cristiani. A dodici anni, però, iniziai a fumare le prime sigarette di nascosto dai miei genitori: le rubavamo dal tabacchino di un mio amico di fronte casa mia. A 13-14 anni, dopo la cresima, smisi completamente di andare a messa, perché non capivo nulla di quello che il prete diceva: non capivo perché bisognasse andare ad una messa celebrata in un modo così noioso e meccanico, che non mi trasmetteva nulla. Poi, a 14-15 anni iniziai a frequentare ragazzi e ragazze più grandi di me, a bere superalcolici la domenica pomeriggio, nei paesi intorno a casa mia, sempre di nascosto dai miei genitori. A 16-17 anni iniziai con le canne. Bestemmiavo sempre più abitualmente e non volevo il crocefisso in camera. Mia nonna, preoccupatissima, fece un pellegrinaggio al Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero, patrona della Toscana, alla quale mi raccomandò. Per anni, assieme a mia madre e a mia zia, pregò perché ritrovassi la fede. In seguito iniziai ad avvicinarmi alle droghe più pesanti. A 19 anni, durante il militare a Verona, iniziai a consumare di tutto: ecstasy, allucinogeni, anfetamine, cocaina (mai però l’eroina). Iniziai anche a spacciare queste droghe. Per tre volte ho scampato l’arresto. Ballavo sui cubi delle discoteche di tutta Italia: Torino, Verona, Bologna, Genova, Riccione, tutte le discoteche della Toscana. Lanciai anche alcune mode trasgressive come quella di affacciarmi in chiesa durante la veglia di Natale, con indosso una gonna scozzese, per chiamare ad alta voce i miei amici…

Quand’è che la sua vita ha iniziato a cambiare?

A vent’anni conobbi una ragazza di Bologna che mi introdusse ad un cammino di fede. Durante i due anni di fidanzamento con lei, ripresi a confessarmi, a fare la comunione, a leggere il Vangelo, a frequentare un gruppo carismatico del Rinnovamento nello Spirito Santo. Rimasi conquistato dal libro A Medjugorje. “Pregate, pregate, pregate”. Mio babbo, che fino ad allora non era mai andato in chiesa, a sua volta si convertì, vedendo quello che era successo nella mia vita: oggi sta studiando per diventare diacono.

Come è nata, poi, la sua vocazione sacerdotale?

Ricordo che un giorno, mentre leggevo Ezechiele 36,26 ss. (“toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”) e molti altri passi simili in cui mi rispecchiavo (“Vi farò pescatori di uominiMt 4,19), mi misi a piangere: sentivo che Dio parlava al mio cuore e mi chiamava a diventare evangelizzatore e predicatore. A poco a poco, iniziai a sentire in me una forte chiamata a lasciare la mia ragazza e a diventare sacerdote ma inizialmente questa scelta mi faceva molta paura. Poi, nel giugno 1996, avvenne la svolta. Avendo notato in me un grandissimo cambiamento, un prete mi invitò a Medjugorje, un luogo che allora nemmeno sapevo dove fosse… Lì piansi fiumi di lacrime: fu come se la Madonna mi avesse preso per mano, spingendomi a lasciare tutto, facendomi vincere ogni paura nei confronti della mia vocazione.

In che modo oggi vive il suo ministero sacerdotale?

Portare il Vangelo per le strade è qualcosa che mi è sempre piaciuto: ho iniziato a farlo 16 anni fa, poco dopo l’inizio della mia conversione, andando incontro agli ultimi. Pensai anche che se il Vangelo l’avessero portato in strada a me, forse mi svegliavo prima [ride]… Molti preti attendono che la gente venga in chiesa, in confessionale o alla messa ma non è così che funziona: oggi le chiese sono sempre più vuote, i giovani sempre più menefreghisti, non può interessare loro una messa noiosa. Noi preti e i vescovi dovremmo cercare di rendere più partecipata la messa. Ai giovani non piacciono solo i canti tradizionali, apprezzano anche una liturgia più giovanile, ad esempio, con canti accompagnati dalla batteria, come già fanno in America. In alcune cose - penso alla lettura della Bibbia - dovremmo prendere esempio dai protestanti, fermo restando che noi siamo cattolici, amiamo la Madonna e crediamo in Cristo presente nell’eucaristia.

Come è avvenuto il suo incontro con Nuovi Orizzonti e con la fondatrice Chiara Amirante?

12 anni fa, leggendo i libri di Chiara, scelsi di aderire a Nuovi Orizzonti. Il cammino che proponeva questo movimento calzava a pennello con la mia storia personale: la discesa gli inferi e l’annuncio della Resurrezione di Gesù a chi vive nelle tenebre. Si va incontro agli ultimi e a chi è lontano da Dio, nei centri sociali, nelle discoteche, nelle spiagge, nelle piazze, nelle stazioni in tutta Italia.

Un dibattito di questi anni è se la Chiesa, più che mostrare il suo volto severamente gerarchico, ritualistico e dottrinale, non debba, piuttosto, ricordare agli uomini la misericordia di Dio che perdona…

Possono esserci una Chiesa legata alle tradizioni, preti “arrivisti” che aspirano soltanto a diventare il segretario del loro vescovo, come può esserci una Chiesa più semplice ed accogliente ma il Vangelo è sempre lo stesso per tutti e non chiude nessun occhio su nessun principio del Catechismo (ad esempio, sui rapporti sessuali prematrimoniali). La Chiesa ti accoglie, ti educa e ti fa capire che Dio ti ama anche nello schifo in cui sei ma non fa sconti a nessuno.

Mancano poche ore al secondo anniversario dell’inizio del pontificato di Francesco: come vede Nuovi Orizzonti questo papa, come voi così vicino agli ultimi?

Papa Francesco ha letto molti libri di Chiara Amirante: sono due figure molto vicine, sul concetto della gioia, sulla vicinanza ai più poveri, sulla nuova evangelizzazione. Molte cose che dice il Papa somigliano a ciò che Chiara dice da almeno 15 anni.